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Chiacchiere da Bar…bieri – Danilo Petrucci, la “classe operaia” nella Storia del motociclismo

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Negli ultimi anni non è stato semplice, per gli appassionati di motociclismo italiani, gioire del tutto quando si tratta di MotoGP, intesa come categoria regina del Motomondiale. Dal punto di vista dei piloti, che sono quelli che fanno più presa sul pubblico, possiamo dire che siamo gli eterni secondi: è dal 2014 che un pilota italiano è vicecampione del mondo. Non vi tornano i conti? Bene, facciamoli insieme: Stagioni 2014, 2015, 2016 – secondo classificato V. Rossi; 2017, 2018, 2019 – A. Dovizioso; 2020 – F. Morbidelli; 2021 – F. Bagnaia.

Chi è andato più vicino al bersaglio grosso, negli scorsi campionati, è stato indubbiamente il forlivese Andrea Dovizioso (tolta la nota stagione 2015) che, insieme all’Ing. Luigi Dall’Igna, ha riportato la Ducati a livelli eccelsi. Attualmente le motociclette prodotte a Borgo Panigale sono le più veloci del lotto.

Parlando di secondi però, c’è un centauro, già secondo pilota Ducati nel 2019 e nel 2020, che ha fatto sognare e che, purtroppo è stato dato per finito da molti. Parliamo di Danilo Petrucci.

 

Una gavetta “anomala” e l’apice

Il ternano è per me un autentico “operaio” del motociclismo, che con grinta, sudore e tanta passione, tutto condito da un indiscutibile talento, è arrivato al top. Ha fatto una gavetta nelle competizioni riservate a moto di grossa cilindrata che ha pochi precedenti nella storia contemporanea.

Nato nel 1990, cominciò con il minitrial e nel minicross per poi passare, dal 2006, alla pista. Non lo fece però con le classi leggere, come la 125. Andò subito nei monomarca 600, prima nella Honda CBR Cup poi nel trofeo Yamaha R6. Dopo alcuni anni con la divisione italiana della casa del diapason passò alle mille. Nel 2011 fu campione italiano del campionato Superstock 1000, con una Ducati 1098 R del Barni Racing Team, diventando vicecampione europeo nella stessa categoria.

Un giovane Danilo Petrucci nel 2011, ai tempi in cui militava nel Barni Racing Team (Source e copyright: worldsbk.com)

 

L’anno successivo venne il momento del grande salto: approdò in MotoGP nel team IodaRacing Project di quel Giampiero Sacchi, anche lui di Terni, che fece correre, tra gli altri, leggende della Motor Valley come Valentino Rossi, Loris Capirossi, Manuel Poggiali, Marco Simoncelli e Mattia Pasini. Il progetto era ambizioso e il pilota umbro, con la scuderia della sua città, si mise in mostra. Aveva un mezzo inferiore a quello della concorrenza, in quanto aderente con le regole CRT, nate per garantire una griglia più nutrita grazie ai costi limitati che questa tipologia di regolamento, parallelo ai prototipi delle scuderie ufficiali, permetteva. Nonostante ciò, in tanti notarono questo giovane ragazzo solare, appartenente al Gruppo Sportivo della Polizia di Stato.

Dopo altri due anni con Sacchi, tutto sommato soddisfacenti, il Pramac Racing, scuderia clienti di riferimento di Ducati, lo ingaggiò, affidandogli una Desmosedici dell’anno precedente. Già nella prima stagione il simpatico Petrucci conquistò un podio, partendo dalla diciottesima casella in griglia, nel bagnatissimo GP di Gran Bretagna 2015. Con quel risultato riportò la scuderia Pramac nella top 3 dopo otto anni e che regalò al pubblico del Belpaese una bella tripletta tutta italiana, con Rossi primo e Dovizioso terzo. Da lì fu un costante crescendo, per gradi, che lo portò nel 2019 a guidare per il Ducati Team, in coppia con Dovizioso. Uno spettacolo, la “classe operaia” è arrivata all’apice.

Petrucci nelle prime foto in rosso Ducati nel 2019 (Source: motociclismo.it, copyright Ducati)

 

Il successo effimero e i dubbi dell’opinione pubblica

L’apoteosi fu il 2 giugno 2019. Giorno della Festa della Repubblica e giorno del Gran Premio d’Italia, al Mugello. Che vinse. Il primo successo nel Mondiale, davanti al pubblico di casa. Dev’essere stato un autentico orgasmo, per il buon Danilo.

