Basket
29 Aprile, il punto su Basket City. La stagione è salva, puntelliamo il futuro
La Fortitudo Lavoropiù ce l’ha fatta. Battendo Cantù si è assicurata la salvezza, condannando definitivamente i brianzoli, cui ora non resta che la speranza di una diversa decisione di Lega e Fip. Dunque, dopo gli errori della scorsa estate si può senz’altro dire che la società sia riuscita a correre ai ripari, sforbiciando e aggiungendo in modo magari non del tutto condivisibile, eppure con ragione, visto che il traguardo della permanenza nella massima serie è stato ottenuto; addirittura, con alcune combinazioni favorevoli, potrebbe perfino ancora prospettarsi una incursione nei playoff. L’altro sospiro di sollievo per i tifosi è venuto dalle buone notizie sui temi finanziari, e così la stagione potrà passare agli annali in termini di positività.
Naturalmente, è presto, oggi, per parlare concretamente di futuro, tuttavia alcune considerazioni non si possono non fare. La prima, ad esempio, è l’invito a non rischiare di ripetere quanto accaduto. È scontato dire che si dovrà partire da approfondite analisi, ma possiamo permetterci di sottolineare che abbandonare la via vecchia per una tutta da sperimentare richiede la possibilità di riuscire ad assorbire anche gravi errori? Se obiettivo imprescindibile rimane la permanenza nella massima serie, per tutta una serie di ragioni abbastanza ovvie, fondamentale sarà puntellare quanto di buono ora emerso e da lì procedere con aggiunte che non alterino esageratamente certi equilibri. A meno che non si voglia compiere un decisivo balzo in avanti, per il quale peraltro rimarrebbe necessaria una solidità strutturale attualmente non proprio all’orizzonte. Un’altra considerazione a mio parere potrebbe riguardare la “vetrina” europea. Si è visto, in questa stagione, d’altra parte particolarissima per mille motivi, che il costo vero della partecipazione a una coppa va ben al di là della spesa corrente per una manifestazione inevitabilmente onerosa sul piano finanziario. Io, però, prima di gettare alle ortiche una licenza ci penserei comunque per bene. Volendo avviare un percorso di “rinascita”, si deve proprio considerare imprescindibile raggiungere il traguardo di una ammissione ai playoff presumibilmente non da protagonisti, rispetto all’esperienza che si può aggiungere giocando in Europa? Magari, con giocatori giovani da formare anche in tal senso? Non che per forza una cosa escluda l’altra, ma se per una volta una squadra italiana mostrasse di saper gestire una programmazione a lunga scadenza si potrebbe raggiungere un risultato incredibile. Il problema potrebbe essere educare i tifosi a risultati a volte anche mortificanti sia di qua che di là, ma se fosse chiaro dal principio che si tratta di una squadra che punta a traguardi futuri credo che la tifoseria fortitudina potrebbe essere una delle pochissime a riuscire ad accettare di navigare, per il momento, in posizioni di classifica al momento poco esaltanti. Accettando il fatto che i progetti migliori si costruiscono un passo alla volta, contemplando la possibilità di commettere errori con la determinazione e l’apertura mentale per poter attingere esperienza anche dagli sbagli.
Cosa, che non so quanto sia mai stata davvero contemplata in casa Virtus Segafredo, al di là di taluni proclami. La squadra di Djordjevic ora almeno ha trovato i giorni perfetti per leccarsi le ferite sia fisiche che morali, in modo da ripresentarsi al via, procrastinato ad un lontanissimo 10 maggio, nella forma migliore. Si tratterà di vedere quale sarà il ritmo partita, che peraltro la sorte concede la possibilità di recuperare con impegni non proprio trascendentali, in casa con Trento e al primo turno dei playoff contro Treviso.
Certo, bisognerà non presentarsi con la sufficienza di chi dovesse mantenere una – ahimè! – ingiustificata puzza sotto il naso. La stagione corrente rischia di ridimensionare la vicenda di questa Virtus targata Serbia. Tuttavia, rimangono gli spazi per consegnarla altrimenti alla storia, anche senza dover vincere per forza lo scudetto. Staremo a vedere, ma perché non crederci?
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