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L’altro spogliatoio: il Monza di Raffaele Palladino

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Acquisire consapevolezza, confermare quanto di buono fatto vedere nelle ultime uscite, dare uno strappo alla classifica e allontanarsi rapidamente dalle pericolose sabbie mobili della graduatoria. Il Bologna ha tanto da guadagnare in questo Monday Night contro il Monza che, fino alla serata di venerdì a causa delle note vicende di cronaca, era stato in dubbio.

Di fronte ci sarà un avversario che, a prescindere dalle assenze ed eventuali deficit di preparazione della partita (venerdì la squadra non si è allenata) e stati di ansia e shock dovuti all’aggressione subita dal difensore dei brianzoli Pablo Marì, sarà molto pericoloso per via degli importanti valori tecnici che la faraonica campagna acquisti fatta dall’AD Adriano Galliani ha portato alla rosa del Monza. I biancorossi sono già passati attraverso un cambio di guida tecnica, salutando Giovanni Stroppa, allenatore che ha conquistato la promozione in Serie A, e promuovendo alla guida della prima squadra il tecnico della formazione Primavera Raffaele Palladino (già giocatore in Serie A di squadre come Juventus, Genoa e Parma).

L’avvicendamento Stroppa-Palladino è stato più che altro un modo della proprietà di dare la scossa con una nuova interpretazione del credo tattico di Stroppa. La rosa, cambiata in maniera radicale rispetto alla passata stagione, esigeva una rivoluzione anche in panchina. Rivoluzione avvenuta: dopo l’addio di Stroppa, che aveva lasciato la squadra con un solo punto in classifica, i brianzoli hanno collezionato 4 vittorie nelle successive 6 partite, 5 nelle ultime 7 se si considera anche il passaggio del turno in Coppa Italia.

COME GIOCA IL MONZA? La formazione di Palladino gioca con un classico 3-5-2. Ruoli e mansioni ben definite, ben equilibrata con abilità tecniche non comuni per una squadra neopromossa.
In fase di possesso i biancorossi affidano la partenza della loro azione alla costruzione bassa, in tre centrali, aiutati da uno dei centrocampisti (di solito l’ex Inter Stefano Sensi) fanno uscire il pallone dalla difesa palla a terra. In questa fase i due esterni di centrocampo, a sinistra Carlos Augusto e a destra Patrick Ciurria (sono i titolari fissi da quando Palladino siede sulla panchina della prima squadra brianzola) per dare spazio alla manovra e offrire una soluzione al regista. Quando Sensi e i difensori superano la prima linea di pressing, una delle mezzali (Pessina) va a riempire la zona centrale della trequarti, mentre la seconda punta (di solito Caprari, ma può alternarsi con il centravanti a seconda di chi viene scelto per affiancare l’ex Roma di partita in partita) viene incontro all’azione, sempre sulla trequarti per creare superiorità numerica in quel settore del campo tra difesa e centrocampo avversari. Quando il Monza verticalizza sulla trequarti, cerca poi di allargare la manovra, prevalentemente sul settore di destra, dove Ciurria, esterno offensivo prestato a fare l’intera fascia, è un ottimo interprete del gioco associativo e cerca scambi con i trequartisti per arrivare sul fondo e crossare. Non sempre ovviamente è possibile, quindi il Monza, spesso si affida sulla trequarti alle giocate di Caprari e Sensi, con Pessina più dedito all’attacco dell’area di rigore. La squadra di Palladini cerca infatti di attaccare con più uomini l’area di rigore (l’esterno sinistro, Carlos Augusto, quando la manovra si sviluppa efficacemente a destra, taglia in area) perché non ha un vero e proprio bomber: nessuno tra Petagna, Gytkjaer e Dany Mota è un finalizzatore da 15/20 reti e per questo Palladino cerca di sfruttarne le singole caratteristiche di partita in partita.

NON POSSESSO. Molto meno complessa la fase di non possesso del Monza. Con tre centrali che non cercano mai l’anticipo, la squadra di Palladino, quando perde palla in avanti cerca la riaggressione immediata con attaccanti e centrocampisti. Fallito il primo pressing, la squadra va in transizione negativa, scalando da 3-5-2 a 5-4-1 con i due esterni di centrocampo che diventano terzini aggiunti, Caprari scala sulla fascia, mentre una delle mezzali copre l’altro estremo del campo. Diventa dunque una squadra attendista, che bada a fare densità e coprire al meglio le zone di campo in cui potrebbero essere sorpresi.

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