Bologna FC
Pellissier: «Sartori riesce a leggere ciò che ad altri sfugge»
Sergio conosce molto bene Giovanni: hanno convissuto a Chievo per 12 lunghe stagioni, il primo come Dirigente e poi Direttore Sportivo, il secondo come giocatore simbolo di una squadra che rappresentava un quartiere di Verona, ma che nei primi anni del loro binomio erano riusciti a trascinarla fino ai preliminari di Champions (lasciata poi dopo una sconfitta con il Levski), quasi un sogno che si avverava per una realtà che era rimasta comunque piccola.
Sergio conosce molto bene Giovanni e di lui può parlare solo bene («Giovanni pensa solo ed esclusivamente al lavoro, al bene della squadra per cui lavora»). Un uomo d’altri tempi si direbbe, a cui è cara l’idea di dedicarsi con anima e corpo alla Società per cui lavora («bisticcia anche con i suoi amici, se di mezzo c’è il bene del Club»).
Sergio lo conosceva (e conosce) molto bene e a lui era (ed è) affezionato («io avevo un rapporto ottimo con lui…Beh adesso è ancora migliore! Proprio perchè prima litigavamo in continuazione: lui stava dalla parte della Società e ragionava in quell’ottica senza spostarsi di un millimetro»).
L’oggi di entrambi è un legame forte e convinto («Adesso siamo veramente legati, è un piacere chiacchierare e confrontarsi con Lui»).
L’intervista stuzzica l’ex attaccante clivense e lo invita all’approfondimento («Il Suo talento è trovare il giocatore giusto per quel determinato allenatore in quella determinata Società»), perchè Sergio ha visto operare Giovanni da vicino e ne ha colto le profonde capacità («Sartori riesce a leggere ciò che ad altri sfugge»).
Così come si attenta a descrivere il suo momento attuale a Bologna («In rossoblù ci sono tanti giocatori bravissimi e che la gente non sapeva manco chi fossero. Un nome su tutti: Joshua Zirkzee»).
Già Joshua, sotto i riflettori da inizio campionato, ora ancora di più, da quando è arrivato in doppia cifra con le marcature, un attaccante come lui; ma Sergio ha parole al miele anche per chi attaccante non è («Mi piace anche Freuler, che Giovanni si è riconquistato dopo averlo avuto all’Atalanta»).
In quel “Giovanni” c’è tutta l’ammirazione per l’amico, con cui ha condiviso spogliatoi e trasferte: ma rimane sempre un uomo riservato, che non ha mai amato i riflettori dei grandi palcoscenici e gestire più situazioni allo stesso tempo («Giovanni ama andare a vedere le partite e scovare i giocatori. E’ attento alle questioni economiche, certo: anzi se gli dai un importo da spendere, lui spenderà sicuramente meno. Ma non credo abbia intenzione di andare a crearsi lui il budget e controllare i conti»).
Proseguendo, per dare un’idea del personaggio, Sergio ricorda anche le prime esperienze con Sartori: in particolare ricorda quel suo primo contratto col Chievo che il ds gli fece tanto sudare («Era il primo contratto che ho firmato quando sono rientrato dalla Serie C. Mi sono trovato nella sede del Chievo con Oscar Damiani, che era il mio procuratore, e con Giovanni. Il ds mi aveva offerto meno di quello che prendevo in Serie C! Glielo feci notare: direttore, ma così firmo al ribasso… Lui non fece una grinza: “Certo, ma io ti offro l’opportunità di esordire in Serie A”. Quel modo di fare mi rimase impresso»).
Un grande gestore, Giovanni, ma anche un direttore severo, critico, al quale comunque l’attuale presidente della Clivense chiede consigli per risolvere le questioni più complesse («Mi ha insegnato tanto nella gestione delle situazioni, anche agli estremi… Adesso ogni tanto gli chiedo qualche consiglio. Se ho un dubbio, una questione da risolvere lo chiamo per capire cosa farebbe lui: si impara sempre da chi è più bravo di te»).
Infine, Sergio chiude l’intervista con un suo sogno nel cassetto: vedere Sartori disposto ad aiutarlo nella sua impresa di riportare il Chievo in campo, per dare sollievo a tutte le persone che hanno amato, come loro, quei colori («Io glielo sto dicendo da anni! Solo che finché farà così bene nel professionismo vero difficilmente potrà abbandonarlo per venire da noi. Ma mi auguro di tornare presto tra i professionisti e spero che lui possa dire: basta con questo stress, torno a casa. Questa società è di tutti quelli che hanno amato quei colori, quella favola»).
Fonte: Fabio Riva, TuttoSport
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