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I Racconti del Commissario – La Ferrari bianco-blu
La nuova arma
Mondiale de l’Automobile di Parigi, 1963. La Ferrari, dominatrice del campionato internazionale costruttori con la sua 250 GTO, presentò quella che sarebbe stata la nuova arma letale per dominare gli anni a venire. Si chiamava 250 LM, nome che denunciava ancora una volta il valore della cilindrata unitaria e le iniziali della regina delle corse: Le Mans. Tutti gli osservatori capirono immediatamente di trovarsi davanti ad un nuovo capolavoro frutto di genio e capacità degli uomini del cavallino, ennesima materializzazione di bellezza votata alle necessità agonistiche “made in Motor Valley“. Ma tutti capirono altrettanto immediatamente che la nuova nata era un vero prototipo e non nascondeva la sua stretta parentela con la 250 P dalla quale derivava. La “LM” però era destinata all’omologazione tra le Gran Turismo, quindi una vettura che, per quanto estrema, doveva essere destinata anche all’uso stradale. Cosa ne avrebbe pensato la C.S.I.?
La Ferrari 250 LM in tutta la sua bellezza di sportiva senza compromessi (CAFE RACER 76 – Sconosciuto)
Obiettivo fallito
La sigla C.S.I. all’epoca non richiamava alcuna serie televisiva poliziesca ma era semplicemente acronimo di Commissione Sportiva Internazionale, ovvero l’autorità suprema per lo sport automobilistico. Quindi anche l’ente preposto all’omologazione delle vetture da corsa. Nel caso della 250 LM i legislatori si trovarono di fronte ad un problema di non poco conto. Ad un anno dalla presentazione erano state prodotte solo 33 (alcuni dicono 32…) esemplari rispetto ai 100 richiesti per l’omologazione tra le Gran Turismo. I commissari tecnici respinsero così la richiesta della Ferrari e la biposto di Maranello venne ammessa alle gare solamente nella categoria prototipi, dove le sue possibilità di vittoria erano pressoché nulle. Insomma, addio sogni di gloria.
L’ira di Re Enzo
Dalle parti di via Abetone Inferiore la reazione, come prevedibile, non fu esattamente composta. Alla notizia della mancata ammissione tra le Gran Turismo per la sua “LM”, Enzo Ferrari non si limitò ad una delle sue solenni sfuriate ma andò oltre: voleva dare un messaggio forte davanti alla decisione della C.S.I. scegliendo il gesto più eclatante. La Ferrari S.E.F.A.C. s.p.a. rinunciava alla licenza italiana da concorrente. Una scelta simile significava che la Scuderia avrebbe sospeso ogni partecipazione ufficiale alle competizioni con effetto immediato. Anche se in piena lotta per la vittoria nel campionato mondiale di Formula 1 con John Surtees, la Ferrari avrebbe quindi saltato le gare finali negli Stati Uniti ed in Messico rinunciando di fatto a conseguire il titolo. Una mossa sconvolgente, che avrebbe dovuto sottolineare lo sdegno del “Drake” per una sentenza a suo avviso ingiusta e per il mancato appoggio dell’A.C.I. alla sua causa. Ma secondo voi, uno come Ferrari avrebbe rinunciato alla possibilità di vincere il mondiale solo per protesta?
Un salvagente bianco-blu
Ovviamente il diabolico Enzo aveva calcolato bene le mosse e giocato con grande abilità le sue carte. Il momentaneo ritiro dalle gare infatti riguardava la Ferrari soltanto come concorrente. Ovvero l’entità fisica o giuridica che avrebbe iscritto le vetture alle gare. Quindi le vetture del cavallino avrebbero potuto regolarmente prendere il via senza sconfessare il gesto del “Drake”: bastava che qualcun’ altro si occupasse dell’iscrizione. L’uomo che faceva al caso esisteva: si chiamava Luigi Chinetti. Colui che, conseguendo la prima vittoria a Le Mans per la casa di Maranello, convinse Ferrari ad introdurre le sue auto sul mercato americano divenendone l’importatore. Negli anni l’attività era diventata così florida che Chinetti aveva fondato una sua squadra corse, la N.A.R.T. (North American Racing Team). In breve essa divenne una delle scuderie private di riferimento per il cavallino, ottimo supporto alle vetture ufficiali della casa.
Una 250 GTO “americana” iscritta alla 12 ore di Sebring 1962 dalla N.A.R.T. di Chinetti. Molto più di un importatore per Ferraru (WallpaperUP – Sconosciuto)
Livrea improvvisata, livrea fortunata
La N.A.R.T. quindi iscrisse due Ferrari di Surtees e Bandini alle gare di Watkins Glen, aggiungendone una terza a Città del Messico per Pedro Rodriguez, portando in pista il solito manipolo di meccanici diretti da “Furia” Forghieri. Rispetto al consueto si notava una differenza puramente cromatica. La scuderia di Chinetti infatti possedeva licenza americana ed in un’epoca in cui gli sponsor non avevano ancora “sporcato” le vetture con i loro loghi, le carrozzerie venivano dipinte con i colori nazionali dei concorrenti. Fu così che le due monoposto di Maranello persero l’italico rosso corsa per assumere la livrea bianco-blu degli Stati Uniti. Il resto è storia: con due secondi posti propiziati dal decisivo aiuto del compagno, Surtees conquistò il titolo entrando nella storia come unico iridato a due e quattro ruote. Ma in tutto ciò, cosa ne fu dell’oggetto del contendere?
Vendetta, tremenda vendetta
La protesta di Ferrari non sortì alcun effetto: la 250 LM rimase confinata alla categoria prototipi e la Scuderia riprese la regolare partecipazione alle gare. Nella stagione successiva la “LM” si ritrovò ad essere ceduta alle scuderie private senza speranza di vittoria. O almeno così si pensava, perché alle 16 del 20 giugno 1965 la berlinetta di Maranello smentì tutti i pronostici. Al termine di una 24 ore di Le Mans in cui le vetture ufficiali di Ferrari e Ford avevano alzato bandiera bianca una dopo l’altra, a vincere fu la 250 LM numero 21 dell’equipaggio Masten Gregory – Jochen Rindt coadiuvati, si narra, da un terzo misterioso pilota. Ma questa è un’altra storia. Sapete chi aveva iscritto quella vettura? Facile risposta: l’uomo della Provvidenza di nome Luigi Chinetti.
L’ultimo giro dell’indimenticabile 24 ore di Le Mans 1965: il giorno del trionfo per la Ferrari 250 LM (mscheeres su YouTube)
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