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Il personaggio della settimana – Mike Hawthorn
John Michael Hawthorn conosciuto comunemente come Mike è stato il primo campione del mondo britannico in Formula 1 e lo ha fatto alla guida del cavallino della Motor Valley, la Ferrari
Nel suo mondo
Biondo, alto e quel viso che traspariva un età diversa da quella anagrafica. Questi erano i lineamenti che caratterizzavano l’inglese. Innamorato della velocità e dell’adrenalina fin da ragazzo, si avvicinò al mondo delle corse nel 1950 arrivando a correre in Formula 1 giusto due anni dopo nel 1952. Debuttò in un circuito storico quello di Spa-Francorchamps chiudendo la gara al quarto posto. Di lui si diceva che fosse capace di assorbire tutto quello che gli succedesse intorno sviluppando una concentrazione tale che niente poteva distrarlo, soprattutto dalla guida. Quando guidava poteva succedere qualsiasi così o imprevisto ma il suo corpo era pronto a rispondere meccanicamente a tutto, in modo da non perdere mai il controllo della vettura. Era un amante della lettura. Il suo autore preferito era Wodehouse, in particolare si dilettava nel leggere le storie di Bertram Wooster e il suo maggiordomo Jeeves. Quando si dedicava alla lettura sprofondava in un mondo parallelo. Portava con sé sempre un libro da leggere anche durante i weekend di gara e nei momenti di pausa in cui i meccanici si prodigavano per sistemare o riparare la vettura lui si sedeva sul muretto vicino ai box e leggeva. Anche in quei momenti si immergeva completamente nella storia con una concentrazione unica che gli faceva poi esternare senza rendersene conto le emozioni che provava scorrendo tra le parole della storia. Hawthorn da buon pilota era anche un appassionato della pura velocità. Per lui gareggiare senza trovare il limite non aveva senso, anche per strada. L’aveva nel sangue così come la spregiudicatezza come caratteristica innata. Anche quando guidava fuori dai circuiti per semplice divertimento, non poteva accettare di non sentire le gomme sotto la sua auto graffiare l’asfalto e stridere mentre il veicolo si intraversava e lui di controsterzo ne controllava ogni singola oscillazione senza sforzarsi più di tanto.
L’ombra
Enzo Ferrari lo notò in quelle poche apparizioni fatte nella sua stagione di debutto in Formula 1 e nel 1953 lo portò in Ferrari. Per la rossa corse anche nelle stagioni successive fino al 1958, con la parentesi del 1956 nella quale si divise tra BRM e Vanwall. La sua carriera con il cavallino però fu martoriata da un ombra che in quegli anni calava spesso sui circuiti del circus. Nei suoi anni in Ferrari ebbe a che fare con la scomparsa di molti suoi compagni di squadra. Da Castellotti a Portago fino a Musso e al suo caro amico Peter Collins. Scomparsa che lo toccò moltissimo. Già nei campionati a ruote coperte gli erano capitati episodi alquanto brutti. Nel 1955 alla 24h di Le Mans fu coinvolto nell’incidente che provocò la morte di Pierre Levegh e di 83 spettatori. La dinamica della carambola fu alquanto intricata. Hawthorn mentre superava Macklin vide una comunicazione del box per rientrare. Frenò bruscamente per non superare l’ingresso pit lane deviando così la traiettoria di Macklin contro la Mercedes di Levegh. Dopo l’impatto l’auto tedesca prese il volo andando oltre il terrapieno che separava il pubblico dalla pista. I detriti finirono contro gli spettatori causando 83 morti tra cui Levegh stesso e molti feriti. La gara tuttavia non fu interrotta per permettere ai soccorsi di trovare le strade libere ed arrivare in tempo. Alla fine quell’edizione fu vinta da Mike che dopo la gara fu indagato, ma il tutto si risolse in un incidente di gara, come giusto che fosse, nonostante sia ricordato come uno degli incidenti più brutali nel mondo delle corse.
Il primo Campione del Mondo Britannico
L’anno dell’iride arrivò nel 1958. Un anno funesto per la Ferrari che perse Luigi Musso nel Gran Premio di Reims e anche Peter Collins, grande amico di Hawthorn. L’inglese scomparve durante il gran premio di Germania al Nurburgring. Dopo essere uscito di strada la sua Ferrari si cappottò più volte non lasciando scampo a Collins che non riuscì ad arrivare a Bonn per le cure necessarie. Mike rimase devastato da quella gara, dopo aver perso un vero amico. I due britannici avevano rapporto ad oggi molto raro quando due piloti condividono il box. I due cavalieri della regina, invece, dopo le gare amavano andare a bere insieme così come in pista quando uno dei due si accodava all’altro nel massimo del rispetto chi rimaneva dietro si travestiva da guardaspalle per tutta la durata della corsa. La gara successiva quando Mike vinse la prima sua prima tappa della stagione sul tracciato francese di Reims, a perdere la vita fu Luigi Musso, nell’ennesimo incidente mortale. In quell’anno il massimo avversario di Mike fu Moss con la Vanwall. L’inglese con la rossa però fu in grado di infilare una serie di secondi posti che alla fine gli consentirono di portare a casa il titolo di campione del mondo. L’ultimo fu quello in Marocco a Casablanca quando Phill Hill suo nuovo compagno di squadra e pilota Ferrari per il 1959, arrivato dietro a Moss che stava vincendo decise di lasciare il posto a Hawthorn consentendogli così di prendere i punti necessari per conquistare il mondiale. Dopo quella stagione Mike disse basta con la Formula 1 e le corse. Troppo provato dalle scomparse dei suoi compagni di pista e quella dell’amico Peter per proseguire con le gare.
Life is too short
Eppure quasi per uno scherzo beffardo del destino lui la vita la perse in auto, sulla sua Jaguar pochi mesi dopo. Precisamente il 22 gennaio 1959. Si stava dirigendo a Londra in quella giornata umida e tipicamente inglese. Era con il suo amico Rob Walker e i due si stavano sfidando con sorpassi e controsorpassi lungo la strada che li portava alla capitale. Mike non poteva sopportare di stare dietro ad una Mercedes, quell’auto che tanto odiava. Un po’ perché gli aveva dato filo da torcere con Fangio al volante sulle piste di Formula 1 e un po’ perché una Mercedes era quella coinvolta nell’incidente di Le Mans e anche perché le auto tedesche erano le nemiche per eccezione delle macchine inglesi e quindi si trattava di una questione di orgoglio nazionale. All’improvviso una curva gli si parò davanti, troppo tardi per sterzare e la macchina si intraversò di colpo. Da quel momento il buio. Sulle cause della sua morte se ne dissero molte, ma una rimane la più plausibile. Hawthorn soffriva di una malattia ai reni, che non gli avrebbe lasciato molto da vivere e che fin da giovane gli provocava grossi dolori e difficoltà alla guida. Forse la sua vita non sarebbe durata ancora per molto e per questo Mike non poteva sprecare neanche un attimo di essa, nemmeno lungo un viaggio che lo portava ad un impegno nella Big Smoke perché per lui regnava un detto che era sovrano: “Life is too short”.
On board con Mike Hawthorn e la sua Jaguard D-type a Le Mans per la 24h – Copyright: YouTube, Duke Video
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