Bologna FC
7 giugno 1964, Fogli e Nielsen piegano l’Inter: il Bologna è campione d’Italia
In questa storia ci sono due città, due squadre e altrettanti momenti diametralmente opposti. Milano e Bologna, nerazzurri e felsinei pronti a scontrarsi per lo scettro di campione d’Italia. E già questa è una novità, perché per la prima volta lo scudetto si assegna attraverso uno spareggio. E’ stato un campionato strano dove, dopo diversi anni di dominio milanese, una terza forza si è messa in mezzo alle più grandi. Grande merito va attribuito al presidente felsineo, Renato Dall’Ara, capace di costruire con intelligenza e acutezza una squadra perfetta, una macchina che cammina a meraviglia.
Alla fine del campionato regolamentare le due formazioni sono appaiate al primo posto in classifica, legate da un filo sottilissimo il cui destino sa già che dovrà spezzarsi. Sarà spareggio. 7 giugno 1964. L’estate è alle porte, c’è chi è già partito per le vacanze estive, i ragazzini per strada fanno i gavettoni dopo la fine della scuola; e poi si vedono due squadre, due città, due tifoserie ferme. Più quella bolognese rispetto agli interisti, perché arrivarsi a giocare lo scudetto non capita spesso dalle parti di Bologna. L’umore, però, non è dei migliori. Qualche giorno prima, mentre Bernardini è in ritiro con la squadra a Fregene, muore infatti il presidentissimo, Renato Dall’Ara, colto da un infarto nell’ufficio dell’interista Angelo Moratti. Un colpo durissimo. Per la squadra, per l’ambiente. Per la città. Un’altra batosta – meno grave – per il Bologna è l’infortunio di Pascutti, che sarà costretto a saltare lo spareggio. L’Inter, invece, ha un animo completamente opposto grazie alla Coppa dei Campioni vinta qualche giorno prima a discapito del Real Madrid. Bologna è passionale, la città si stringe in lutto ma c’è una sfida da giocare e vincere, anche per non vanificare tutto il lavoro fatto durante l’anno e soprattutto per ringraziare, nel modo più bello da immaginare, il presidente.
Davide contro Golia, nel raggiante contorno dello Stadio Olimpico di Roma. Come due pugili sul ring nell’incontro del secolo, come in un’arena. La Lega decide di giocare al pomeriggio e questa è una scelta discutibile, dato il cocente caldo sulla Capitale. Bologna contro Inter, Bernardini contro Herrera. Proprio Bernardini attua una scelta sorprendente, sostituendo l’infortunato Pascutti non con Renna, il suo sostituto naturale bensì con il terzino Capra, 11 presenze e tante speranze di non far rimpiangere il suo allenatore. L’obiettivo era logico: frenare il trio delle meraviglie composto da Jair, Milani e Mazzola. Pochi dubbi per Bernardini. In campo ci vanno Negri, Furlanis, Pavinato, Tumburus, Janich, Fogli, Perani, Bulgarelli, Nielsen, Haller e Capra. Dall’altra parte l’Inter si schiera con Sarti, Burgnich, Facchetti, Tagnin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Milani, Suarez e Corso.
Fa caldo, si respira a fatica. Sugli spalti sono presenti circa 60 mila spettatori, il pubblico delle grandi occasioni. Il prepartita è stato calmo, nessuna protesta o violenza. Soltanto l’agonismo e la voglia di arrivare fino in fondo. Si arriva alle 17:15, entra in campo prima l’arbitro, il sig. Lo Bello di Siracusa, seguito a ruota dai calciatori delle due squadre. Lancio della monetina; in mezzo i capitani Picchi e Pavinato, con quest’ultimo che sceglie la metà campo alla sinistra della tribuna d’onore. L’Inter giocherà inizialmente contro sole. Dopo un minuto di silenzio in onore di Renato Dall’Ara, tra la commozione generale, si parte: è iniziata Bologna-Inter.
