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Meteore: Mourad Meghni

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Le Petit Zizou”, così veniva chiamato il protagonista di questo nuovo episodio. Un paragone non sostenibile, un’etichetta che, come la nostra meteora dirà poi in un’intervista, non ti leva più nessuno.

Si tratta di Mourad Meghni, centrocampista francese naturalizzato algerino, classe 1984.

 

La storia di Meghni è una delle più popolari: il talento su cui tutti puntavano, che purtroppo non mantiene le aspettative.

Inizia a mostrare il suo talento a Clairefontaine, forse il più importante centro di formazione dei calciatori francesi. Il suo modo di giocare ricorda quello dei fenomeni del calcio mondiale: un tocco sopraffino, la classe nei movimenti, la dolcezza nel controllo e la potenza micidiale nel tiro.

Per chi lo guarda è impossibile non notare la somiglianza a sua maestà Zidane, complice anche quel 10 stampato sulla schiena e le sue origini algerine.

 

Nel 1999, a sedici anni, firma un contratto con il Cannes, dove, guarda caso, era cresciuto proprio Zizou. Il club tuttavia fallisce poco dopo, e Meghni rimane senza contratto. 

Solitamente questi talenti venivano presi dalle ricche squadre inglesi, sempre pronte ad accogliere le giovani promesse del calcio mondiale. La Serie A, in quegli anni, era però il miglior campionato del mondo, e il Bologna riesce così a concludere il grande affare. A confermarlo sarà poi il ragazzo, che in un’intervista dirà “da piccolo impazzivo per le reti delle porte italiane. Erano particolari, non so spiegarlo”.

I giornali francesi inveiscono: “L’affare Meghni imbarazza il calcio francese”, “La federazione deve tutelare i giovani talenti”, a dimostrazione delle attese verso il ragazzo.

 

In poco tempo Meghni mostra tutto il suo potenziale, non solo nella Primavera dei rossoblù: nel 2001, infatti, vince il Mondiale Under 17 con la Francia. Dopo il trionfo al Mondiale del ’98 e l’Europeo del 2000, in patria si parla già del futuro numero 10.

Poco dopo il successo al Mondiale, la rivista Don Balon lo inserisce al nono posto nella lista dei giovani più promettenti al mondo. Dopo di lui compaiono giocatori del calibro di Arjen Robben, Ibrahimovic, Maicon, Fernando Torres e Kakà.

 

Dopo due anni in Primavera, Meghni viene aggregato alla Prima Squadra. Al ritiro di Sestola i tifosi lo guardano come fosse la nuova star. Tutti si aspettano grandi cose.

In quell’anno il Bologna si posiziona a metà classifica, raggiungendo anche una finale Intertoto. I rossoblù erano squadra solida, con giocatori esperti soprattutto nel reparto offensivo, come Cruz e Beppe Signori. Proprio Signori, che non riusciva a pronunciare il nome Mourad, si inventa per Meghni un nuovo nomignolo: “Mulan

 

Meghni, a soli 18 anni, trova il suo primo gol tra i professionisti nella sconfitta contro il Como, con un bel tiro al volo sul secondo palo. Nello stesso anno segnerà anche nella trasferta a San Siro contro il Milan, concludendo con 8 presenze e 2 gol la stagione 2002-2003.

L’anno successivo arriva sulla panchina Carlo Mazzone. La concorrenza è alta e Meghni colleziona appena 12 presenze, quasi tutte da subentrato.

Se la tecnica sembra rimanere eccellente, quello che manca al giovane prodigio è sicuramente la fisicità. “Devo mettere ancora su peso, sembro ancora un ragazzino”, dice ai microfoni a fine anno.

 

Il terzo anno in rossoblù sembra quello della consacrazione. Meghni gioca e si mette in mostra, ma il Bologna vive una stagione decisamente negativa e retrocede.

Meghni entra nel mirino dei top club europei, in estate la Juventus e il Real Madrid tentano l’affondo, ma Gazzoni, allora presidente rossoblù, dice che non si muoverà per meno di 10 milioni.

A fine stagione, a sorpresa, Meghni finisce in prestito al Sochaux.

Incredibile, impensabile. Come può uno dei talenti più pubblicizzati, a soli 21 anni e reduce dalla sua migliore stagione in Serie A, finire in una squadra di mezza classifica in Ligue1?

Successivamente Meghni dirà che il suo più grande errore fu quello di non aver avuto un agente italiano che lo seguisse. Forse l’errore che gli costò la carriera.

 

La stagione in Francia si rivela un disastro: la squadra non gira e nemmeno lui. Finisce la stagione in ombra con 16 presenze e nessun gol. Di quella stagione deludente rimane solo un video, che mostra Meghni tentare un numero incredibile: riceve palla sull’esterno, si alza il pallone e con il ginocchio lo sposta verso destra per poi tentare un elastico con l’interno del piede.

Una pensata geniale, brillante, ma che, come la sua carriera, rimane tale: incompleta, insufficiente.

 

Finito il prestito, Mourad fa ritorno a Bologna, in Serie B, dove gioca una trentina di partite alternandosi nella posizione di regista con Lamberto Zauli.

A fine anno viene acquistato dalla Lazio, squadra che gioca la Champions League e che all’apparenza potrebbe sembrare il vero salto di qualità. Tuttavia, a Meghni viene sostituita l’etichetta del “Petit Zidane” con quella del “talento mancato”, segnato dunque al fallimento.

Dopo qualche buona prestazione si aggiungono i problemi fisici: Pubalgia, tendiniti, strappi muscolari, due operazioni chirurgiche alla rotula…

 

Con l’introduzione della legge che permette ai calciatori di giocare per la Nazionale di un paese in cui non si è nati, nel 2009 Meghni viene convocato dall’Algeria.

Con la Nazionale mette in mostra forse i colpi migliori della sua carriera, che gli permettono di trascinare la rappresentativa ai Mondiali del 2010, a cui però il nuovo eroe nazionale non parteciperà per un brutto infortunio al ginocchio.

 

Dopo una breve esperienza in Qatar sembra chiaro come le ginocchia non reggano più. Continuare a giocare è impossibile, ma a 31 anni è dura smettere.

Nel 2015 Meghni accetta la proposta del Constantine, squadra algerina che lo accoglie come nuovo idolo, dove termina la sua malinconica carriera.

 

In pochi, pochissimi si ricorderanno di “Petit Zidane”, su YouTube si possono trovare i video che mostrano ciò che per molti rimane uno dei più grandi rimpianti del calcio moderno.

I dribbling di suola, i tunnel ai difensori senza spazio per eseguirli, il tocco di palla così dolce… Tutto ciò che potevano portarlo sul tetto del mondo, ma che è rimasto perenne

 

 
 
 
 
 
 

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