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I racconti del commissario – Motori Minarelli, orgoglio bolognese

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Una coppia intraprendente

La Bologna post bellica era una città dove la voglia di rinascita era benzina gettata sul fuoco dell’intraprendenza emiliana. Se a ciò si sommava la passione per i motori, ecco pronto l’“humus” più adatto alla nascita di nuove imprese. Una di queste vide la luce il 12 novembre 1951 dall’iniziativa di due soci, decisi ad avviare un’azienda dedicata alla costruzione per conto terzi di motori di piccola cilindrata. Nel mercato italiano del dopoguerra l’automobile era un vero lusso, applicare piccoli propulsori alle biciclette era già un importante passo verso la motorizzazione di massa. Lungimiranza e passione furono quindi alla base della scelta dei due neo-imprenditori, che rispondevano ai nomi di Vittorio Minarelli e Franco Morini. Quest’ultimo in particolare aveva respirato aria di motori da sempre: era nipote di Alfonso, ex centauro e socio fondatore della casa motociclistica MM, dalla quale era uscito per fondare la sua Moto Morini. Da questo intreccio di storie felsinee nacque quindi la FBM, acronimo di Fabbrica Bolognese Motocicli. Ovvero l’embrione di quella che sarebbe diventata la mitica Motori Minarelli.

Successo e separazione

Avvalendosi di soli 5 collaboratori nel primo anno di vita, la FBM iniziò la sua attività con la produzione di motori a due tempi da 125 e 250 cc per un solo cliente: la milanese Guazzoni. L’altalena degli ordini non faceva però dormire sonni tranquilli alla coppia Morini-Minarelli, che in breve si decise al grande salto: diventare costruttori in proprio. Nel 1952 fecero realizzare un telaio tubolare monotrave a cui applicarono a sbalzo uno dei loro motori 125: era nata la motoleggera “Gabbiano”, primo modello marcato FBM. Ad essa seguì in breve tempo la “Vampire”, spinta da un quattro tempi da 200 cc. I due mezzi consentirono all’azienda bolognese di farsi largo in un giungla di piccoli costruttori ed assemblatori, continuando in parallelo i successi come produttrice di soli motori. Il “Pettirosso”, due tempi con accoppiato un cambio a due marce con comando a filo, e la versione “P3” dotata di tre rapporti divennero i “cuori” più diffusi in Europa nella produzione di ciclomotori. Nonostante gli affari procedessero bene, per i due fondatori giunse tuttavia il momento di dirsi addio. A fine 1956 Morini e Minarelli decisero di proseguire separatamente le loro avventure professionali spartendosi equamente il mercato dei clienti. Il primo si trasferì a Zola Predosa dando vita alla “Morini Franco Motori”, mentre il secondo proseguì con l’azienda esistente che si trasformò in FB Minarelli.

Piccole da record

Nonostante la spaccatura tra i fondatori, l’azienda continuò a crescere: ogni anno erano quasi 20.000 i motori prodotti ed esportati non solo in Europa ma anche in Sudamerica. La tendenza proseguì anche nella prima metà degli anni Sessanta e nel 1967 l’impresa si trasferì dal capoluogo in un nuovo stabilimento a Calderara di Reno, assumendo il nome che la rese celebre: Motori Minarelli. Il fondatore Vittorio, diventato nel frattempo il Commendator Minarelli, aveva da poco avviato un altro impegno decisivo per le sorti dell’azienda: quello nelle corse. Dalla stagione 1966 infatti il marchio emiliano iniziò ad affacciarsi nel panorama delle competizioni nazionali sia in salita che in pista nella classe 60 cc del Trofeo Cadetti. Il pilota di riferimento era un giovanissimo forlivese di nome Otello Buscherini, capace di imporsi in ben sette gare a cavallo tra due stagioni. Ma il romagnolo non si limitò a questo. Otello infatti, prima di trasferirsi di pochi chilometri in casa Malanca, regalò alla Minarelli i suoi primi record. Per pubblicizzare il marchio patron Vittorio ebbe infatti la felice intuizione di equipaggiare con motori della casa dei mezzi speciali preparati per battere i primati mondiali di velocità tra le piccole cilindrate. I primi, quelli sul quarto di miglio con partenza da fermo per le 50 e 175 cc, giunsero il 15 ottobre 1967 sul circuito di Monza. Ne sarebbero seguiti altri sedici negli anni successivi, con i piccoli “siluri” giallo-verdi del Commendatore che entrarono nel mito insieme al pilota designato Arteno Venturi.

