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Il Semaforo Rosa – Ilaria Cheli da pilota a Team Manager

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Ilaria Cheli è un ex pilota motociclistica con una fiamma incontrollabile che arde per i motori. Oggi dopo dieci anni da pilota è una Team Manager di Terra e Moto, una piccola realtà che corre nel CIV. Ma nel suo curriculum vanta anche tre anni nella 300 del Mondiale SBK insieme alla sua squadra e tantissima esperienza dalla quale i suoi piloti possono imparare per poi mettere in pratica in pista per andare più forte di tutti.

Ma partiamo dai suoi inizi:Ho cominciato a correre con le minimoto a otto anni quando è arrivato il boom delle minimoto grazie a Vittorazzi, poi sono passata alle ruote alte a 14. A sedici anni nel 1994 gareggiavo nel campionato Sport Production femminile con un Aprilia 125cc. Siamo partiti tutti da lì io, Valentino Rossi, Marco Melandri, Dovizioso è arrivato dopo. Dopo due anni hanno cancellato il campionato per scarsa presenza quindi mi sono spostata nella SP maschile per un anno, poi due anni di Challenger Aprilia, con la stessa moto tra il 98-99. Poi sono passata alle GP, con una Honda 125cc due tempi e ho fatto il trofeo Honda fino al 2004. Lì ho raggiunto il mio risultato più soddisfacente: un quarto posto al Mugello con 42 colleghi maschi. È valso molto di più del titolo o delle gare vinte nel femminile”.

Da dove nasce questo amore irrefrenabile per le due ruote?

È una passione di famiglia. Mio babbo correva ed aveva una piccola officina a Faenza in Via Cavour. Quando sono uscite le minimoto, mio babbo l’ha comprata subito e una volta salita in sella è stato amore”.

Da ex pilota motociclistica come vedi il cambiamento della figura femminile nel mondo dei motori e in particolare delle due ruote?

I tempi sono cambiati. La differenza è abissale per quanto riguarda l’approccio. Una volta le donne anche per strada in moto erano quasi zero. Avevi un eccezionalità. Il fatto che io andassi in moto era una cosa unica e rara. Ora è diventata più la normalità. Tante ragazze si avvicinano alla pista. Una grossa differenza c’è anche nella rivalità con gli uomini rispetto al passato. Lo vedo nella Women’s Cup. Anche il mio pilotino che fa la 300 non gli fa differenza se una ragazza arriva davanti. Una volta non era accettabile che un uomo in uno sport prettamente maschile stesse dietro ad una donna. Al giorno d’oggi iene vissuto più come una normalità perché è cambiata la generazione. Sintomo anche di una mentalità più aperta.”

Come viene vissuto l’essere donna nel motorsport?

Avere gli occhi puntati addosso come donna pilota è difficile, ma soprattutto come manager. Quando ti devi rapportare con un ambiente per la maggior parte maschile e vai in Dorna o in direzione gara al CIV ti guardano con la faccia come a dire «Cosa vuoi capire che sei una donna». Ci ho messo qualche anno, ma la situazione è cambiata e ti vedono come una mosca bianca con delle qualità. Ora riesco tranquillamente ad avere un dialogo con tutti ed un rapporto di stima reciproca

Come mai oggi si vedono poche ragazze venire fuori dalle categorie minori? Magari una questione fisica?

Non è una questione fisica assolutamente. Si allenano tutti allo stesso modo. È una questione di testa. Freddezza e cattiveria che l’uomo ha. La ragazza è più timorosa e ci pensa due volte prima di stendersi, farsi male o buttarsi in uno spazio di due millimetri. Le ragazze si allenano tanto come i ragazzi. Il motociclista non fa pesistica, fa allenamenti di velocità reazione ed equilibrio. Più diventi muscoloso e più sei teso nella moto, invece nella moto devi essere molto elastico. Per questo la differenza fisica non è così rilevante quanto quella mentale.”

Ilaria Cheli nel 2000 in un podio tutto al femminile nel Trofeo Honda 125cc – credits to Ilaria Cheli 

Lanciando uno sguardo al passato è vero che le 2 tempi di una volta erano molto più difficile delle attuali 4 tempi?

“Il vero pilota di moto per me è quello che guidava la 2 tempi come le vecchie 500. Perché lì non ci sono controlli di trazione ma era tutta questione di polso. Vedevi dei lanci paurosi ma era molto più complicato di adesso. I piloti di oggi farebbero fatica a guidare le vecchie moto, te lo scrivo nero su bianco. Chi ha guidato il due tempi è più avvantaggiato sul quattro, al contrario un pilota abituato alle moto di oggi fa fatica con quelle di una volta. Il quattro ti permette di sbagliare di più. Per questo fare paragoni tra le varie epoche non serve a niente. Oggi salendo di categoria ci sono sempre più controlli ed elettronica che rendono più semplice la guida, per questo una categoria come la Moto3 dove c’è ancora poca elettronica è la più difficile del mondiale.”

