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Calcio

Monday Night – Grazie Claudio! – 21 mar

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Leicester, futile e benestante città delle Midlands Orientali.

Un luogo semplice. Nessuna peculiarità di rilievo. Nessuna location tanto affascinante da poterti invogliare a prendere un treno diretto nel capoluogo dell’East Anglia. Meno di 300.000 anime abituate all’anonimato assoluto da oltre un millennio, cioè da quando i Normanni ne fecero una delle cinque fortezze occupate dalla dominazione vichinga in terra d’Albione.

Certo, qualcuno starà pensando a Joseph Merrick ed al suo “The Elephant Man” ma se non è una goccia nel mare poco ci manca. Intendiamoci, l’Europa è piena di luoghi storicamente ininfluenti  ma resi celebri dal pallone, basti pensare a Manchester, Glasgow o persino Dortmund, ma non è questo il caso. Anzi, non lo era fino al  2 Maggio 2016.

Prima di quella fatidica data, la Leicester calcistica aveva vissuto 130 anni di limbo incondizionato, sguazzando nello stesso stagno da cui attingeva quel poco di popolarità.

Una bacheca impolverata, con appena tre coppe di Lega (l’ultima 16 anni fa). Nessuna firm di spessore negli anni bui del teppismo da stadio. Nessun derby tanto importante da renderlo famoso o quantomeno curioso, dal momento che le avversarie di contea sono da sempre più vincenti, popolari e poco inclini al paragone con le piccole Foxes. Tanto sportivamente distanti fra loro, che per trovare un match  ad “alto tasso adrenalinico” la stampa d’Oltremanica ha dovuto concepire un quanto mai fantasioso “M69 Derby”, dal nome dell’autostrada che collega Leicester agli “acerrimi rivali” del Coventry. È  chiaro che il confronto con le altre rivalità dell’Isola è ridicolo, sommesso e quasi patetico.

Tutto vero, ma scusate, non è proprio dal niente che nascono le avventure più incredibili?

Ora, per capire meglio la trama di questa fiaba meravigliosa è necessario riavvolgere il nastro e tornare per un attimo alla scorsa stagione.

È il 4 Aprile del 2015, e si disputa la 31esima giornata di Premier League. Le volpi sono ormai impantanate nei bassi fondi da tempo, e al King Power Stadium arriva il  West Ham di “Big” Sam Allardyce. Il match è ruvido, equilibrato e molto teso. Al vantaggio di Cambiasso risponde subito Kouyate, mandando in avaria le speranze di salvezza dei blu. Sembra tutto finito, ma quando mancano pochi spiccioli al termine della gara, una zampata rabbiosa di King (servito dall’ancora sconosciuto Jamie Vardy) regala tre punti fondamentali ai padroni di casa.  

È proprio dalla rimonta di quel piovoso pomeriggio, che prende forma il miracolo sportivo più incredibile del secolo. La crew si compatta ed infila sei (6!) vittorie ed un pareggio nelle ultime 7 partite, sbaragliando ogni pronostico sulla relegation zone. Il 24 maggio, a  Londra, Mourinho festeggia lo scudetto del suo Chelsea mentre le volpi brindano all’inaspettata salvezza.

Un po’ a sorpresa, il 13 luglio arriva l’esonero di Nigel Pearson e la squadra viene affidata a Ranieri. Il tecnico romano è reduce dalla disastrosa avventura con la nazionale greca, ed i bookmakers si sprecano a quotare una retrocessione quanto mai precoce.

Claudio se ne infischia.  Aggiunge un po’ di tattica ad uno spogliatoio formato ormai da venti amici (oltre che da venti professionisti). Compra Inler dal Napoli, Kantè dal Caen ed il giapponese Okazaki dal Mainz. Sposta Fuchs a sinistra e Simpson -che la stagione scorsa non giocava-  a destra. L’obbiettivo resta la salvezza, ma giornata dopo giornata la squadra fa punti ovunque. Nelle prime 11 partite un attaccante chiamato Vardy e che fino a 5 anni prima giocava nel minuscolo Fletwood, lavorando in fabbrica per pagarsi l’affitto, segna 13 gol distruggendo il prestigioso record di un certo Ruud Van Nisterlooy.

Nonostante i risultati però, l’opinione pubblica resta settica, anche perché la formazione sembra uno scherzo rispetto alle altre corazzate. Tra i pali c’è  Kasper Schmeichel figlio del mitologico Peter. In difesa un gigante tedesco che potresti tranquillamente incontrare in spiaggia con sandalo e calzino, appaiato ad un bruto tatuato e privo di tecnica individuale. In mezzo un corridore come Kantè (forse l’unico che potrebbe giocare in top club) affiancato da un normalissimo metronomo dal buffo cognome: Drinkwater. Sull’esterno, un trequartista vellutato ma leggerissimo, che ha passato più tempo nei dilettanti che fra i professionisti. Davanti, un nipponico che pare uscito da un manga di Yoichi Takahashi fa coppia con l’ex operaio dal torbido passato giudiziario. In panchina, beh, un manager troppo spesso sbeffeggiato e considerato da sempre un mediocre. Abracadabra, il mix funziona.

