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Virtus Segafredo: si può imparare più da certe sconfitte che dalle vittorie

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È la stessa Virtus Segafredo quella che sembrava volasse fino a poche settimane or sono, e quella che ha preso le imbarcate prima in campionato, ora anche in coppa? Indiscutibilmente sì, se se ne osserva l’organico, fatti salvi alcuni ritocchi. Allora, quale ne sarà il vero volto? Facile a dirsi, né l’uno né l’altro. E questo non per qualche astrusa considerazione di carattere tecnico o chissà cosa, semplicemente perché in questa fase della stagione il profilo di qualunque squadra è ancora, inevitabilmente, in via di definizione. Se ne possono già intravedere caratteristiche importanti, se ne può immaginare l’evoluzione, ma proviamo ad andare anche solo ad un anno fa: che Virtus avremmo detto che fosse e potesse diventare quella che stava perdendo in casa dalle ultime in classifica, ancorché vincesse con sufficiente scioltezza in Europa? Quella che di lì a poco avrebbe visto l’esonero del coach presto rientrato? Certo che non potrà andare sempre come è poi andata la passata stagione, ma il succo del discorso è un altro: oggi noi possiamo al massimo registrare fisionomia e progressi – o regressi – di una squadra che trovo sempre emozionante, che ha nel proprio dna la ricerca dell’azione spettacolare, che sa segnare una valanga di punti e probabilmente almeno per adesso ne sta purtroppo prendendo altrettanti. Non c’è dubbio che il problema maggiore in questa fase per gli uomini di Scariolo sia la difesa, anche ieri ballerina in parecchi frangenti, ma occorre ricordare che la difesa è la parte del gioco più complessa da registrare, soprattutto a certi livelli, e che la Virtus fin qui è stata qualcosa di paragonabile a un edificio in perenne ristrutturazione? Diamo tempo al tempo, le premesse non sono cambiate rispetto a qualche settimana fa, che ci siano alti e bassi, frenate ed accelerazioni in autunno è fisiologico. Mi preoccuperei quasi di più se fosse tutto perfetto, perché probabilmente sarebbe sintomo di una forma raggiunta troppo precocemente, quando ormai tutti avranno capito che conta quasi solo quella con la quale si affronterà la primavera, a patto di non aver disperso troppo prima lungo il percorso.  A Podgorica alcuni giocatori pareva stessero con gli avversari; chiaramente, non era così, ma Jaiteh abbiamo già visto che non è quello che manca gli appoggi più semplici e si fa prendere i rimbalzi sulla testa, che Mannion non è solito gettare palloni alle ortiche, che Hervey dalla distanza sa fare più del 20%, ma al di là di tutto questa è una squadra che ha avuto una discontinuità di organico negli allenamenti da fare paura, ed è lì che si costruisce quella difesa che in questo momento lascia abbastanza a desiderare. Personalmente, a vedere questa Virtus Segafredo continuo a divertirmi, consapevole del fatto che non sempre si può vincere, come cantavano Dalla e i Rokes, e che appunto saper perdere è necessario. Purché dalle sconfitte si sia in grado di imparare. Qualcuno mette in dubbio che questa squadra lo saprà fare?

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