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Una gara da mito – Una Formula 1 da Capodanno
Tra corse ed Apartheid
C’era una volta una gara in uno stato del sud del mondo. Un paese isolato, dove vigevano durissime leggi razziali, ma dove l’automobilismo era vitale ed attivissimo. In quel paese la massima formula aveva addirittura un suo campionato nazionale ed un gran premio inserito in calendario da diversi anni in una data inconsueta, sfruttando l’estate australe. Tra tutte le edizioni di questa gara una si annunciò come memorabile fino dalla presentazione. Il paese in questione era la Repubblica Sudafricana e quella gara storica si disputò a Kyalami il giorno di Capodanno del 1968. Difficilmente rivedremo un mondiale di Formula 1 partire il primo giorno dell’anno (anche se mai dire mai nelle corse!). Tuttavia quel Gran Premio del Sudafrica racchiude in sé una serie incredibile di prime ed ultime volte mescolate ad imprevedibili coincidenze. Non a caso si disputò il primo giorno di un anno che avrebbe cambiato il volto non solo della massima formula ma anche del mondo.
Rivoluzione interna
Oltre alla singolarità di disputare le qualifiche in un anno solare e la corsa nell’anno successivo, fu anche un caso pressoché unico vedere tutti i protagonisti della Formula 1, piloti compresi, tirare tardi ad un veglione la sera prima di una corsa in un’ambientazione natalizia ma con un meteo assolutamente estivo. Nonostante i bagordi i piloti si presentarono agguerriti sulla griglia di partenza per un gran premio ricco di novità. In testa si presentò subito il velocissimo Stewart con la sua nuova Matra, mentre il campione del mondo Hulme passato alla squadra del suo connazionale McLaren. Le speranze della Motor Valley erano riposte sui nuovi arrivati in casa Ferrari Ickx e De Adamich, affiancati al più esperto Amon. L’arrembante Rindt era il neoassunto del “vecchio” Jack Brabham mentre Rodriguez, vincitore sorpresa l’anno precedente con la Cooper-Maserati, si presentava al volante della BRM. Il tutto senza dimenticare la nuova Honda RA 301 portata in gara dal “figlio del vento” John Surtees.
Battere il Maestro
Tantissima carne al fuoco sotto il sole di Kyalami, ma la gara non riservò grandi emozioni nell’arco degli ottanta giri in programma. Ad imporsi fu soprattutto la stabilità del Team Lotus. Dopo avere dominato la chiusura dell’annata 1967 con le 49 spinte dal nuovo Cosworth DFV finanziato dalla Ford, la scuderia di Chapman riuscì a ripetersi anche al via del campionato 1968 con un secco uno-due firmato dalla premiata ditta Clark-Hill, con lo scozzese partito al palo. Erano numeri impressionanti quelli di Jim: 72 gare, 33 pole, 28 giri più veloci e soprattutto il record assoluto di 25 vittorie in gran premi mondiali, davanti al “maestro” Fangio. Sembrava scontato che si fosse assistito al prologo di una nuova era marcata a fuoco dalle monoposto nate a Hethel. Nessuno poteva prevedere che quella vittoria stesse chiudendo un’epoca.
Un raro filmato originale del Gran Premio del Sudafrica 1968 (Romario Jr. su YouTube)
Quattro mesi che cambiarono il mondo
La seconda gara di campionato fu il Gran Premio di Spagna, oltre quattro mesi dopo. Storicamente la pausa più lunga in un calendario di Formula 1. Sedici settimane che sconvolsero il mondo delle corse. Le Lotus in Sudafrica apparvero per l’ultima volta nello storico “British Racing Green” con banda centrale gialla: poche settimane dopo venne ufficializzato lo storico accordo con l’Imperial Tobacco che a partire dalla Tasman Cup decorò le carrozzerie con i colori rosso-bianco-oro delle sigarette Gold Leaf: fu il primo “tabaccaio” a sponsorizzare il mondo delle corse. Ma fu anche l’ultimo trionfo di Jim Clark. Tre mesi dopo, il 7 aprile, avrebbe perso la vita in una gara di Formula 2 a Hockenheim. Ovviamente pilotando una Lotus nei colori Gold Leaf.
Jim per sempre
Nei mesi successivi sarebbero arrivate altre novità che avrebbero segnato l’automobilismo nei decenni successivi. L’avvento degli enormi alettoni sulle monoposto, i caschi integrali e le cinture di sicurezza avrebbero cambiato volto alle monoposto di Formula 1, ma Jim non avrebbe mai visto tutto questo. Il suo compagno Graham Hill vinse le due gare successive assicurandosi un bottino di punti che lo avrebbe portato al titolo mondiale, suggellato dalla vittoria finale in Messico. Quel titolo che sembrava fosse solo una formalità per Jim. Sono passati decenni da quel ’68 che sconvolse il mondo, altrettanti da quel gran premio di capodanno che molti definirono l’ultima gara del 1967. Ma col senno di poi un anno unico nella storia non avrebbe potuto aprirsi che con una corsa irripetibile a metà tra due epoche. Con il sigillo finale di un campione immortale di nome Jim Clark.
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