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Il Semaforo Rosa – Jutta Kleinschmidt

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Vincente tra le dune

Nell’albo d’oro delle donne che hanno compiuto grandi imprese non poteva mancare la regina del deserto, colei che ad oggi è l’unica quota rosa ad aver conquistato una Parigi Dakar, la storica gara sullo sterrato. Abbiamo raccontato delle vere icone della pista, dei rally e una star americana che hanno scritto la loro storia con determinazione e coraggio. Quelle caratteristiche che nelle donne sono spontanee perché sanno che per conquistarsi qualcosa devono sudare due volte più degli uomini e forse non basta. Non è diversa la storia di Jutta Kleinschmidt che ha combattuto con il coltello tra i denti per guadagnarsi un traguardo storico che ancora oggi resiste.

Appassionata di motori e fuoristrada fin da giovane, la sua carriera non inizia con le quattro ruote. Infatti a diciotto anni acquista una moto per competizioni fuoristrada e inizia così la sua scalata fino ai vertici delle competizioni off road. La prima partecipazione alla Dakar arriva a ventisei anni e per le prime tre edizioni gareggia nella categoria a due ruote. Esordisce nel 1988 con una moto sua conterranea: la BMW ma purtroppo la sua prima edizione assoluta finisce con un ritiro. Ci riprova nel 1992 e nel 1994. Prima dando continuità a quanto fatto al debutto e seguendo il suo percorso con la moto bavarese, mentre per la terza edizione, nonché la sua ultima in sella, decide di puntare su KTM. Termina entrambe le edizioni arrivando nella top 25.

Scelta d’oro

Nel 1995 decide di dare una svolta alla sua carriera e passa alle quattro ruote. Quella sarà la sua più grande fortuna. Esordisce in coppia con Lohmann su un Mitsubishi Pajero riuscendo a finire la sua prima Parigi Dakar in macchina. Con le auto riscontrerà più successo di quanto potesse immaginare tra le dune, tanto da scrivere non solo la propria ma una pagina importante per la competizione stessa che rimane unica. Il primo podio arriva nel 1999 in coppia con Maria Cristina Thorner. Un equipaggio tutto al femminile deciso a prendersi di forza e grinta un risultato glorioso. Ma l’apice arriva per Jutta nel 2001 quando corona il sogno di una vita. Insieme ad Andrea Schulz, navigatore tedesco di esperienza, riesce a vincere la Parigi Dakar, non un tappa, ma si piazza prima nella classifica generale. Un giorno che le rimarrà impresso per tutta la vita e che oggi la consegna ancora alla storia come l’unica donna ad aver portato a casa la vittoria del rally raid più famoso di sempre. Dopo quello storico traguardo Kleinschmidt non si ferma. L’anno successivo nel 2002 arriva seconda sempre in coppia con Schulz prima di formare un’altra coppia tutta al femminile con Fabrizia Pons. Insieme all’italiana conquista l’ultimo podio nel 2005 con la Volkswagen. La sua apparizione finale nell’iconica corsa fu nel 2007 insieme alla già conosciuta Tina Thorner su una BMW X3 CC.

Nel suo palmares vanta anche due coppe del mondo rally raid nel 2000 e 2001 e una vittoria nell’ Italian Baja vinta nella sua stagione d’oro.

Combattente

Molto spesso nella mia vita le circostanze mi erano contrarie, ma con molto impegno, perseveranza e la giusta strategia sono riuscita a raggiungere i miei obiettivi. La formazione in ingegneria e il mio lavoro mi hanno aiutata molto a diventare una delle donne di maggior successo nel settore del motorsport

In questo suo motto si legge perfettamente quello che è il carattere e il temperamento dell’ex pilota tedesca che ha sempre dimostrato di non sapersi arrendere alle prime difficoltà ma di perseverare per raggiungere i traguardi che si era sempre preposta. Jutta nel suo presente è molto impegnata nel ecosostenibilità anche legata ai motori e si batte in prima persona per un mondo più verde ed ecologico. Un’icona del motorsport che può essere di esempio a tutte le ragazze che iniziano un percorso nei motori, come altre sue colleghe. Oggi il mondo dei rally raid sta ancora cercando l’erede di Jutta e chissà che nella generazione che avanza non ci sia già chi arriverà a quel record già storico.

Speciale su Jutta Kleinschmidt realizzato dall’organizzazione della Dakar – Copyright: YouTube, Dakar

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