Ilaria ci spiega molto bene questo spunto con un esempio che guarda anche alle moto elettriche e allo stile di guida che varia da quelle classiche a combustione: “Nella MotoE non c’è controllo di trazione. Molto spesso fanno highside per questo. La potenza è tanta e quando spalanchi si sente tutta. Dove c’è i controlli tu apri ma fa tutto la centralina; non ti fa pattinare, ti fa mantenere in linea…della serie sono capaci tutti. Paradossalmente la MotoE è difficilissima. Pesa una quintalata, la pesistica è tutta spostata in avanti e per questo anche la frenata è molto più lunga della MotoGP. La geometria della moto è completamente differente a causa del pacco batteria, che pesa molto di più, al posto del serbatoio. È tutta un’altra guida. Sono due cose completamente diverse

Perché hai deciso di buttarti nel mondo manageriale?

Quando uno ha una passione fa fatica ad abbandonarla. Se l’hai dentro ti rimane. Non ce l’avrei fatta a chiudere del tutto. Quindi nel 2004 dopo aver appeso il casco al chiodo ho deciso di buttarmi nella carriera da Team Manager, poi se andava male al massimo avevo perso un anno. Ho capito che bene o male la gente mi conosceva perché avevo la mia storicità di anni nelle gare. Avevo credibilità nel paddock e con calma è nato tutto”.

Il risultato più soddisfacente da quando sei alla guida del tuo team?

Tutti i risultati sono una soddisfazione per me. I ragazzi del team sono tutti come figli miei. Mi chiamano zia, un po’ in tutto il paddock perché si è instaurato un bel rapporto che esula dal ruolo del capo che non voglio mai far pesare. Per me è fondamentale aver costruito un ambiente familiare soprattutto con la mia squadra. La cosa più grande che condividiamo è la passione per questo mondo perché tutti abbiamo un altro lavoro e quindi questa realtà la viviamo da veri appassionati. Anche con mio fratello Mirko abbiamo scommesso sulla sua passione e oggi fa il meccanico per il Team Go Eleven nel Mondiale SBK”.

Ilaria Cheli nel ruolo di Team Manager del Team Terra e Moto insieme al suo pilota Giuseppe che compete nel trofeo Aprilia 660 – credits to Gorini Photo

Una delle difficoltà da Team Manager è confrontarsi con un mondo che costa sempre di più e con sempre meno sponsor. Come è cambiato questo ambito da rispetto a tanti anni fa?

Prima c’erano tante piccole aziende che stavano bene e investivano anche nelle piccole realtà. Oggi gli sponsor che investono sono di solito grandi e ricche realtà che stanno bene ma che vogliono credere in puntare su squadre affermate come quelle del Mondiale. Quindi alla fine noi ci autofinanziamo con quello che pagano i piloti. In questo modo però se capita un anno in cui fai il passo più lungo della gamba, poi è difficile rientrare. Ormai anche le moto sono uno sport per ricchi in Italia. Per esempio in Spagna costa tutto molto meno perché uno degli sport principali a livello nazionale. È più accessibile anche all’appassionato e questo semplifica tutto.”

Hai mai pensato di dire “Ora smetto”?

Quasi tutti gli anni dico basta. Ma la passione è come una droga. Arrivo a ottobre che sono sfinita e mi chiedo chi me lo ha fatto fare. Con la passione non mi arricchisco però poi mi rendo conto che senza questa carica la mia vita sarebbe completamente piatta. Mi faccio un esame di coscienza e mi dico: cosa faccio? Mi basterebbe il mio lavoro sentirmi pienamente soddisfatta della mia vita? Dopo tutto l’indotto ti porta a vivere di questa passione continua per i motori. Vai a vedere allenamenti, test, fiere….non ne puoi fare a meno”.

Programmi ed obiettivi per il 2023?

Quest’anno facciamo nuovamente il Torneo 660 Aprilia con Giuseppe che lo scorso hanno è arrivato quarto con vari podi ma solo perché limitato da un problema al braccio a causa del quale gli ultimi tre giri non ce la faceva più a guidare. Sono convinta che senza quel problema avrebbe vinto il campionato. Quest’anno possiamo toglierci grandi soddisfazioni. Il più piccolo invece che farà la 300 ha 18 anni e al momento ha bisogno di fare esperienza. Questa stagione gli servirà per questo”.

Come vivi l’attesa della partenza dai box?

Nel box i primi anni tutte le volte che partivano mi mettevo a piangere dietro ai miei occhiali neri. Non so il perché, ma come partivano mi saliva una roba che non riuscivo a controllare. Poi mi è passato. Non entro in griglia, mai. Nonostante i miei ragazzi mi reclamino come ombrellina, ma preferisco rimanere fuori perché le persone che sono dentro con il pilota vanno più che bene”.

Ma torniamo all’Ilaria pilota. Tipologia di pista preferita?

Preferisco Donington o Mugello perché sono rotondeggianti rispetto ai circuiti stop and go. Al Mugello l’Arrabbiata si fa dare del lei, soprattutto la seconda in salita. È una curva cieca e non vedi la pista. Sai la traiettoria, dopo averla masticata un po’ e quella deve rimanere. Se la prendi un metro più avanti sei fuori, ma te ne accorgi dopo. Non vedi cosa c’è di là. Anche la Casanova Savelli è speciale. Hai una sola traiettoria e chiunque faccia qualcosa di diverso perde tempo. È una goduria, da brivido”.

Ilaria Cheli insieme a tutto il suo Team Terre e Moto al Mugello durante un weekend del CIV – credits to Gorini Photo

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