Campioni del mondo

Nel frattempo anche la produzione aumentava: ogni anno dal nuovo e più ampio stabilimento uscivano in media 200.000 motori stradali e 50.000 agricoli ed era giunto il momento di lanciarsi su palcoscenici di più ampio respiro. Dal 1974 la Motori Minarelli fece così le sue prime comparse nel motomondiale tra le classi 50 e 125 cc con il riminese Pier Paolo Bianchi, giusto per rompere il ghiaccio. Ma in sole quattro stagioni le piccole moto giallo-verdi diventarono i mezzi di riferimento. Con la 125 cc progettata da Jorg Moller, tecnico che aveva rivoluzionato il due tempi “strappato” alla rivale Morbidelli, Bianchi sfiorò il mondiale piloti fino all’infortunio nel Gran Premio di Finlandia. Il suo compagno e rivale, il mitico Angel Nieto, dominò il finale di stagione chiudendo però solo al secondo posto in campionato. I punti raccolti dai due furono comunque sufficienti alla casa per cogliere il primo alloro tra i costruttori. La gioia del doppio iride era solo rimandata: con otto vittorie in gara lo spagnolo fece suo il titolo l’anno successivo e grazie ad un’altra affermazione firmata da Bianchi giunse anche il secondo mondiale costruttori. Nieto riuscì a ripetersi nel 1981, mentre la casa emiliana dominò tra i costruttori anche nel 1980. Con due titoli piloti e quattro costruttori, la Motori Minarelli ormai aveva conquistato il suo posto tra i grandi del motociclismo.

 

Dal Giappone a Fantic

La ogni bella storia ha però un epilogo e quello della Minarelli Corse nel mondiale stava per giungere. La coppia Ascareggi-De Lorenzi conquistò solo un podio e qualche buon piazzamento tra le 50 cc nel 1982, per sparire dalle posizioni che contano l’anno successivo. L’avventura agonistica della Minarelli si chiuse così, mentre il fondatore Commendator Vittorio si era congedato dalla vita terrena due anni prima lasciando l’azienda nelle mani del figlio Giorgio. Nei primi anni Novanta l’azienda si concentrò sulla produzione di motori a quattro tempi dotati di variatore automatico, quelli che equipaggiavano gli scooter sogno di ogni quattordicenne. In breve tempo la Motori Minarelli divenne il maggior costruttore mondiale per questo tipo di propulsori, con un ritmo di 450.000 esemplari annui. Una capacità produttiva che spinse un colosso come la Yamaha ad entrare progressivamente nella compagine aziendale sino ad assumere il completo controllo dell’impresa nel 2001. I successi sono proseguiti senza sosta, tanto che nel 2008 dallo stabilimento di Calderara è uscito il decimilionesimo propulsore marcato Minarelli. Poi, nel 2020, la svolta. A rilevare l’azienda emiliana dalla casa dei tre diapason è stata la rinata Fantic Motor, casa lombarda che a fine anni Sessanta aveva equipaggiato il suo modello più celebre, il “Caballero”, proprio con il due tempi da 49 cc prodotto alle porte di Bologna. Corsi e ricorsi storici che hanno accompagnato i primi settan’anni della Motori Minarelli. Con la voglia di raccontare altre pagine di successi per un’eccellenza della Motor Valley.

 

Il forlivese Loris Reggiani vince il Gran Premio di San Marino 1981 a Imola con la Minarelli 125. Una festa a tutta Motor Valley (barry6769 su YouTube)

 

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