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Carlos Lavado, la freccia di Caracas dal cuore romagnolo

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Volto sorridente, carnagione olivastra, baffoni scuri e una chioma foltissima di capelli ricci neri. A guardarlo sembrava una rockstar proveniente dall’America Latina, un allievo di Carlos Santana. Invece no. Lui andava veloce sì, ma non con le dita sulle sei corde di una Gibson SG. Lui correva in moto e piegava come un funambolo, Diobò se piegava… Il suo nome? Carlos Alberto Lavado Jones.

Nato a Caracas nel 1956, a Carlos Lavado si accese la passione per le corse in moto dopo la vittoria del campionato del mondo 350 del suo conterraneo Johnny Alberto Cecotto. All’epoca il Venezuela viveva un periodo d’oro nelle due ruote grazie al team Venemotos della famiglia Ippolito, capeggiato inizialmente dall’importatore Andrea al quale successivamente subentrò il figlio Vito nel 1983, che divenne poi un dirigente di successo, arrivando ad essere eletto presidente della Federazione Internazionale Motociclistica nel 2006.

Un giovane Lavado con l’italo-venezuelano Andrea Ippolito (Source: aimaweb.net, copyright to the owners)

 

L’abbandono degli studi e il doppio impegno nel motomondiale

Studiava per diventare ingegnere Carlos, ma il successo di Cecotto lo convinse a tentare di intraprendere la stessa strada. La prima vittoria la conseguì nel campionato “Fuerza Libre”, paragonabile all’attuale categoria Superbike, con la stessa motocicletta con la quale andava tutti i giorni all’università. Nel 1978 corse per la prima volta nel mondiale in classe 250. Correva in casa, all’Autodromo Internacional de San Carlos, che sorge proprio nella città di San Carlos, capitale dello stato di Cojedes. Fu profeta in patria. Sulla sua Yamaha TZ250 giunse secondo, alle spalle del solo Kenny Roberts, che lo sopravanzò di otto decimi. Il terzo, il francese Patrick Fernandez, fu staccato di 37 secondi. Quei due, nel caldo torrido sudamericano, avevano giocato a un altro sport.

Sì, avevano giocato, perché all’epoca il motociclismo era visto dagli stessi protagonisti come un gioco. Certo, nessuno andava in pista per arrivare secondo ma, una volta finite le gare, si faceva festa tutti insieme. Era questo che piaceva a Carlos, che decise di venire in Europa, senza un soldo. Otteneva i ricambi con il baratto, ma presto tutti si accorsero di quel piccoletto che frenava tardi e piegava a 45 gradi, al limite della caduta. Nessuno guidava come lui. Sia nel ‘78 che nel ‘79 disputò poche gare, ma correva anche nella 350. Proprio l’anno successivo al debutto, sempre nel primo appuntamento stagionale, nel suo Venezuela, vinse per la prima volta nel mondiale. Staccò l’italiano Walter Villa di 15 secondi e il solito Patrick Fernandez di altri 8. L’aria di casa gli faceva bene.

Nel 1980, alla prima stagione completa, arrivò la seconda vittoria: questa volta in 250, tra le pieghe insidiose dell’”università della moto”, ad Assen. L’anno seguente non arrivò nessun primo posto, ma quando non cadeva arrivava sul podio: tre secondi e due terzi posti per Lavado, che a fine stagione arrivò quarto in classifica in 250.

Nel 1982 la stagione si aprì ancora con un successo sudamericano, a Buenos Aires, in 350. Sarà l’ultimo per lui con le moto di quella cilindrata, che abbandonò a partire dal 1983.

 

 

La specializzazione in 250 e i due titoli

I tempi infatti erano maturi per specializzarsi in una sola categoria, puntando al bersaglio grosso. In 250 nell’82 vinse a Jarama e a Brno, nell’ultima gara del motomondiale disputata sul circuito cittadino della località ceca, decisamente più ostico di quello permanente che siamo stati abituati a conoscere dalla seconda metà degli anni ottanta.

Il 1983 è l’anno della consacrazione per Carlos che vincendo a Monza, ad Hockhenheim, a Fiume e nuovamente ad Assen, fece suo il titolo iridato. Nel finale della stagione, ad Imola, Giacomo Agostini lo convinse a correre sulla 500 per aiutare Roberts nella lotta contro Spencer. Si qualificò in prima fila, ma una caduta nel giro di riscaldamento lo mise fuori dai giochi e gli procurò una frattura, convincendolo a rimanere nelle classi leggere. Diventò uno specialista in duemmezzo, arrivando terzo sia nel 1984 che nel 1985, vincendo una gara in entrambe le stagioni, rispettivamente ad Assen e a Misano.

 

La vittoria di Lavado al GP di San Marino 1985, al Santamonica di Misano (Youtube – Duke)

La stagione 1986 fu quella del bis mondiale nel quarto di litro: sei vittorie, due secondi posti e tre ritiri gli garantirono il successo ai danni dello spagnolo Sito Pons, distanziato di sei punti. Carlos Lavado non si risparmiava, dicendo che gli bastava solamente un motore anche meno potente degli altri, ma che non si rompesse; al resto pensava lui. 

In quegli anni si stabilì a Sant’Agata sul Santerno, in provincia di Ravenna, a pochi chilometri da Imola. La cittadina di poco più di tremila anime era la sede di un suo sponsor: si innamorò della Romagna, vivace e divertente come lui, e non la lasciò più. Corse fino al 1992 ed ora non è raro trovarlo nella concessionaria Yamaha della sua città o all’Autodromo di Imola, a chiacchierare con amici e appassionati, intervallando qualche espressione puramente romagnola al suo italiano dall’accento ancora poeticamente latino. Sempre disponibile e con il sorriso, come quando andava in moto.

Perchè Carlos Lavado è così, vuole divertirsi, e divertire. Vincendo ed emozionando, che sia piegando il suo destriero a due ruote o raccontando le incredibili storie di un motociclismo che che non c’è più.

 

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