Motor Valley
Italjet Buccaneer, Sol Levante della Motor Valley
Al Salone di Milano del 1972 è il Buccaneer 125 della Italjet a rubare la scena: mentre la stragrande maggioranza delle moto dell’epoca montano motori monocilindrici, semplici ed economici, la casa bolognese sorprende tutti con un innovativo propulsore a due cilindri; una collaborazione tra il Giappone e la Motor Valley che si rivelerà decisamente di successo.
Bicilindrico nipponico
Ciò che separa il Buccaneer dagli altri modelli della concorrenza è proprio il suo propulsore: si tratta di un bicilindrico due tempi Yamaha a cinque rapporti da 125 cc, in grado di erogare una potenza di 15 cv, che spinge il Buccaneer ad oltre 120 km/h. Sono risultati prestazionali decisamente sopra la media per il mercato motociclistico italiano dell’epoca, che nei primi anni Settanta si stava solo affacciando al mondo dei bicilindrici; insieme al Buccaneer, le prime proposte con propulsori di questo tipo arrivano da parte di Benelli e Malanca. Il divario di potenza con i motori monocilindrici degli anni Sessanta e Settanta è netto: questi infatti faticano a raggiungere i 12 cv; l’ascesa del Buccaneer indurrà molti concorrenti a lavorare in questa direzione.
Il progetto di Leopoldo Tartarini, patron della Italjet, prende forma grazie a un accordo stretto sul finire degli anni Sessanta: la casa bolognese diventa infatti importatrice ufficiale della Yamaha per l’Italia; in questo modo, Tartarini ha la possibilità di aggirare i contingentamenti imposti sulle moto provenienti dal Giappone. Oltre al motore, anche l’impianto elettrico è di provenienza nipponica; il telaio invece viene fabbricato in Motor Valley, così come le sospensioni firmate Marzocchi. Le linee e le forme riprendono quelle del Grifon 650 Californian, altro modello Italjet, fortemente ispirato dalla cultura motociclistica d’oltreoceano. Sia per la sua estetica, sia per il sound inconfondibile del suo propulsore, il Buccaneer diventa in poco l’oggetto del desiderio di tutti i giovani appassionati italiani.
In pista
Un motore così è destinato a scendere in pista: proprio con il Buccaneer, la Italjet fa il suo debutto nelle competizioni. Fin da subito, il Buccaneer 125 motorizzato Yamaha sbaraglia la concorrenza nel Campionato Italiano Junior: anche l’Aermacchi, all’epoca la moto da battere, deve piegarsi. Tra 1973 e il 1975 la moto della Italjet viene portata al successo per tre anni consecutivi, prima da Marino Maspes, poi da Domenico Battilani, e infine da Giorgio Avveduti. Tartarini sceglie di schierare solo quattro moto ufficiali, dando però la possibilità a tutti i piloti di acquistare un kit di preparazione per 200.000 lire, in modo da poter gestire autonomamente la propria moto.
Gli ultimi anni di produzione
Anche grazie ai diversi aggiornamenti che riceve, il Buccaneer si dimostra piuttosto longevo, sia in strada che in pista, dove rimane competitivo grazie alle nuove componenti che lo mantengono al top della classe. Le modifiche sono sia estetiche che tecniche: nel 1975 viene installato un nuovo motore, sul quale viene rivista la distribuzione delle lamelle, in grado di erogare 3 cv in più rispetto all’originale. Tra il 1976 e il 1979 viene sottoposto invece a restyling sia estetici che meccanici: vengono installate l’accensione elettronica e il miscelatore automatico, oltre che due freni anteriori; viene inoltre abbassato il manubrio e introdotta una sella a codino.
Sul finire degli anni Settanta, ne viene interrotta la produzione: in realtà, dal punto di vista tecnico il Buccaneer è ancora estremamente attuale, ma l’interesse dei giovani, che vira con decisione verso le moto da fuoristrada, induce la Italjet a cambiare direzione; il Buccaneer, di cui vengono prodotti quasi 3000 esemplari, passa senza dubbio alla storia come il modello di maggior successo della casa bolognese.
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