Si sa però, è difficile arrivare in alto, ma è ancora più difficile rimanere sulla cresta dell’onda. Presto cominciarono i primi attriti con Dovizioso e con Ducati Corse. A fine dell’anno arrivò sesto in classifica, con quasi cento punti in meno del compagno di squadra, il famigerato primo avversario, perché guida la tua stessa moto. Con un apporto leggermente migliore il Ducati Team avrebbe potuto vincere la classifica delle squadre, sfumata per soli tredici punti a vantaggio del Repsol Honda di Marc Marquez e del suo predecessore in sella alla Desmo ufficiale Jorge Lorenzo.

E’ evidente che qualcosa si ruppe e anche i tifosi, che tanto lo acclamavano fino a poco tempo prima, cominciarono a chiedersi il perché Petrucci sedesse su quella moto. Prima ancora dell’inizio, ritardato dalla situazione pandemica, del campionato 2020, Danilo aveva già le valigie pronte: nel 2021 avrebbe corso con la KTM ufficiale della seconda squadra, il team Tech3. Nel frattempo c’era una stagione da correre e in Francia Petrucci raccolse la sua seconda vittoria nella premier class. In campionato però giunse fuori dai primi dieci.

Anche con la moto austriaca le cose non andarono bene e già da giugno 2021 visse la stagione da separato in casa. A 31 anni non riuscì più a trovare un contratto per rimanere sulla punta della piramide motociclistica. A fine 2021 è quindi fuori dalla MotoGP. “Ho la sensazione di aver scelto la squadra sbagliata con Ducati e KTM negli ultimi due anni. Ho sbagliato. Quando mi guardo indietro, avrei dovuto fare diversamente”, dice ora il Petrux, con un futuro tutto da scrivere ma un presente da predestinato. E da uomo che sta facendo la Storia.

 

Un riassunto del 2019 di Danilo Petrucci (YouTube – MotoGP Videos; copyright to the owners)

 

Il nuovo, vecchio, mondo e l’ingresso nell’Olimpo dei Campioni

Un “operaio” che ha voglia di stare con i grandi non si piange addosso. Prende in mano il proprio talento, che lo ha distinto dagli altri colleghi, e decide di mettersi in proprio, raccogliendo i cocci dell’ultima sfortunata esperienza lavorativa per spiccare un nuovo volo.

Danilo Petrucci ha deciso di intraprendere una sfida che pochi suoi colleghi velocisti hanno osato anche solo valutare: partecipare all’edizione 2022 del Rally Dakar. Uno dei rally raid più estremi del motorsport e di certo il più famoso. E’ andato veloce sin dalle prime prove, in sella alla sua KTM 400. E’ andato talmente forte che gli specialisti della disciplina, nonché uno che sa come si vincono certe classiche, come Jacky Ickx, gli hanno dato lo stesso consiglio: “vai piano”.

Petrucci sembra un talento naturale e, nonostante gli imprevisti siano sempre dietro l’angolo, è diventato il 6 gennaio 2022 il primo pilota ad aver vinto un gran premio in MotoGP e una tappa alla Dakar. E’ entrato nella Storia, quel ternano con i ricci scuri e quel fisico non propriamente adatto alle corse su pista, che lottava in fondo allo schieramento della MotoGP con un mezzo che pareva una meravigliosa utopia, più che una motocicletta.

Danilo Petrucci E’ STORIA. Un esempio per tutti, nell’accettare le cadute e le sconfitte, nell’ammettere di aver sbagliato, di rialzarsi e continuare a correre, con il sorriso e l’ironia. Sempre più veloce, verso l’Olimpo dei Campioni. Perché quell’”operaio” è diventato fabbro del suo destino, un artigiano che fa magie grazie alle sue doti. Adesso sembra che lo cerchino tutti, anche chi, fino a poco fa, gli aveva dato una pedata nel sedere. Ha fatto capire nuovamente di che pasta è fatto, gridando al mondo quanto sia talentuoso e versatile.

Ora ha davanti la porta del gotha del motociclismo, ce l’ha lì: non gli resta altro che inserire le chiavi, aprire ed entrare. Perché un pilota così, con un talento così, una passione così, che ha fatto una gavetta così, non può conoscere limiti. Sono convinto che questa Dakar sia solo l’inizio per Petrux, verso un nuovo capitolo della sua carriera da sogno. Perchè a quasi 32 anni un pilota non può essere finito: prende la rincorsa, per spiccare di nuovo il volo.

Danilo Petrucci in volo sulla sua KTM nel deserto saudita della Dakar 2022 (Source autosport.com; copyright to the owners)

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