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PIERFRANCESCO CHILI – IL TONNO CON UN CUORE DA LEONE
La Superbike ai suoi tempi d’oro è un pozzo profondo e ricco di belle storie. Le leggende della Superbike sono tante. Da Troy Bayliss a Max Biaggi fino ad oggi, con un cannibale di nome Jonathan Rea. Nella storia di oggi vi raccontiamo un pilota, che ha fatto emozionare un intero popolo dei motori: Pierfrancesco Chili.
TORTELLINI E MOTORI Pierfrancesco nasce nella regione dei motori, a Castenaso, a pochi passi da Bologna, il 20 giugno 1964. Sin dai primi anni si nota, che nel ragazzino ci sono uno spirito da guerriero e un sangue caldo come i suoi freni ad ogni staccata. Il pilota di Castenaso è senza dubbio uno di quei piloti che rimane sulla bocca di tutti per un qualcosa che tutti vogliono vedere in un pilota di corse: la fame. Vive la sua adolescenza nella terra dei motori e come tanti bambini di questa magica zona, vive un rapporto mistico con le moto. Il suo talento è smisurato e lo porta a partecipare a soli 20 anni nel campionato del motomondiale con la classe 125cc. Il “tonno”, chiamato così per via della sua dote sul bagnato, gareggia per dieci anni in tutte le classi dalla 125cc alla 500cc. Il suo percorso nel Motomondiale è uno slalom tra gloria e delusioni, e solo dopo 8 “lunghissimi” anni arriva la prima vittoria ad Assen. D’altronde, dopo tante verifiche complicate, non poteva che arrivare all’Università delle moto il diploma di maturità. Negli anni segnerà tante altre gare con molte vittorie ma a fine 1993 lascia il motomondiale.
Chili in sella alla sua Honda in classe 500: sarà protagonista tra gli anni Ottanta e Novanta (Mow – Sconosciuto)
OBLIO E RISCATTO Il bolognese resta a piedi per una stagione e solo nel ’95 decide di cambiare sponda. La Dorna non lo vuole più, non sopporta più l’indole rovente di Chili. Il pilota, quindi, decide così di accettare la Ducati “satellite” in Superbike. L’inizio è promettente. Sale sul podio al terzo tentativo. Dopo le critiche ricevute risponde alla sua maniera con un secondo posto in Gran Bretagna, nello storico circuito di Donington, dietro a “Sua Maestà” Carl Fogarty: pilota stellare che guida la Ducati ufficiale, nonché campione del mondo in carica. Alla quarta occasione, Monza, Chili esagera. Inizia a pennellare la parabolica come solo in pochi hanno fatto nella storia delle due ruote e centra la prima delle diciassette vittorie che avrebbe messo in fila nei dodici anni di Mondiale. Ma fermiamoci un attimo. Come può un ragazzotto di 31 anni trovare una seconda giovinezza?
Una sola gara per Chili con la Cagiva in classe 500 nel 1995: il Gran Premio d’Italia al Mugello (DaiDeGas Forum- Sconosciuto)
IL DESTINO Tutto ha inizio grazie all’intuizione di Franco Farnè. Un uomo dall’intelletto finissimo e mitico capo meccanico, che per tantissimi anni è stato l’anima e il cuore del reparto corse Ducati. La lucidità nelle scelte folli è il bello dello sport e in questo caso Chili, grazie alla lucida follia di Farnè, entra di diritto nell’élite della casa di Borgo Panigale. Nel ’94, come detto, Chili è disoccupato. Farnè pensa bene di fargli provare la Ducati mono: un piccolo gioiello tutto italiano che il marchio di Borgo Panigale aveva progettato tagliando un cilindro al glorioso V2. Scocca così non solo il motore, ma anche la scintilla: l’amore tra il bolide e il “tonno” bolognese. Il momento della redenzione per Pierfrancesco sembra essere arrivato, dato che Farnè vuole a tutti i costi far correre Chili nel Mondiale ’95. Ci sarebbe un problema non da poco però: tutte le moto ufficiali sono già occupate. Nel team ufficiale ci sono, il già citato, Carl Fogarty, che l’anno prima aveva dominato il Mondiale con la debuttante Ducati 916 e l’emergente pilota di Monselice, Mauro Lucchiari. La casa austriaca Promotor invece punta forte sull’australiano Troy Corser, che nel 1994 si è fatto notare con delle gare che non trovano neanche parole. Serve così una squadra e a febbraio spunta la rossa satellite.
