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Una gara da mito – Indianapolis 1998, le “patatine” di Dallara
La storia dell’automobile è affascinante quando si riscoprono episodi fatti apposta per legarsi in intrecci imprevedibili e curiosi a legare uomini, auto e circuiti. Uno di questi è sicuramente quello che unisce la corsa più famosa al mondo, un pilota che arrivato al traguardo dei 40 anni voleva dare pieno compimento alla sua carriera ed un costruttore di auto da corsa che sarebbe entrato nell’olimpo dell’automobilismo. Un’avventura che lega la Motor Valley all’Indiana grazie al più italiano dei conduttori americani. Ma andiamo con ordine e balziamo all’Indianapolis Motor Speedway, nell’anno di grazia 1998.
Monoposto in salsa “Yankee”
In quel periodo il mondo delle corse americane a ruote scoperte stava vivendo uno dei suoi momenti più critici con uno scontro che vedeva contrapposta la serie CART, dove le squadre più ricche si assicuravano la presenza dei piloti più famosi ed i migliori contratti televisivi (quindi anche gli sponsor più generosi), alla neonata Indy Racing League (per gli amici IRL) serie costituita solo due anni prima che voleva ritrovare il vero spirito americano delle gare a ruote scoperte svolgendosi solo su circuiti ovali, con costi più bassi ed uno zoccolo duro di partecipanti “made in USA”. La seconda categoria era stata promossa da Tony George, proprietario del circuito di Indianapolis da diverso tempo in polemica con i vertici della CART, ed appariva come una “parente povera” della prima. Se la CART vedeva al via squadre come Team Ganassi e Penske Racing e piloti come Michael Andretti ed Alessandro Zanardi al volante di monoposto a motori turbo, la seconda era tenuta in piedi da concorrenti locali con tanta passione ma poche risorse, vetture a motore aspirato e conduttori ex-Formula 1 come Guerrero, Boesel e Salazar. Nel suo pauperismo organizzativo Tony George aveva però due assi nella manica. Il primo era la presenza nel suo campionato della gara che da sola vale un’intera stagione: la 500 miglia di Indianapolis. La seconda: un contratto di fornitura per una quindicina di vetture con la Dallara Automobili. Il costruttore di Varano, che in quegli anni stava assumendo “de facto” il monopolio come telaista in Formula 3, vide subito l’opportunità di introdursi nel mercato americano come sbocco fondamentale per l’azienda e colse al volo l’opportunità.
Nel 1998 Zanardi vinse il suo secondo campionato CART consecutivo. All’epoca si trattava della più competitiva serie americana (Metropolitan Magazine)
L’americano di Roma
Alla nuova IRL si era iscritto anche un team che portava il nome di un pilota ben noto al pubblico europeo, in particolare quello italiano. Si trattava del Cheever Racing, team fondato dall’ex pilota di Formula 1 Eddie Cheever americano di nascita ma trapiantato a Roma fin dall’infanzia. Dopo aver preso il via in ben 132 Gran Premi era rientrato in patria nel 1990 per correre nella CART, dando vita sei anni dopo alla sua squadra per competere nella ben più abbordabile IRL. Con una vittoria ed un bel terzo posto in classifica finale il bilancio della prima partecipazione al campionato poteva dirsi positivo, tuttavia Eddie si trovava ad un bivio prima di quella Indy 500 1998. Dopo due gare incolori a Orlando e Phoenix con il telaio G-Force la squadra necessitava di un cambio tecnico, ma l’unico contratto di sponsorizzazione in essere era con la “Rachel’s Potato”, un produttore di patatine snack. Il finanziatore quindi esisteva ma con una condizione: la somma concordata non sarebbe stata corrisposta alla squadra attraverso un corposo bonifico bancario, bensì in natura. In sintesi: di liquidità nemmeno l’ombra ma agli aperitivi del Cheever Racing non sarebbero mancate le patatine.
Cheever impegnato con l’EuroAlfa tra i muretti di Dallas nel corso del Gran Premio di Formula 1 del 1984 (SnapLap)
Salvataggio al supermercato
Con l’approssimarsi della 500 miglia Eddie affrontava una situazione molto delicata: doveva assicurarsi una monoposto ma non poteva certo pagarla in patate. Inaspettatamente però arrivò per lui un aiuto del tutto inatteso da parte di un rivale. John Menard era il proprietario della squadra campione in carica con il “ragazzaccio terribile” Tony Stewart, ma era anche il proprietario di una grande catena di supermercati attraverso i quali finanziava la sua attività sportiva. Saputo della situazione di Cheever si offrì di rilevare i camion con il carico di patatine in cambio del corrispettivo in dollari. Tutto risolto per Eddie? Non proprio, perché i tempi erano ristretti ed al momento di acquistare la nuova vettura la cifra non era ancora disponibile. Cheever decise comunque di contattare Caterina Dallara, figlia di patron Giampaolo, esponendo il problema. Con sua grande sorpresa ottenne la possibilità di procedere al pagamento solo dopo la corsa. L’avventura della Dallara-Oldsmobile del Cheever Racing poteva così avere inizio.
