Bologna FC
Meteore: Luciano Eriberto
Ne abbiamo già parlato: l’età nel calcio è qualcosa di fondamentale. In particolare oggi, dove i giovani non trovano spazio e a 25 anni sono ancora considerati delle “promesse”.
Che ci si creda o no, ci sono casi in cui, per una ragione o per un’altra, alcuni giocatori hanno mentito sulla propria età, così da poter avere maggiori possibilità in un mondo così spietato come quello calcistico.
Pensiamo ad Anthony Yeboah, ex calciatore ghanese di Leeds e Amburgo che, dieci anni dopo il suo ritiro, ha raccontato di essere più giovane di due anni; oppure a Taribo West, ex Inter e Milan, che, se pur negato dal calciatore, pare essere classe 1962, e non 1974 come suggerisce la sua carta d’identità “ufficiale”. Dodici anni in più e non sentirli.
L’esempio più celebre, tuttavia, lo ricordiamo per le sue esperienze a Bologna e Chievo Verona. Il suo nome? Aspettate e vedrete…
Luciano Siqueira de Oliveira nasce a Rio de Janeiro il 3 dicembre 1975. Il calcio gli scorre nelle vene e come tutti i bambini il suo sogno è quello di diventare un calciatore. La vita, però, non da a tutti le stesse possibilità: Luciano, infatti, viene da una famiglia molto povera e durante l’adolescenza rimane orfano di entrambi i genitori.
All’età di 21 anni, si, davvero 21 anni, lo approccia un faccendiere che, sbalordito dal suo talento calcistico, gli propone un cambio di identità, così da poter prendere parte a dei provini che, avendo già superato i vent’anni, non gli sarebbero stati concessi.
Ad aprile del 1996 Luciano diventa Eriberto e la sua data di nascita viene spostata al 21 gennaio 1979, prendendo ufficialmente l’identità di un contadino brasiliano.
Tornato quindi diciottenne, Eriberto viene tesserato dal Palmeiras, dove gioca per due stagioni.
Il suo nome inizia a circolare anche oltreoceano e nel 1998 l’allora DS del Bologna Oreste Cinquini lo acquista per 5 miliardi di lire.
Il “diciannovenne” brasiliano approda in Italia e trova subito la fiducia di Mazzone, che lo schiera per la partita di Coppa Intertoto vinta dai rossoblù.
Il 12 settembre fa anche il suo esordio in Serie A contro il Milan e il primo gol in massima serie arriva il 31 ottobre 1998 nella partita contro il Venezia: a pochi secondi dal termine della partita viene fischiato un calcio di punizione a favore dei lagunari. Sul punto di battuta si presenta Buonocore che aspetta la salita anche dell’estremo difensore per tentare un ultimo assalto. Eriberto recupera il pallone e parte in contropiede in una corsa di ottanta metri prima di segnare nella porta sguarnita.
Durante la sua esperienza in rossoblù, tuttavia, non mancano anche le disavventure: dopo una serata quanto meno allegra in una discoteca bolognese, prima tampona un’auto senza fermarsi a prestare soccorso e poi percorre in contromano i viali, sbattendo contro un’auto in sosta.
Nel 2000, dopo 54 partite e 4 gol realizzati in tutte le competizioni, Eriberto viene ceduto in comproprietà al Chievo, in Serie B, per due miliardi di lire. A Verona viene esaltato dal 4-4-2 di Gigi Delneri, che gli permette di sfoderare tutto il suo potere fisico.
La stagione successiva, ottenuta la promozione in Serie A, viene ricordata come “l’anno del Chievo dei miracoli” che, grazie anche alle grandi prestazioni di Eriberto, si posiziona 5° in campionato.
Durante l’estate avviene un altro siparietto: la Lazio, in cerca di un esterno di livello, mette gli occhi sulla nostra meteora. I biancocelesti offrono ben 18 miliardi al club veneto e un contratto di 5 anni per l’ala brasiliana. Sembra tutto fatto, ma in poco tempo l’operazione salta, perché il giocatore è fuggito in Brasile per risolvere delle questioni personali.
Naturalmente, la ragione di tale viaggio è ormai chiara: il giocatore brasiliano non può più vivere nella menzogna, soprattutto dopo la nascita del primogenito, a cui sarebbe stato affidato il cognome di un altro.
Il 22 agosto 2002, dunque, la dichiarazione che stravolge il mondo del calcio: “Il mio vero nome è Luciano, non Eriberto. E non ho 23 anni, ma 26. Sarei potuto andare alla Lazio e guadagnare più soldi, ma non posso più fingere e voglio che mio figlio, almeno lui, si chiami col suo vero nome”.
Inutile dire che questo episodio scoppia in un caso mediatico: Luciano rischia addirittura il carcere poiché il contadino a cui aveva preso il nome tenta di fargli causa per danni morali contro di lui.
La punizione, tuttavia, arriva solo dalla giustizia sportiva, che lo squalifica per un anno “per avere volontariamente tenuto una condotta non conforme ai principi della lealtà, della probità e della rettitudine, nonché della correttezza mortale e materiale”.
Successivamente però, in seguito all’ammissione di colpevolezza e al suo pentimento, la squalifica viene ridotta a 6 mesi.
Luciano, scontata la pena, torna a giocare nel Chievo ed è come se fosse rinato: quel peso su di lui è finalmente scomparso e nella seconda parte di stagione colleziona 16 presenze e un gol in campionato.
Durante l’estate 2003 viene ceduto in prestito all’Inter, dove però il rendimento non convince.
A gennaio fa quindi ritorno al Chievo, dove rimane per altri 9 anni e mezzo diventando, con 316 partite in tutte le competizioni, il 6° giocatore con più presenze in campionato con i clivensi.
Nella stagione 2013-14, dopo essere passato al Mantova, in Lega Pro, decide di ritirarsi dal calcio giocato.
C’è una frase celebre di un film, che qui cito ma non menziono, che dice “Ognuno di noi nasce due volte, la seconda è quando ci si guadagna il posto nel popolo, per sempre”.
Se pur la carriera di Luciano non sia stata all’altezza di quella di Eriberto, si è conclusa guadagnandosi il posto nel cuore dei tifosi gialloblù, che lo ricorderanno per sempre con il suo vero nome.
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