Nel 1995 per “Frankie” arriva l’esordio nel Mondiale Superbike con la Ducati: sarà la sua seconda giovinezza (Corsedimoto – Sconosciuto)
LA SVOLTA La svolta nella vita e nella carriera di Pierfrancesco Chili ha due artefici. Il primo è Andrea Merloni. Un industriale marchigiano con una dinastia di elettrodomestici nelle vene ma con una passione smisurata per i motori. Nel ’95 Merloni acquista quattro Ducati 916 (a quei tempi era permesso il muletto…) per il pilota bolognese e la promessa Gianmaria Liverani, 23 anni. Non c’è appoggio ufficiale, ma Pierfrancesco Chili ha comunque una Ducati velocissima, curata da Piero Gianesin, uno dei “maghi” del bicilindrico: l’Adrian Newey del bicilindrico. Il secondo artefice è un signore che di nome fa Alex Gramigni, iridato in 125 nel ’91. Anche il toscano è finito fuori dal giro che conta nei GP ed è il primo della lista di Merloni. Come dirà in seguito Merloni di quella trattativa: “Alex ci ha chiesto un ingaggio che andava aldilà delle nostre possibilità, Chili invece mi è sembrato più determinato ad investire sulla sua carriera”. Pierfrancesco si è dunque rimesso in gioco per due lire. Vendendo forse per tante persone il suo piede fatato, ma vedendoci lungo. Perché, negli anni successivi, avrà modo di correre per squadre blasonate, come Suzuki Alstare, mettendosi in tasca tutti quei soldi rinunciati alla ricerca della gloria eterna. Quella che rende un pilota di corse un eroe moderno.
IL TEMPIO DELLA VELOCITÀ Ma ritornando a quel magico 1995, Monza è il quarto round del Mondiale, dopo Phillip Island, Misano e Donington. Un viaggio mega-galattico dalla terra dei canguri fino a quella della velocità. La Ducati riparte dopo buone prestazioni si presenta in tromba tanto che proprio alla vigilia di Monza la 916 viene estemporaneamente zavorrata nel tentativo di rimettere in partita Honda, Yamaha e Kawasaki. A quei tempi non c’era il famigerato algoritmo, per certi versi un doping inverso, che limita i giri in base ai risultati. Una mezza fesseria che però sarebbe il desiderio del promoter Flammini. Un desiderio identico della Dorna, cioè fare in modo che tutti potessero giocarsela. Ma non esiste zavorra che tenga per un tonno che sa sgusciare via dai pesi e dalle difficoltà della vita. In gara 1 Pierfrancesco Chili cade in Parabolica (perché quando la sai fare ad occhi chiusi ogni tanto ti permetti di sbagliare), mentre è terzo in coda a Fogarty e Slight. Ma nella seconda compie un autentico capolavoro sportivo. Chili riesce a battere King Carl con un magistrale sorpasso all’ultima Parabolica. Nel giro d’onore si ferma davanti alla Variante Ascari lanciando in tribuna guanti, casco e stivali. Insomma, tutto. Lasciando gli 80mila di Monza con il cuore in lacrime, di gioia. Sarà la prima delle 17 vittorie del pilota di Castenaso nel Mondiale Superbike. Ma quella del 1995 entrerà nella storia, per la tenacia e per i gesti mitologici che hanno reso l’impresa, il mito.
Nel 2006 Chili chiuse la sua carriera in Superbike con la Honda del Team DFXtreme (Roadracing World – Sconosciuto)
ATTENTI A CHIAMARLO TONNO A chi lo accusa di esser migrato in Superbike per vincere facile, Piefrancesco Chili risponde: “Con le Superbike giriamo negli stessi tempi della 250GP, ma con 50 chili in più. Provate a immaginare una 500GP pesante 150 chili: girerebbe con gli stessi tempi della 250, cioè come la Superbike. Quindi non è questione di piloti. Lo dico forte: quelli che ci denigrano che vengano qua dentro, li aspettiamo a braccia aperte…” Dichiarazione bellicosa che si sposa alla perfezione con la tensione che a quei tempi già aleggiata fra i due mondi, i GP (e il promoter Dorna) da una parte, la Superbike (gestita dai Flammini) dall’altra. Ma Chili era questo. Ai più sembra un arrogante con la lingua troppo lunga, ma per chi lo ha potuto vivere è stato un ragazzo d’oro nell’epoca d’oro del motociclismo italiano. Dove vincere significava rischiare la vita e lasciare tutto in pista, anche il casco e i guanti. Ma soprattutto, il cuore. Grazie Tonno.
E per chiudere un video tributo all’uomo e al campione: l’inimitabile “Frankie” Chili (Motology on YouTube)
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