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Every Sunday Morning – Ogni domenica mattina – 31 Marzo

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Hai visto Giacomo?

Non amo prendere il treno, perché difficilmente parte  in orari che vanno bene coi miei ragionamenti  e spesso questo mi crea ansia. Però se prendete il treno che dal Piazzale Ovest di Bologna Centrale  vi porta  a Porretta Terme (ridente paese nella alta Valle del Reno),  e Vi affacciate, dopo avere passata Vergato, lato stazione,  potete vedere Cesare, sulla pensilina di una stazioncina poco prima di Silla, con il suo cappottone grigio e la sua sciarpa di lana rossoblù al collo. La mia storia inizia qua, cinque anni fa, mentre risalivo il dolce declivo dell’Appennino,  cosa che facevo circa quattro o cinque volte all’anno, per motivi professionali o per raggiungere la mia famiglia che villeggiava vicino a Vidiciatico. Mi era già capitato di vedere quell’uomo, identicamente vestito sia d’estate che d’inverno,  e mi ero sempre chiesto chi fosse.  Estate 2008, caldo che fa sudare la lingua in bocca, all’ora in cui il sole inizia a chiedersi se non è  il caso di levare le tende.  Il  treno aveva rallentato dopo la stazione della Carbona e procedeva con una innaturale velocità di crociera, disallineando tutti i programmi che avevo pianificato per la serata.  Il capotreno, passando, ci informò di un piccolo guasto che sarebbe stato riparato alla prossima fermata in pochi minuti, vista la lieve entità delll’inconveniente. Eravamo due carrozze di umanità esausta per il caldo e per quel tardo pomeriggio di venerdì, ma quel contrattempo sembrava non creare più di tanto disappunto , avevamo tempo lungo quanto un week end.  Il treno si fermò, proprio di fianco alla pensilina, con un fischio lungo e modulato come se volesse dire a noi passeggeri “Fin qui Vi ho portato, adesso tocca a qualcun altro”. Porretta era proprio dietro quel promontorio,  si toccava con un dito. Scesi  per prendere un goccio di aria e con me scese una straniera che iniziò a fotografare il verde intorno alla stazione.  

Alzai lo sguardo da terra e incontrai i suoi occhi, spenti e lontani da dove eravamo in quel momento, ma al tempo stesso curiosi  e blù come può essere il mare al largo della costa. Incontrando il mio sguardo, il suo viso si illuminò e subito mi chiese:” Hai visto Giacomo?” e mi si avvicinò per potere ascoltare la mia risposta. “No, non conosco Giacomo. Mi dispiace”. Il suo viso si rabbuiò di colpo e scuotendo la testa si accostò alla panchina a ridosso del muro, sedendovici  e raccogliendo le mani all’interno delle tasche del cappotto. Non avevo mai visto tanto sconforto in un uomo come quella sera vidi in lui. Uscii dalla piccola stazione e mi raggiunse il capotreno, che nel frattempo aveva visto tutta la scena:” Quello è Cesare. Le ha chiesto di Giacomo? Vede Giacomo era suo figlio, che una mattina di trent’anni fa, cercando di prendere il treno per raggiungere la sua scuola a Bologna, scivolò dal predellino e fini sotto le ruote del treno che si stava muovendo. Fu una disgrazia, una tragedia che ci colpì in maniera brutale e profonda.Un angelo che il destino ci prese, buttando nella disperazione i genitori. Da allora Cesare, ogni mattina viene in stazione e s’informa se Giacomo sta arrivando e aspetta paziente, treno dopo treno, il ritorno del figliolo”. Il capostazione finì il racconto con un grande respiro  e ricomponendosi si allontanò per cercare il manutentore che avrebbe riannodato i fili del problema ferroviario, con l’obiettivo di farci giungere a destinazione.

