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Chiacchiere da Bar…bieri – Circuiti, curve storiche o tribune da fantascienza?
La pandemia ha cambiato il mondo, anche nel motorsport. Dal 2020 ad oggi i principali campionati mondiali motoristici, quali Formula 1, MotoGP e Superbike si sono trovati nella condizione di dover tornare a visitare alcune strutture considerate, in anni precedenti, non più in linea con le esigenze sempre crescenti delle rispettive competizioni.
Sono quindi tornati gli amati tracciati storici, richiesti a gran voce dagli appassionati nel passato, per la gioia del pubblico. Molti di questi autodromi, nonostante siano rimasti fuori da alcuni giri iridati per anni, come accaduto a Imola per la Formula 1, sono quindi ritornati sui teleschermi di milioni di spettatori. Non serve però essere un architetto di fama internazionale per capire che certi autodromi edificati anche un secolo fa, spesso in economia, non hanno infrastrutture paragonabili alle più recenti location, costruite con ingenti fondi. Questo nonostante gli investimenti fatti per aggiornare i sevizi accessori al tracciato, come la recente struttura box di Silverstone, i lavori in corso a Spa-Francorschamps o il nuovo centro medico dell’Autodromo di Imola.
Nei giorni scorsi su questo tema è intervenuto Laurent Rossi, CEO di Alpine: “Penso che si stia alzando l’asticella in termini di infrastrutture. Soprattutto quando sei ad Abu Dhabi, è tutto perfetto, è bello e hanno fatto le modifiche giuste al tracciato. Ora è molto meglio di prima, ai piloti piace. Yas Marina fa sembrare alcune incredibili piste un po’ vecchie e malandate. È fantastico correre a Monza e Silverstone, amo molto quelle gare. E’ necessario restare ai massimi livelli, perché gli altri probabilmente miglioreranno. Mi piace l’approccio alle nuove piste. Hanno conformazioni interessanti e infrastrutture sorprendenti. Per me è un modo interessante per far sì che in Europa non ci si riposi sugli allori“.
Le parole di un addetto ai lavori come Rossi non fanno tecnicamente una grinza. Da addetto ai lavori a mia volta, so benissimo che una struttura di ultima generazione può avere comodità che autodromi meno recenti non hanno. Capisco anche che le sempre crescenti esigenze dei team trovino un maggior soddisfacimento in impianti con servizi avveniristici. Concordo anche sul fatto che la sola storicità di un impianto non debba essere la foglia di fico usata da proprietari e organizzatori per colmare eventuali lacune sulle strutture. Anche il pubblico, insieme ai team, visita più volentieri un circuito tirato a lucido nel quale può vivere un’esperienza quanto più comoda e coinvolgente possibile.
Tuttavia, ritengo che anche le piste più recenti non debbano utilizzare la scusa delle strutture mirabolanti per giustificare altre carenze, come talvolta la bellezza del layout del tracciato. Nonostante ad Abu Dhabi ci abbiano messo una pezza nel 2021, ricordiamo bene le parole del 2009 di Kimi Raikkonen sul Yas Marina Circuit: “Le prime curve sono abbastanza carine, ma il resto è una merda!”. Considerando che di curve ce all’epoca ce n’erano ventuno, ci siamo capiti.
Credo sia abbastanza evidente come gli autodromi costruiti nel secolo scorso difficilmente possano essere al livello di quelli di nuova generazione, in termini di infrastrutture a corredo del solo tracciato. Prendo ad esempio l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, perla della Motor Valley, che è il tracciato che conosco meglio. Stiamo parlando di un impianto inglobato nel tessuto cittadino, seppur permanente. Alcuni interventi, a meno che di investimenti faraonici, sono quasi impossibili, a prescindere dalle volontà della proprietà. Il punto è uno: non si può chiedere ad un circuito storico di essere un’astronave concepita nel 2100. All’epoca si ideava un tracciato con crismi del tutto differenti, sfruttando le asperità naturali e senza preoccuparsi troppo della disponibilità di spazio circostante. Anche l’Autodromo di Monza, citato da Rossi, è inserito all’interno del bellissimo Parco della Villa Reale, che ne limita un’eventuale libera espansione. In Brianza non si possono svegliare domattina e decidere di tagliare cento ettari di bosco per creare una struttura di servizio per l’Autodromo Nazionale, tanto per essere chiari.
E’ interesse di tutti preservare i monumenti del motorsport, facendo sì che possano soddisfare le esigenze di tutti coloro i quali ne usufruiscono. I campionati, i marchi, le scuderie e i piloti hanno bisogno di continuare a correre sui circuiti che hanno fatto la storia degli sport motoristici. I tifosi hanno voglia di continuare a visitare dal vivo, (o vederle in TV) i teatri delle sfide che hanno consentito che gli uomini diventassero leggende. Dal mio punto di vista, è semplicistico dire che “gli autodromi storici devono stare al passo”. Ho già spiegato i motivi, occorrono molti soldi per farlo. Non ci si può limitare ad un ragionamento che si può sintetizzare con ”investite milioni di euro nelle strutture o sono c***i vostri, perché noi sceglieremo altre prospettive”.
Per gli animali c’è il WWF, che cerca di tutelare gli esemplari in via di estinzione. Anche nel motorsport dovrebbe esserci un ente simile, patrocinato e sovvenzionato perché no dalle grandi federazioni come la FIA e la FIM, che faccia sì che il patrimonio storico-culturale che abbiamo non si deteriori e non sparisca. Con questo non voglio dire che Imola, Monza o Silverstone siano come i panda. Sono impianti che hanno dimostrato di poter offrire servizi di primissimo livello. E’ inutile nascondersi dietro ad un dito però: non credo che la bellissima tribuna ecologica della Rivazza non offre le stesse opportunità delle tribune presenti ad Abu Dhabi. Se i principali attori del motorsport vogliono una convergenza sulle infrastrutture, è bene che diano una mano, invece di indicare sapientemente la strada per poi stare a guardare come i migliori umarell.
Le emozioni che possono riservare le pieghe di Imola non sono riproducibili in nessun’altra parte del mondo (Source: YouTube – Ferrari)
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