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Il personaggio della settimana – Ettore Bugatti, un artista a quattro ruote
Per raccontare questa storia, dobbiamo risalire agli albori della storia dell’automobile. Ettore Bugatti non ha fondato solamente uno dei marchi più iconici del mondo dei motori, ma con le innovazioni da lui introdotte, sia tecniche che estetiche, ha contribuito a plasmare le forme e i componenti dei mezzi a quattro ruote per come li conosciamo oggi. Non era disposto però ad accettare qualsiasi novità. È riuscito a dare vita a un mito perché è rimasto sempre fedele alle sue concezioni fondamentali: le auto dovevano essere veloci, eleganti, perfette in ogni parte, e su questo non potevano esserci compromessi. Anche se per quasi tutta la sua carriera lavorò all’estero, non dimenticò mai le proprie origini italiane. La sua invettiva lo portò a creare nuove soluzioni anche nel settore ferroviario e in quello aeronautico. Ma il suo nome rimarrà per sempre legato alle sue auto, ambite per decenni da tutta l’aristocrazia europea e ammirate dagli appassionati. Auto di lusso che hanno dominato anche nel campo sportivo, ottenendo una serie sterminata di successi. Settanta anni dopo la morte, il suo mito continua ancora a vivere.
Una Bugatti Tipo 13 pronta a prendere il via (Bugatti.com)
Dalla Lombardia all’Alsazia
Ettore Bugatti nasce a Milano il 15 settembre del 1881. Da generazioni, la sua famiglia è immersa nel mondo dell’arte: il nonno Giovanni Luigi è scultore e architetto, e suo padre, Carlo, è un artista e designer di fama internazionale, specializzato nella realizzazione di mobili. Ai suoi parenti si aggiungerà, dopo il matrimonio con la zia Luigia, il famoso pittore Giovanni Segantini. Ettore, così come suo fratello Rembrandt, che diventerà un importante scultore, intraprende lo stesso percorso dei suoi predecessori. Ettore è iscritto all’accademia di Brera, quando scopre l’interesse per la meccanica, che lo porta a cambiare strada e a farsi assumere nel 1898 come semplice apprendista alla fabbrica milanese Prinetti & Stucchi, produttrice di biciclette, ma che si stava lanciando nel mercato dei veicoli a motore. Qui realizza la sua prima vettura, che verrà battezzata come la Tipo 1. Con questa partecipa ad alcune delle prime pionieristiche competizioni tra automobili, ottenendo il successo nella Verona-Brescia-Mantova-Verona. Grazie al finanziamento dei conti Gulinelli di Ferrara, in totale indipendenza realizza, nel 1901, la Tipo 2, presentata a Milano in occasione dell’esposizione automobilistica internazionale. Non potendo più contare sul sostegno dei conti ferraresi, uno dei quali era morto, deve cedere al barone De Dietrich, conosciuto a Milano, la licenza per la produzione dell’auto, in cambio della nomina come direttore tecnico della sua azienda, la cui sede si trova in Alsazia. Per la prima volta, alcune delle auto di Bugatti verranno prodotte in serie. Seguono altre esperienze tra Francia e Germania, prima alla Mathis e poi alla Deutz, che Bugatti sfrutta per continuare a progettare nuovi modelli. Nel 1909 arriva la decisione di mettersi in proprio: nasce la Automobiles Ettore Bugatti. La sede è a Molsheim, in Alsazia, allora tedesca ma che presto tornerà ad essere francese: tale verrà considerata anche la nazionalità della casa automobilistica.