Il primo squillo è di Bulgarelli che si prende subito il giallo per una brutta entrata su Suarez. Bravo l’arbitro, perché da quel momento in avanti la gara sarà corretta. La partita è tattica, il primo protagonista di giornata è Fogli che è stato messo da Bernardini per non far respirare Suarez. Mossa arguta che funziona. La prima occasione dopo 24 minuti capita sui piedi di Nielsen che, dopo aver ricevuto palla da Perani, con un tocco intelligente scavalca mezza difesa nerazzurra e si ritrova a tu per tu con Sarti, bravo a respingere in angolo con le gambe. Nei primi minuti l’Inter gestisce meglio, il Bologna attende ma inizia a prendere le misure. Gli attacchi sono sterili, colpa anche del grande caldo abbattutosi su Roma. Il primo tiro dei nerazzurri arriva verso la mezz’ora: ci prova Jair ma senza impensierire Negri. Verso la fine del primo tempo è ancora la squadra che ci prova con degli affondi di Nielsen e Perani, troppo timidi per impensierire la retroguardia milanese. Il primo tempo si chiude in parità: tanto agonismo, altrettanta voglia ma poca concretezza. La ripresa inizia con l’Inter all’arrembaggio e il Bologna in sofferenza, tutto arroccato nella propria metà campo ad eccezione di Nielsen, speranzoso in qualche ripartenza dei suoi. Ci provano Jair, Suarez e Mazzola: la difesa felsinea controlla respinge ogni attacco. Come ha fatto in tutto l’arco della stagione. Poco dopo altro fallaccio, questa volta di Picchi su Haller. Gli animi si scaldano, le panchine entrano in campo per sedare gli animi dei protagonisti. Ci pensa ancora una volta Lo Bello, arbitro-sergente bravo e determinato a spegnere sul nascere ogni accenno di rissa. Viene allontanato senza indugi Furlanis, che non dice una parola, china il capo e torna indietro. Punizione dai 25 metri sulla sinistra, sulla palla Bulgarelli, Fogli e Perani. Bulgarelli accenna il tiro e serve corto Fogli, che prende la rincorsa e scaglia un esterno destro rasoterra che trafigge l’estremo difensore avversario. E’ 1-0 per il Bologna, a 15 minuti dal termine della gara. Lo stadio esplode, la maggioranza dei tifosi è rossoblù. E’ un grido unico, felicità assoluta. Sarti è sconsolato, si tira su i pantaloncini e prova a sperare in un miracolo. Come il resto dei suoi compagni. L’Inter è però troppo timida, ha accusato il colpo. Il Bologna è troppo carico. Poco dopo Perani viaggia sulla sinistra e scarica al centro per Fogli che trova un’imbucata sontuosa per Nielsen, che controlla ed è bravo a trafiggere Sarti con il destro. Siamo al minuto 39, 2-0 per il Bologna che porta i felsinei a un passo dall’Eden. Sugli spalti si scarica la tensione. In campo c’è commozione, i rossoblù si abbracciano consapevoli di essere vicini a un’impresa.
Dopo pochi minuti il sogno diventa realtà. Primo, secondo, terzo fischio del signor Lo Bello che decreta il Bologna campione d’Italia per la settima volta nella sua storia. Apoteosi totale. Sono tutti in campo. Anche Bernardini, con la camicia bianca stranamente ancora stretta nei pantaloni e la cravatta dietro le spalle. Un minuto più tardi viene portato giustamente in trionfo. Giro di campo per i calciatori, che vanno a prendersi l’applauso dei propri tifosi. E’ lo scudetto di Bernardini, l’unico allenatore fino ad allora a vincere il campionato con due squadre diverse. E’ lo scudetto di una squadra che è caduta e si è rialzata, tra rimpianti, urla, gioie e dolori. E’ lo scudetto dei tifosi rossoblù, orgogliosi e attaccati alla fede. Come dei genitori con un figlio. E’ lo scudetto di Renato Dall’Ara, che se n’è andato via troppo presto e come un angelo ha difeso e protetto i suoi ragazzi. E’ lo scudetto di un’intera città, Bologna, che è caduta e si è rialzata. E ha visto il suo sogno diventare realtà. Come nelle favole. A volte si avverano.
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