A Novembre la “banda di matti” è prima e qualcuno incomincia ad accorgersene. La popolazione mondiale inizia a pronunciare correttamente “leister” e persino una nota agenzia di scommesse comincia a sentire puzza di bruciato. La storia di uno scommettitore tanto sbronzo quanto visionario fa il giro del pianeta: qualcuno, nel Leicestershire, ha puntato diverse sterline sulle Foxes vincitrici della Premier League, quotate allora con un tombale 1 a 5000.  Tanto per capirci: più del ritrovamento di Elvis Presley in buona salute, della conferma scientifica sull’esistenza del mostro di Loch-Ness o dell’elezione di Kim Kardashian a presidente degli Stati Uniti entro i prossimi 4 anni.

Cash, liquidi e subito in cambio dell’annullamento del ticket fortunato. Arrivederci e grazie.

Bella favola, ma quanto potrà durare? Insomma c’è pur sempre da competere con gli sceicchi del City, la fama dell’United e la tradizione dell’Arsenal.

Sorpresa: le Foxes tengono botta.                           

Intorno a Natale il momento più duro. Un solo punto fra la trasferta di Anfield e la gara interna contro il Bournemouth. Gary Lineker storica bandiera delle volpi e adesso commentatore per la BBC, chiede a Ranieri dove possono arrivare. Claudio ride beffardo. In cuor suo lo sa, ma non lo dice.

Il 13 Gennaio il primo dei tre strappi decisivi. Nella notte del White Hart Lane, il teutonico Huth incorna d’arroganza sotto la traversa difesa da Lloris, strappando tre punti fondamentali nel nord di Londra.

Il secondo, forse ancora più clamoroso. Nel Lunch Kick-Off del 6 Febbraio, il Leicester scende a Manchester saccheggia tre punti e se ne va. La rarissima doppietta di Huth viene intervallata dal colpo di pura classe  dell’imprendibile Mahrez. Ora si, che il mondo intravede il miracolo.

Il terzo e decisivo strappo è il più simbolico di tutti. Domenica 17 Aprile si gioca un match vibrante al King Power Stadium. Ad affrontare le Foxes è salito il tostissimo West Ham di Bilic. La fuga scudetto delle volpi deve scontrarsi inevitabilmente con le ambizioni europee degli Hammers.

Il vantaggio iniziale del solito Vardy, viene prima riacciuffato dall’ambiguo rigore calciato da Carroll e poi addirittura superato dalla imparabile sassata mancina di Cresswell. Sembra tutto compromesso, ma in 10 uomini le volpi continuano a lottare ed esattamente come un anno fa (contro lo stesso avversario), trovano la forza per segnare a tempo ormai scaduto.

Schlupp si guadagna il penalty che Ulloa trasforma quando le lancette indicavano già il novantacinquesimo. L’ex Walkers Stadium diventa una bolgia infernale mentre il cerchio naturale si chiude attorno al triplice fischio del signor Jonathan Moss. Un punto vitale. Insperato e combattuto. Senza dubbio la coincidenza più capricciosa  voluta dagli dei del Football.

Quattro gol allo Swansea la domenica successiva, poi il pesante pareggio dell’Old Trafford cementificano un momentaneo + 8 sugli Spurs: la favola sta per diventare leggenda.

Ci siamo.

Al termine del “Monday Night” del 2 Maggio, arriva la certezza matematica del trionfo. Il Chelsea campione uscente, ferma sul 2 a 2 il Tottenham di Pochettino, imbarcando lo scudetto sull’intercity veloce diretto da Stamford Bridge a Leicester.  A due giornate dal termine del campionato le volpi conservano 7 punti di vantaggio sui londinesi.

Il 3 maggio  del 2016 il mondo intero si risveglia coi postumi di una sbornia sportiva colossale.

Adesso tutti conoscono l’irrilevante capoluogo delle Midlands Orientali. Dalla Tailandia al nord America, tutti hanno le Foxes nel cuore. Claudio diventa una musa ispiratrice trasversale. Dal macellaio che inventa la “Salsiccia Ranieri”,  ai coniugi Hill che chiamano il figlio Claudio,  per finire con Richard Wilson, noto Writers britannico che ne ritrae l’espressione crucciata nel suo capolavoro su Kate Street.

Qualcosa di straordinario. Di unico. Una di Quelle storie che ti raccontano i nonni da bambino, quando fuori piove e tu ti stringi sotto le coperte immaginando di  poterla vivere un giorno.

Non ti chiederemo mai come ci sei riuscito Claudio, perché tanto risponderesti semplicemente che hai spostato Simpson a destra e Fuchs a sinistra, ma ti saremo sempre grati per aver trasformato l’impresa calcistica in una metafora di vita. Per aver dimostrato che il lavoro, il sudore e la dedizione possono battere il potere economico. Per aver invitato tutti a non mollare, nonostante la strada sia totalmente in salita. Per averci dimostrato che, credendoci continuamente, tutti i sogni possono realizzarsi, persino quelli quotati 1 a 5000!

Allora semplicemente GRAZIE, Sir Claudio, per aver ridato speranza a tutti noi nostalgici!

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