Tony Stewart, campione IRL 1997 con la G-Force – Oldsmobile del Team Menard (Speedsport Magazine)
Inizio complicato
Dopo prove travagliate che lo avevano portato solo a centro griglia, la 500 Miglia di Cheever sembrò iniziare non proprio benissimo. Al momento del via, ritardato di una quarantina di minuti per la pioggia del mattino, arrivò subito un brivido. J.J. Yeley si girò alla prima curva evitando in qualche modo il muro, ma nello scompiglio creatosi dietro di lui Eddie venne colpito al posteriore rischiando di girarsi a sua volta. «Non voglio che finisca in questo modo» fu il pensiero di Cheever, che riuscì a restare in gara mentre davanti Greg Ray scappava insieme alla coppia del Team Menard Tony Stewart – Robbie Buhl per giocarsi, apparentemente, la corsa. Ma per il “benefattore” John Menard non era davvero giornata: Stewart ruppe il motore dopo solo 22 giri appena dopo essere salito in testa, mentre Buhl proseguì per altrettante tornate prima di subire la stessa sorte. Anche il terzo incomodo Ray si ritirò per guai alla trasmissione ed una carambola al giro numero 50 mise fuori gara Schmidt, Dismore, Wattles e Guthrie, con quest’ultimo che rimediò una frattura al braccio destro per il contatto quasi frontale contro il muro di contenimento. Indy è una corsa strana, difficile, unica, fatta per chi ha istinto ed esperienza. Quella edizione numero 82 non stava facendo eccezione. A seguire: il via in diretta della 500 Miglia 1998
Tutto in cinque giri
Proprio l’esperienza non mancava a Cheever, sornione nel gruppo in attesa che la gara trovasse una fisionomia definita. Al giro 85 ecco il secondo inconveniente: per un errore della squadra in occasione del rifornimento, Eddie stava per ripartire con l’ugello del tubo carburante attaccato alla sua monoposto. Fortunatamente il problema si risolse in extremis e la corsa continuò regolarmente per la Dallara numero 51. Nel frattempo sembrava che Arie Luyendyk, già due volte vincitore, dovesse diventare il nuovo padrone della corsa, ma continui guai alla frizione costrinsero anche l’olandese al ritiro nella tornata numero 150. Con anche gli alfieri del Foyt Racing fuori gara da tempo, rimasero due piloti a giocarsi il bersaglio grosso negli ultimi 50 giri: Buddy Lazier e…Eddie Cheever! Dopo l’ultimo rifornimento svolto in contemporanea al 178° giro in regime di safety car, “l’americano di Roma” prese la testa alla ripartenza cinque tornate dopo. Sapeva che era giunto il momento di sferrare l’attacco decisivo. Girando ad oltre 340 km/h di media, Eddie accumulò velocemente un vantaggio di oltre tre secondi a sole 25 miglia dall’arrivo quando il motore di Greco si spense costringendo la direzione gara ad una nuova neutralizzazione. Lazier aveva un’ultima possibilità, ma quando la corsa riprese a cinque tornate dal termine Cheever volò via nuovamente. Questa volta verso la vittoria.
Cheever e Dallara festeggiano la vittoria: la prima a Indy per il costruttore emiliano (ozracing.com – sconosciuto)
Doppio trionfo
«La prima volta che sono venuto in questo posto mi ha terrorizzato. Volevo tornare a casa. Sono sollevato dal fatto che finalmente ho fatto qualcosa nella mia carriera che rimarrà. Mio padre mi ha detto:” Se hai intenzione di vincere una gara nella tua vita, vinci Indy “. Questo è per mio padre»
Così parlò Cheever dopo il suo ingresso in “Victory Lane”. L’affermazione nella 500 Miglia di un pilota che un mese prima non aveva nemmeno la certezza di essere al via non era però solamente una soddisfazione personale. Eddie non lo sapeva, ma il suo trionfo avrebbe aperto un ciclo storico. Grazie a lui, Dallara era diventato il secondo costruttore italiano ad espugnare Indianapolis, ben cinque decenni dopo Maserati. Ciò che nessuno poteva sapere era che sarebbero arrivate altre quattro vittorie nei sei anni seguenti per il costruttore di Varano de’ Melegari, diventato in breve il telaista scelto dalla maggior parte delle squadre. Così tanto da essere, a partire dal 2005, il costruttore unico scelto per le vetture del principale campionato a “stelle e strisce”, riunificatosi nuovamente dal 2008 col nome di Indycar. Ma è bello pensare che, in fondo, la storia di un dominio sia partita grazie ad un prezioso carico di patatine…
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