Tre Bugatti in testa al Gran Premio di Monaco in un ambientazione da “Belle Epoque” (Bugatti.com)
Le auto del successo
Alcune caratteristiche hanno da allora accompagnato tutte le vetture marchiate Bugatti: il massimo delle prestazioni, la ricerca di forme esteticamente ammalianti e l’inconfondibile radiatore a ferro di cavallo. Il primo modello sul quale si concentra la produzione è la Tipo 13. Inizialmente destinata all’utilizzo stradale, dal primo dopoguerra ottiene risultati importanti in ambito sportivo nella categoria “vetturette” (dal francese Voiturettes) per la quale era omologata, essendo relativamente leggera (430 kg) e dotata di una cilindrata che non superava i 1500 cm3. Nel 1920, alla guida di una Bugatti Tipo 13, Ernest Friederich vince una gara riservata a queste piccole auto a Le Mans, e l’anno successivo il pilota francese si aggiudica il successo di categoria nel primo Gran Premio d’Italia, disputato sul circuito di Montichiari, dove le prime quattro vetture a tagliare il traguardo sono tutte Bugatti Tipo 13. Ormai Bugatti è una realtà nel mondo delle competizioni. E proprio in questo settore Ettore vuole mietere ancora più successi, per continuare a far conoscere il marchio da lui fondato. A partire dal 1924 verrà prodotta la Bugatti Tipo 35. A differenza della Tipo 10, è un’automobile realizzata appositamente per le competizioni: il motore passa da quattro a otto cilindri, la potenza viene incrementata fino a 100 CV, in grado di spingere la vettura fino a toccare i 185 km/h. A migliorare ancora di più le prestazioni e la maneggevolezza di questo modello sono i cerchi in lega, che per la prima volta nella storia vengono montati su una macchina. Ciò che non cambia è lo stile essenziale del corpo vettura, ormai divenuto marchio di fabbrica Bugatti, che si adatta perfettamente alle competizioni, accontentando anche l’occhio che la osserva. La quantità di successi ottenuti da questa vettura, nelle sue diverse versioni, e dalle sue derivate Tipo 37 e Tipo 39, è impressionante. Si stima che, dalla sua nascita fino alla fine del decennio, le vittorie ottenute sono qualcosa come duemila. Tra queste ci sono cinque Targa Florio consecutive e svariati Gran Premi in tutta Europa, di cui le prime tre edizioni della gara ancora oggi disputata a Monaco. Naturalmente, la Bugatti era nel frattempo attiva anche nel settore delle auto di lusso, con l’imponente Tipo 41 Royale, prodotta in soli sei esemplari, e con la Tipo 44, della quale sono stati vendute più di mille unità. Sempre nel principato la Bugatti torna alla vittoria nel 1933 con Achille Varzi, al volante di una Tipo 51. Mentre nel 1937 e nel 1939 le Bugatti Tipo 57 si impongono nella 24 ore di Le Mans. Quest’ultimo modello, che riscuote anche un buon successo commerciale, era stato disegnato per la maggior parte dal figlio di Ettore, Jean Bugatti.
Una Tipo 35 impegnata al Festiva of Speed di Goodwood (Goodwood Road & Racing su YouTube)
Dalla seconda guerra mondiale ad oggi
Proprio al volante di una delle sue vittoriose creazioni, Jean perde la vita nel 1939. Non passa neanche un mese e l’Europa si trova nel mezzo di un conflitto mondiale. Ettore Bugatti si trasferisce a Bordeaux dove collabora nella produzione di motori aeronautici, ma presto sarà costretto a fermarsi per l’invasione della Francia da parte dei tedeschi. Deve cedere la sua fabbrica di Molsheim ai nazisti, dai quali ricava 150 milioni di franchi per l’utilizzo delle sue strutture. Ciò, finita la guerra, insieme al passaporto italiano che aveva sempre mantenuto, gli costa da parte dei francesi l’accusa di collaborazionismo. Viene assolto a giugno del 1947, quando a causa di una polmonite, è già semiparalizzato e in stato di incoscienza. Senza aver potuto riprendere in mano le redini della sua azienda, muore presso l’ospedale americano di Neuilly-sur-Seine il 21 agosto dello stesso anno. La casa automobilistica viene affidata a Pierre Marco, storico collaboratore di Ettore, e a suo figlio Roland. Negli anni ’50 la Bugatti torna in produzione con due modelli, la Tipo 251, con la quale tentano la strada della Formula 1, e la Tipo 451. I successi del periodo tra le due guerre non saranno più raggiunti, e nel 1963 la Bugatti chiuderà i battenti. Nel 1987 l’imprenditore Romano Artioli acquisisce i diritti per ridare vita al marchio: la fabbrica viene trasferita nella Motor Valley, a Campogalliano in provincia di Modena. Fiore all’occhiello della rinascita sarà la EB 110. Nel 1995 però la società di Artioli viene dichiarata fallita, nonostante all’apparenza gli affari stessero procedendo bene. Dal 1998 il marchio Bugatti fa parte del gruppo Volkswagen. Lo stabilimento attualmente utilizzato per la costruzione è quello storico di Molsheim, segno della volontà di mantenere intatto lo spirito di Ettore Bugatti. Come ulteriore prova del legame al passato, le moderne, lussuose e potenti supercar prodotte da allora portano il nome dei piloti che hanno reso immortale Bugatti negli anni d’oro: Chiron, Veyron, Divo.
La Bugatti 57G “Tank” di Benoist e Wimille vince la 24 ore di Le Mans 1937 (Bugatti.com)
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