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I racconti del commissario – Casale, la pista abbandonata
Inaugurazione con Cavallino
19 Marzo 1973. In quella giornata di fine inverno il silenzio tra i pioppeti in località Morano Po, sulle rive del fiume, è rotto dal rombo di un 12 cilindri “made in Motor Valley”. Alla guida di una Ferrari 312 B2 c’è il pilota titolare Arturo Merzario, chiamato all’inaugurazione di un nuovo autodromo il cui nome è dato dal centro abitato più famoso della zona: Casale Monferrato. C’è molta gente soddisfatta quel giorno al “varo” del nuovo nastro d’asfalto e lo stesso pilota comasco si dice ben impressionato dopo avere fissato il record della pista in 1’01″100 alla media di 145 km/h. Il nuovo autodromo è lungo 2460 metri, largo 11, spezzato da 8 curve (6 a destra e 2 a sinistra) e viene percorso in senso orario. Il tracciato sembra avere tutto per sfondare. All’apparenza breve e piatto, si rivela invece interessante, con curve di raggi differenti, una cornice paesaggistica incantevole ed è facile da raggiungere da Milano e Torino, oltre che da Francia e Svizzera. Da subito l’Italiano di Formula 3, il Challenge Ford Escort Mexico e il prestigioso Giro Automobilistico d’Italia fanno tappa in riva al Po, seguiti dai campionati auto svizzeri. Il mensile Quattroruote fa tappa fissa a Morano per le prove delle vetture stradali recensite.
L’inaugurazione dell’autodromo in un video dell’epoca con Merzario protagonista (Archivi Video su YouTube)
Una crescita costante
Tutto sembra procedere a gonfie vele: nel secondo anno di vita si disputano diciassette eventi con 2151 piloti impegnati in pista e 100000 spettatori complessivi. Nelle due stagioni successive si continua con la tendenza positiva e sbirciando tra gli elenchi iscritti si possono trovare nomi che negli anni seguenti avrebbero guadagnato notorietà mondiale come Piquet e Patrese, tanto per citarne un paio. Vista la più che positiva tendenza si avviano lo studio per un allungamento del tracciato a quattro chilometri totali in modo da ospitare competizioni internazionali. Nessuno poteva immaginare che prospettive così luminose fossero soltanto il preludio alla fine. Con una data ben precisa: 18 agosto 1977.
Il logo dell’autodromo che veniva riprodotto negli adesivi dell’epoca (Immagine Claudio Fargione)
Assassinio di una pista
Doverosa premessa: il circuito si snoda in un territorio di confine tra 2 comuni: il già citato Morano sul Po e Pontestura, il cui centro abitato è più vicino alla pista. Negli anni Settanta non ci si pone di certo il problema dei motori troppo silenziosi: gli scarichi sono liberi ed i motori ruggiscono possenti quasi quotidianamente in riva al “grande fiume” guareschiano portando preziosi introiti ai gestori della struttura. Mentre il comune di Morano è favorevole al potenziamento del circuito, gli abitanti di Pontestura manifestano il loro dissenso per il rumore continuo. Da qui ha inizio una storia tutta italiana, nel senso negativo del termine. L’indotto positivo in termini di turismo ed entrate per il territorio a volte non sembra essere una ragione sufficiente per favorire l’attività di pista nemmeno per autodromi ben più grandi, figuriamoci per una piccola struttura come quella piemontese. In quell’estate del 1977 il sindaco di Pontestura decide di agire in modo rapido ed efficace assecondando le lamentele dei suoi cittadini. Come? Mandando una ruspa a rimuovere un tratto di asfalto in modo da rendere inagibile la pista. Un’azione svolta in pieno periodo di ferie, senza troppi clamori, mentre la maggior parte degli italiani si gode le vacanze. Per l’Autodromo di Casale è iniziata la fine. Per i quattro anni successivi le discussioni per riportare in funzione la pista continuano a protrarsi, nel 1980 si procede alla riasfaltatura dell’anello e nel 1981 sulla stampa specializzata si parla ancora di una imminente riapertura. Purtroppo non sarebbe stato così.
Non scenda l’oblio
Da allora il circuito versa nel più totale abbandono, allagato dalle acque del Po nelle fasi di piena eccezionale, coperto dalle erbacce e con le infrastrutture piombate in un degrado tale da renderne impossibile il riutilizzo. La torre di controllo che permette la visione totale del tracciato è oramai uno scheletro di metallo e cemento dove solo una stinta scritta “Fiat-Abarth” resiste come un reperto archeologico del lontano passato fatto di gare e motori. Oggi la pista è ancora lì, completa e visibile ma in un terreno dichiarato Parco Fluviale, fatto che ne rende la riqualificazione altamente improbabile da un punto di vista burocratico. Le istanze per una riapertura si susseguono ancora oggi in una regione come il Piemonte che è culla dell’automobile in Italia ma è priva di un suo circuito. Esiste anche un gruppo Facebook di appassionati che chiede la riapertura dell’ autodromo preservandone la memoria storica, ma ad oggi la pista vive solo nella loro infinita passione. Che, statene certi, non farà mai morire quel piccolo circuito sbocciato dal nulla tra i pioppeti del Po e subito svanito, lasciando in bocca il sapore amaro di ciò che stava per essere e invece non sarebbe mai stato.
In un video ripercorriamo la storia del circuito di Casale dai giorni delle gare all’abbandono di oggi (Tare Motori su YouTube)
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