Calcio
Racconti Mondiali – Boban, Suker e i “Vatreni” croati (2/3)
Zvonimir Boban, Robert Prosinečki, Davor Šuker e Robert Jarni all’alba del giugno ’98 indossano la divisa a scacchi, la classica divisa a scacchi bianca e rossa che diventerà un marchio di fabbrica dei Vatreni, forse la primissima cosa che viene in mente quando si cita la nazionale croata, come il dragone per i gallesi o i galletti per i cugini d’oltralpe. Ma quei quattro ragazzi hanno indossato anche una casacca diversa, dai colori diversi, quando diversa era anche la bandiera che sventolava sulla scuola di quartiere e l’inno che cantavano in classe.
La divisa, infatti, si tingeva di blu e rispondeva ai voleri di un uomo, un dittatore, chiamato Josip Broz Tito.
Il maresciallo aveva preso il controllo della Jugoslavia nel dopoguerra, instaurando un governo socialista che si poneva a metà tra i voleri sovietici e quelli occidentali, ma che con questi ultimi non aveva nulla che spartire in termini di tolleranza, violenza sistematica e problemi di democrazia interna.
Negli anni ’80, con la sua morte e una grave crisi economica in atto, la Lega dei Comunisti di Jugoslavia si avvia pian piano verso una progressiva dissoluzione, che tuttavia avviene in modo tutt’altro che pacifico. Infatti, nonostante la Croazia si dichiari formalmente indipendente già nel ’90, emanando un proprio governo e una propria costituzione, viene trascinata in una sanguinosa guerra contro l’esercito serbo-jugoslavo controllato da Milosevic, che sconvolge il paese (e l’intera zona balcanica) seminando ovunque morte e distruzione per quattro lunghissimi anni.
Della nazionale che il 25 ottobre ‘87 all’Estadio Nacional di Santiago del Cile si laurea campione mondiale Under-20, dopo aver eliminato il Brasile ed entrambe le Germanie, rimane ormai solo uno sbiadito ricordo, impregnato (anche) del talento di quei quattro ragazzi citati poco sopra e del rigore decisivo calciato proprio da Zvone Boban. La realtà di qualche anno dopo vede invece la selezione jugoslava, impegnata a Zagabria nell’ultima amichevole pre-Italia ’90 contro l’Olanda, venire sommersa dai fischi degli abitanti dell’odierna capitale croata.
La spedizione italiana non è un successo, ma sembra essere l’ultimo dei problemi a fronte di un periodo in cui, oltre la politica, nella penisola balcanica sembra dissolversi tutto.
Tuttavia, è proprio attorno allo sport che l’orgoglio nazionale, questa volta fieramente croato, si compatta ed esalta le imprese dei suoi campioni, che si muovono soprattutto tra il basket e il tennis. A livello calcistico invece, sebbene l’indipendenza sarebbe stata sancita ufficialmente solo l’anno successivo, la nazionale allenata dal tecnico Drazan Jerkovic fa il suo esordio assoluto già nell’ottobre del ’90, in cui affronta e sconfigge gli Stati Uniti, ma dovrà aspettare ben sei anni per la prima apparizione all’interno di una competizione internazionale.
Riconosciuta dalla FIFA solo nel ’92 e dalla UEFA nel ‘93, la selezione croata chiuderà l’Europeo d’Inghilterra ’96 con un insperato quarto di finale e degli ottimi auspici per il futuro, potendo contare su talenti del calibro di Asanovic, Bilic, Stimac, Stanic, Vlaovic, Tudor e Simic, oltre ai già citati Suker, Boban, Jarni e Prosinecki.
Il percorso verso il mondiale francese si rivela però estremamente tortuoso, complice soprattutto una difesa pericolante, rimanendo in bilico sino all’ultima giornata, quando la combinazione della vittoria in Slovenia e della sconfitta greca contro la Danimarca significano il secondo posto e l’accesso ai play-off. Qui, dinanzi all’Ucraina di un giovanissimo Shevchenko, i croati sfoderano una solidissima prestazione all’andata, con un 2-0 che ipoteca il passaggio del turno, e a cui nulla può il pari rimediato dagli avversari nel match di ritorno.
Il sorteggio per la fase a gironi, che si tiene nel mese successivo, sembra sorridere maggiormente ai croati. Oltre alla big del calcio sudamericano dal colore albiceleste, la nazionale ora allenata da Miroslav Blazevic si ritrova nel proprio gruppo altre due esordienti assolute, Giamaica e Giappone, promettendosi di battagliare quantomeno per il passaggio del turno.
Il 14 giugno, allo stadio Bollaert-Delelis di Lente, i Vatreni muovono i loro primissimi passi all’interno di una Coppa del Mondo, e davanti ai giamaicani di Deon Burton non perdono la testa portando a casa un solido 3-1, mandando in goal per la prima volta il futuro capocannoniere Suker. Proprio l’attaccante del Real Madrid si renderà ancora decisivo sei giorni dopo, quando andrà a decidere la complicata sfida col Giappone al ’77 facendo esplodere i supporters croati e rendendo indolore la sconfitta contro l’Argentina per 1-0 nell’ultima partita del girone.
Il 30 giugno a Bordeaux va in scena un match tutto est-europeo tra Croazia e Romania, in un inedito ottavo di finale che vede l’apparizione di un’altra outsider, data per spacciata in un girone comprendente Inghilterra e Colombia e poi clamorosamente vinto contro ogni pronostico.
I croati giocano un ottimo primo tempo, sugellato però solo al termine dalla marcatura, neanche a dirlo, dell’ormai solito Suker, che porta in vantaggio i suoi dopo aver calciato un rigore per ben due volte (in seguito, interrogato sul perché si fosse portato una mano sul collo prima di tirare il secondo, rispose che fu per controllare i battiti cardiaci e sapere se letteralmente “avesse ancora il controllo della situazione”). Il resto della partita scorre senza particolari preoccupazioni per i croati, che anzi si permettono anche il lusso di sbagliare diversi gol, non subendo mai la pressione romena e limitandosi alla gestione finale del risultato.
La mattina seguente, con il giungere di luglio sembra anche giungere una nuova, diversa consapevolezza all’interno dell’ambiente croato. La squadra c’è, lo spirito ancor di più. Si può ancora far bene, ancora stupire, ancora andare avanti. E anzi, allo scoprirsi del tabellone sembra potersi aggiungere anche qualcos’altro all’ambizione del gruppo: un relativo spirito di vendetta. Da affrontare, infatti, c’è quella Germania che appena due anni prima agli Europei inglesi si era resa protagonista di un quarto di finale intriso di polemiche culminate con l’espulsione di Stimac. Adesso, circa ventiquattro mesi dopo, Boban e compagni hanno l’opportunità di gettare ancora una volta il cuore oltre l’ostacolo. E non tradendo le loro attese, la partita sarà invece molto diversa da quella che si aspetteranno i ragazzi guidati da Klinsmann e Matthaeus.
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