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Calcio

Racconti Mondiali – 29 giugno 1958, il mondo ai piedi di O Rei (1/3)

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La storia della Perla Nera e dei Mondiali di Svezia

Nel 1958, il paese si stringe attorno a Domenico Modugno e alla sua “Nel blu dipinto di blu”, mentre assiste allo scoppio di quello che verrà poi definito “miracolo economico italiano”. Le case chiuse vengono chiuse per sempre con la Legge Merlin, a Roma nasce ufficialmente la Comunità Economica Europea e in Francia si tiene il Referendum sulla Quinta Repubblica.

Nel resto del mondo, in un clima da piena guerra fredda, si gettano le basi per la corsa allo spazio che avrebbe occupato il decennio successivo: l’impresa dell’anno è il sottomarino Nautilus che compie il primo viaggio della storia sotto la calotta del Polo Nord, costituendo una prima risposta USA al lancio dello Sputnik sovietico.

A Cuba, intanto, si combatte per la rivoluzione, e si avvicinano le ultime fasi del conflitto che vedono il Movimento del 26 luglio in netto vantaggio. Nel frattempo, viene impiantato il primo pacemaker, nasce il microchip, e lo scrittore russo Nabokov pubblica, a Parigi, lo scabroso romanzo Lolita.

Sul fronte calcistico, al finire degli anni ’50 si può indubbiamente affermare che la FIFA, liberata dalle ingerenze di Jules Rimet (che, oramai anziano, s’era auto-relegato alla posizione di presidente onorario), si stesse globalizzando, cercando di ampliare i propri confini di controllo. Tuttavia, gli 80 membri presenti all’epoca rappresentavano ancora poco realtà come l’Asia o l’Africa, che ne contavano rispettivamente 18 e 5, e in risposta il tentativo compiuto è quello di protendersi verso una struttura-confederazione (osteggiata invece da Rimet). Nel 1954 nascono quindi UEFA e AFC, due anni dopo la CAF, mentre CONCAF e OFC dovranno aspettare il decennio successivo.

L’edizione della Coppa del Mondo viene contesa, tra le altre, da Argentina, Cile e Messico, ma alla fine a spuntarla è la Svezia. La scelta del paese scandinavo segue in perfetta prosecuzione rispetto a quella elvetica di quattro anni prima, in virtù dello spirito neutro e non divisivo riconosciuto dalla comunità internazionale e della qualifica di realtà non allineata nell’ambito della guerra fredda. Proprio quest’ultimo particolare, ad esempio, consente la partecipazione dell’Unione Sovietica, costituendo una novità assoluta.

 

Ad ogni modo, come prevedibile in relazione agli anni vigenti, le qualificazioni sono ricche di polemiche e attraversate da svariate tensioni politiche internazionali.

In Algeria si forma la nazionale costituita dal Fronte di Liberazione Nazionale, che causa la sospensioni di Marocco e Tunisia colpevoli di avervi giocato contro in amichevole. In Asia, le situazioni non sono meno scottanti: la Repubblica di Cina non intende giocare contro l’RPC, che non riconosce come paese, mentre più a sud, a seguito del ruolo avuto da Israele nella crisi di Suez tutte le rivali si rifiutano di scendervi in campo assieme, e alla fine, la squadra mediorientale viene eliminata dal Galles in un ulteriore spareggio organizzato ad hoc dalla FIFA.

Protagonista delle qualificazioni è tuttavia l’Italia, già due volte campione del mondo, che per la prima volta nella storia manca l’appuntamento mondiale. Fallisce nel percorso designato nonostante le modeste Portogallo e Irlanda del Nord, con dietro storie assurde come il maltempo che impedì a un arbitro di dirigere la gara coi nordirlandesi e la polemica sugli oriundi agitata dal senatore Andreotti.

A livello organizzativo, pur mantenendo il tipico distacco nordico, i vertici del paese svedese vedono nella coppa una discreta opportunità di visibilità internazionale. Tuttavia, scelgono una strada imperniata sulla semplicità e l’equilibrio, al fine di permettere lo svolgersi di un torneo senza particolari problemi di sorta nonché un compromesso tra esigenze locali e globali, con partite aperte anche a stadi da 10.000 spettatori. Viene tuttavia usato il doppio degli impianti rispetto all’edizione del 1954, e la sfida tra Stoccolma e Göteborg per il predominio locale è vinta dalla seconda città, che si aggiudica la costruzione di quello di punta (il Nya Ullevi, costato 31 milioni di corone).

Come detto, la prima novità del Mondiale di Svezia è senza dubbio la presenza dell’URSS. Inserita in un girone apparentemente invalicabile con Brasile e Inghilterra, è proprio la selezione sovietica ad eliminare gli inglesi nello spareggio decisivo valevole il passaggio del turno, vedendosi spegnere il sogno solo poi dalla Svezia agli ottavi.

Grande aspettative si muovono sull’Argentina, priva però degli italiani Sivori, Maschio e Angelillo, quindi eliminata prematuramente non prima di un’umiliante sconfitta per 6-1 inflitta dalla Cecoslovacchia.

Fallisce l’appuntamento del ’58 anche l’Ungheria, altra squadra su cui erano riposte molte aspettative dopo la finale raggiunta quattro anni prima, ma che nel frattempo aveva affrontato la dura repressione alla rivoluzione del ’56 e lo stesso esodo di molti calciatori.

 

La Francia conclude classificandosi al terzo posto e mettendo in mostra la stella di Just Fontaine, protagonista indiscusso della coppa assieme a Pelè con tredici reti in cinque partite (record tuttora imbattuto).

Stupisce la Svezia, che raggiunge la finale richiamando uomini chiave precedentemente esclusi come Liedholm, Hamrin, Selmosson, Skoglund e Gustavsson, ma a colpire su tutte è indubbiamente il Brasile.

La squadra verdeoro si presenta come la selezione ampiamente più moderna, per gioco espresso e preparazione della squadra. Il formidabile trio d’attacco può contare sulla fantasia di Garrincha, sulla tecnica di Vava e sull’esplosività del diciassettenne Pelè. A completare la categoria dei giocatori dominanti, Didi e Zagallo. L’oliatura di una selezione composta da campioni è affidata all’allenatore Vincente Feola, che ne mette a punto la struttura collaudata e invincibile incamminata verso il trionfo finale. Tra gli altri, a risaltare è il talento sconfinato del giovane ragazzo di Três Corações, che incanta il pubblico giunto da tutta Europa con giocate altisonanti e sei reti realizzate, mettendo a segno una storica doppietta anche nella finale che vede la Seleçao sconfiggere i padroni di casa svedesi e venir ufficialmente lanciata come la squadra più forte del pianeta.

 

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