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Chiacchiere da Bar…bieri – L’altra gara di Seb
Ieri Sebastian Vettel ha corso la sua ultima gara in Formula 1. Tutto il weekend ha avuto un tasso emotivo abbondantemente oltre soglia, sia per il tedesco, sia per i suoi colleghi del paddock, con piloti e team che gli hanno tributato addii commoventi e regali di congedo autografati.
Sebastian Vettel è stato uno dei migliori piloti della sua generazione e, con il passare degli anni, è diventato anche un comunicatore eccezionale, oltre il mondo delle corse. Proprio come il suo rivale Lewis Hamilton, Vettel è stato protagonista di un’evoluzione quasi sconvolgente. Da ragazzino arrembante e scapigliato, ribelle agli ordini di scuderia e tutto macchina e garage, ad atleta impegnato, ambasciatore delle pari opportunità, dell’ambientalismo, dei diritti delle donne nei paesi arabi.
La metamorfosi di Vettel è stata sotto gli occhi di tutti e, quel ditino, ora che se ne va mancherà a praticamente tutti. La triste verità su Vettel, come di altri che un tempo sono stati cannibali e poi, con l’età, rimangono cannibali ma diventano man mano inoffensivi, messi all’angolo dal nuovo che avanza, è che è diventato simpatico quando ha smesso di vincere.
Tante volte, nelle pagine dei commenti sotto gli articoli dei siti web specializzati italiani, dal 2010 al 2014 ho letto “quel ditino mettitelo nel c**o”. È triste riconoscere il valore di un rivale solo quando non è più pericoloso. È triste che Sebastian Vettel sia stato inondato dal giusto affetto solo ora, da quando è infognato in una lotta a centro gruppo che non gli appartiene.
Sarebbe stato giusto che l’affetto gli fosse arrivato da tutti e mi metto in prima linea a fare mea culpa, quando visse il periodo di maggiore difficoltà, tra il 2018 e il 2019, quando sembrò perdere il suo smalto in quella via di fuga del Motodrom a Hockenheim. Invece no. Lì non era il campione che se non c’è lui la Formula 1 non è più la stessa. In quei giorni era quello che guidavano meglio di lui stuoli di nonne italiche, chiamate impropriamente in causa dai classici esperti da divano, che se vedessero da vicino il dashboard di un volante di una F1 potrebbero al massimo stare a fissarlo come una mucca guarda il treno che passa.
Ieri però non ero particolarmente emozionato, lo ammetto. Semplicemente avevo preso atto che il protagonista di questa storia, ovvero Seb stesso, ha deciso di chiudere il libro per aprirne un altro. A dire la verità, questo nuovo capitolo della sua vita mi incuriosisce particolarmente. Al momento possiamo fare solo delle ipotesi su ciò che sarà il futuro di Vettel, sempre più lanciato nella sensibilizzazione sui grandi temi d’attualità, quelli citati prima. “There is still a race to win”, questo il suo slogan dal giorno dell’annuncio del ritiro in avanti. Giorno che ha coinciso con il suo approdo sui social network, lui che ne sembrava allergico. Questa gara che vuole vincere, dico io, deve essere davvero importante se ha deciso di fare un passo così grande, per lui così restìo a una certa esposizione mediatica.
Sono molto curioso di questa nuova gara che vuole vincere Vettel e non vedo l’ora di saperne di più. Credo che, per i motivi che lui stesso si è dato nella sua mente, il suo tempo in Formula 1 fosse terminato. Lo ha detto lui stesso, semplicemente ritirandosi. Ora ha altri interessi, per primo la sua famiglia. E trovo anche una lieve mancanza di rispetto della sua scelta da parte di Fernando Alonso e Lewis Hamilton quando dicono “tanto ritornerà”. Può essere, ma al momento la sua scelta l’ha fatta. Non possiamo pretendere che tutto sia eterno. Il mito non può continuare a scriversi per sempre, altrimenti finisce per sbiadirsi. Il mito, ad un certo punto, è giusto che venga congelato, possibilmente al massimo del suo splendore. Solo così può diventare leggenda. E Vettel, e questo è un dato indiscutibile, da ieri lo è.
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