Rientrai  sulla pensilina, mi avvicinai alla panchina e mi sistemai di fianco a Cesare, prendendogli la mano. Mi  sorrise e iniziò a riempire quei minuti di attesa con la storia della sua vita, professione fornaio, dedicata all’unico figliolo che il Signore aveva regalato a lui e a sua moglie, i sacrifici per farlo studiare a Bologna e per non fargli  mancare mai nulla, lui figlio della montagna  a confronto coi “signorini” di città che erano in classe con lui. Era un fiume in piena, con una narrazione piena di dettagli che ad ogni passaggio mi regalavano un immenso amore per quel ragazzo. Ad un certo momento si accorse che il mio sguardo si era posato sulla sciarpa rosso e blu, di morbida lana , che aveva al collo e, stringendomi  forte la mano, iniziò a raccontarmi:” Questo è l’ altro mio grande amore,  che mio padre mi ha trasmesso e  io ho trasmesso a Giacomo, chiamato così in onore di Bulgarelli”. In pochi minuti mi proiettò un film carico di emozioni bellissime,  la vita di un tifoso perennemente in trasferta, perché la domenica “ che si scendeva a Bologna” era sempre un evento che anche il piccolo Giacomo viveva con grande trasporto, nelle parole e nei gesti del suo papà. Quella sciarpa che aveva al collo, era l’ultimo regalo del padre tifoso al figliolo per il compleanno e …….il moto ondoso delle parole  s’ interruppe, il seguito lo immaginai per via degli occhi umidi causati dalla commozione al mio interlocutore, che anche questa sera sarebbe tornato a casa senza notizie del figlio.

“Tutti in carrozza, si riparte” urlò il capotreno, sbattendo la portiera della locomotrice. Mi alzai, continuando a tenere quella mano con la destra, mentre con la sinistra gli sistemai la sciarpa, perché, anche se era estate, sapevo che quei colori gli avrebbero tenuto caldo al suo cuore, che un dolore allucinante glielo aveva paralizzato in quegli ultimi  trent’anni. “Se vedo Giacomo, gli dico che la sciarpa la stai indossando Tu, così non si preoccupa”, ebbi il tempo di inciampare in quella frase prima di salire sul treno, che scivolò via, immerso nelle prime ombre della sera, portandomi a destinazione.

Pasqua 2012, il treno per Porretta era leggermente in ritardo ma ero certo che sarei riuscito ad essere a pranzo in orario, con buona pace della Nonna che dice che la roba quando è fredda non si mangia. Il treno iniziò a rallentare  e si fermò;  mentre stavo facendo mente locale sul dove eravamo, vidi Cesare con cappotto e immancabile sciarpa sulla pensilina. Mi sporsi e lo salutai, con tutto lo slancio di cui ero capace in quel momento.  Capii che mi aveva riconosciuto dall’occhiata vivida  di ritorno che mi rimandò  e subito mi lanciò la sua domanda di ricerca del figliolo:“Hai visto Giacomo?” . Non esitai neanche un istante e gli risposi di getto senza ragionarci su: “No Cesare, oggi no, ma se lo incontro gli dico che lo stai cercando”.  Mi sorrise e prese con la mano destra la sciarpa e mi urlò con voce tremante: “Forza Bologna!!”. Capii il suo  sforzo per la ricerca di una normalità che normalità non poteva essere e mi affrettai a rispondergli “Sempre Forza, Cesare. Buona Pasqua”. 

Per questo se prendete il treno che dal Piazzale Ovest di Bologna Centrale  vi porta  a Porretta Terme (ridente paese nella alta Valle del Reno),  e Vi affacciate dal finestrino, dopo avere passato Vergato, lato stazione,  quando  vedrete Cesare, sulla pensilina di una stazioncina poco prima di Silla, con il suo cappottone grigio e la sua sciarpa di lana rossoblù al collo, salutatelo con tutto l’affetto che potete:  vi risponderà con lo stesso affetto un uomo, un padre  che ha perso tutto nella vita ma non la speranza  e la fede. Perché alle volte basta solo qualcosa in cui credere in maniera profonda  e a cui aggrapparsi per poter ricominciare a guardare con fiducia verso il futuro..

 

Buon vento a Tutti e Buona Pasqua

 

Torben


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