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Gazzetta dello Sport – Arnautovic:”Bologna è il posto giusto dove crescere le mie figlie”

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Il fascino di Bologna ha stregato anche Marko Arnautovic, che lo racconta in una lunga e interessante intervista, rilasciata a Sport Week della Gazzetta dello Sport.

Marko si è raccontato, passo dopo passo, narrando il suo percorso professionale fin dall’inizio, insieme all’importanza della sua famiglia, sottolineando e riconoscendo come da giovane fosse una testa calda:”In gioventù combinavo casini, facevo cazzate, facevo tutto quello che mi passava per la testa. Adesso invece sono sempre a casa, non mi vedrete mai fuori in giro la sera. Le mie figlie mi hanno cambiato, ho grosse responsabilità. Il venerdì sera se non sono in trasferta con la squadra giochiamo a carte o a Monopoli“.

E il senso di responsabilità lo si percepisce sia quando gioca, nei confronti dei suoi compagni di squadra, sia nei confronti della sua famiglia, un senso di responsabilità che, ammenettendolo, non aveva ancora maturato: “Da giovanissimo pensavo che solo mio padre e mia madre potessero rimproverarmi. “Chi cazzo sei? Che cosa vuoi? Non sei mio padre” ero solito rispondere all’allenatore di turno quando mi ammoniva per qualcosa. Adesso invece rimpiango la disciplina che non ho avuto. David Moyes al West Ham è stato l’unico a cambiarmi la testa. Non so davvero come abbia fatto. Mourinho mi chiamò all’Inter, ma anche a Milano assieme a Balotelli facevamo casini, scherzi e dispetti ai compagni di squadra“.

Nelle parole di Marko c’è il racconto di tutti i passaggi come calciatori che lo hanno fatto crescere, dai primi calci nel Florisdorfer dove aveva incominciato ad appassionarsi al gioco del football, insieme al fratello, alle squadre europee di cui ha fatto parte, fra cui il Twente, l’Inter di Josè Mourinho, il West Sam e il Bologna di Joey Saputo.

Cominciai nel Florisdorfer, mio padre aveva un ristorante lì vicino. Era arrivato dalla Serbia e quando ero piccolo vivevamo in quattro in 23 metri quadrati col bagno esterno. Poi ci trasferimmo in una zona migliore dove papà prese il ristorante. Lavorava tantissimo, io e mio fratello giocavamo nel Florisdorfer e andavamo in discoteca tutte le sere, spesso, dopo una partita persa, finivamo in mezzo alle risse. Quella era la nostra vita, perchè noon ne conoscevamo una diversa. Avevo talento ma nessuno mi volva. Austria e Rapid mi rispedirono al mittente. Al Florisdorfer, il mio allenatore dell’epoca mi chiese di provare ad andara a giocare in Olanda al Twente. Mi ritrovai in campagna in mezzo alle galline e alle mucche: nessun locale, negozi, vita. Sono rimasto due anni perchè mi pagavano bene. Dal Twente  sarei dovuto andare al Chelsea. Poi arrivò la Lazio, eravamo d’accordo su tutto, fino a quando non mi ha chimato Mou per portarmi a Milano, volevo giocare con il mio idolo Ibrahimovic…peccato che se ne andò al Barcellona

La chiusura è una carezza per la nostra città, riconoscendole la qualità di vita che può permettere alle sue figlie di crescere: “Questo è il posto giusto dove crescere le mie figlie. La città è organizzata e la gente rispettosa. Poi il clima: fino a due mesi fa giravo in mezze maniche. E il cibo: da nessuna parte si mangia come in Italia e e adoro i tortellini.”

E ci sono parole importanti anche per la Società e per i suoi compagni: “Di Vaio dice che sono un esempio in campo e fuori? I leader sono altri: Medel, Soriano, De Silvestri. Lascio parlare loro. Io non parlo nello spogliatoio, io parlo in campo“.

Siamo sicuri che Marko Arnautovic, dopo tutte le voci di mercato di quest’estate,  non voglia invece chiudere qui la sua carriera?

 

 

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