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Il personaggio della settimana – François Cévert, per sempre giovane
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Essere parigini, ricchi, belli, colti, eleganti e veloci in Formula 1 vi sembra troppo? Forse sì, ma ad un essere umano è davvero accaduto. Quando nacque in una Parigi invasa dai nazisti, il 25 febbraio 1944, gli venne imposto il cognome della madre e non quello del padre, gioielliere ebraico fuggito in tenera età dalla Russia. Crebbe senza problemi economici, frequentò scuole di livello che gli donarono cultura ed eleganza. Aveva un futuro certo nell’alta società ma scelse il mondo delle corse per regalare alla storia il suo nome. Un nome che lo salvò dalle persecuzioni antisemite: François Cévert.
Da Parigi a Bologna
Quando la sorella si fidanzò con Jean-Pierre Beltoise, motociclista in procinto di passare alle quattro ruote, François restò folgorato dall’automobilismo. Si iscrisse alla scuola di guida del circuito di Montlhéry, mostrandosi un ottimo allievo. Nel 1966 conquistò il prestigioso “Volant Shell“ guadagnandosi in premio un’ Alpine-Renault con cui disputare l’intero Campionato Francese di Formula 3 senza sborsare un franco. In breve mostrò il suo talento e con una più competitiva Tecno si laureò campione nazionale nel 1968. I fratelli Pederzani non si lasciarono sfuggire un giovane così promettente e l’anno successivo Cévert arrivò nella Motor Valley per esordire in Formula 2 con i costruttori felsinei. Tanto per cambiare bruciò le tappe: primo podio a Pergusa e trionfo a Reims. Era una gara non valida per il campionato ma importantissima per la carriera del vincitore: il pilota giunto alle sue spalle rimase impressionato dal suo talento. Si chiamava Jackie Stewart. Pochi mesi dopo lo scozzese segnalò Cévert al suo team manager Ken Tyrrell, che con un francese sulla seconda monoposto poteva soddisfare lo sponsor Elf. In soli quattro anni François era già titolare in Formula 1.
Un breve filmato della gara di Formula 2 al Paul Ricard nel 1970 con la Tecno di Cevert in prima fila (mscheeres su YouTube)
Vincente in pista e fuori
Stewart divenne amico e maestro per il francese, che nel 1971 si ritrovò tra le mani una Tyrrell divenuta la vettura da battere. Cévert imparò del compagno e si mostrò un fedele gregario, maturando velocemente. Colse le prime piazze d’onore prima di vincere la gara conclusiva a Watkins Glen. Era il secondo francese dopo Maurice Trintignant a fare suo un Gran Premio mondiale. Dopo un 1972 condizionato da problemi tecnici, il 1973 si aprì con ottime premesse. La Tyrrell 005 si rivelò ai vertici, mentre nel Mondiale Sportprototipi François fu una pedina fondamentale per la vittoria della Matra Simca. Anche nella vita mieteva allori, diventando un personaggio per i giornali di “gossip“. Avvenente e raffinato, si muoveva ai comandi del suo “Piper” dopo avere conseguito il brevetto di volo. Oggetto dei desideri del pubblico femminile, gli venivano riconosciute due fidanzate storiche entrambe nobili, ricche e divorziate, ma il “flirt” più chiacchierato fu quello con la connazionale Brigitte Bardot. Nel frattempo colse ben sei secondi posti scortando Stewart nella conquista del terzo mondiale. Lo scozzese aveva pianificato la stagione da perfetto sceneggiatore: si sarebbe ritirato a fine anno negli Stati Uniti dopo la sua centesima gara in Formula 1. Informò solo Tyrrell per permettergli di cercare un secondo pilota perchè la prima guida sarebbe stato Cévert, maturo per il salto di qualità.
Un raro filmato del Gran Premio degli Stati Uniti 1971: unica vittoria per Cévert in Formula 1 (mscheeres su YouTube)
Watkins Glen, pista del destino
Il passaggio di consegne tra Jackie e François si tramutò in tragedia durante le qualifiche. Sabato 6 ottobre, all’ingresso delle “esse” di Watkins Glen, la Tyrrell 006 di Cévert schizzò da destra verso le barriere metalliche in uscita sul lato opposto. La monoposto si sollevò e ruotò su sé stessa tagliando la pista per atterrare e strisciare sulla lama metallica del guard-rail: un’arma che tagliò in due tronconi la monoposto straziando il corpo del pilota. Jody Scheckter, Carlos Pace e lo stesso Stewart piombarono sui detriti sparsi ed accorsero sulla scena di un dramma già consumato. Jackie si allontanò sconvolto, rimproverandosi di non avere dato un ultimo saluto all’amico. Il numero di gare da lui disputate si fermò a 99: perfezione mancata ad un passo dal finale. Non si trovò una vera causa per l’incidente, la cui dinamica appariva chiarissima. Tra tante congetture restò solo una certezza: qualche tempo prima una zingara lesse il futuro a François, annunciandogli che non avrebbe raggiunto i trent’anni. Morì a ventinove, sette mesi e undici giorni per restare eternamente giovane, bello e velocissimo nei ricordi di chi ama le corse. Come un eroe antico catapultato nel Novecento.
Immagini del Gran Premio degli Stati Uniti 1973. Gloria e tragedia per Cévert si mischiarono a Watkins Glen (Formula60 su YouTube)
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