Motor Valley
John Kocinski, la paura di non farcela
Aggressivo e tenace, con uno stile di guida da “All in”. In pista per lui valeva tutto, l’importante era arrivare davanti ai suoi avversari. La sua enorme ambizione era ciò che gli dava energia per fare sempre meglio e arrivare il più in alto possibili. Eppure dietro a cotanta sicurezza, si nascondeva la fragilità di un pilota che non si è mai sentito abbastanza forte.
Follia Americana
John Kocinski, pilota americano nato nella città di Little Rock, ha stupito colleghi, appassionati e addetti ai lavori con il suo talento. Ciò di cui era capace sulle due ruote, in pochi lo sapevano replicare. La sua attitudine nell’abituarsi rapidamente alle diverse moto che ha guidato, lo rendevano un avversario tosto da battere in ogni categoria. Questa sua abilità fu cruciale anche in tutti i suoi debutti, nei quali stupì per i risultati che sapeva raggiungere. La prima volta che si fece notare era sulle minimoto e chi rimase colpito fu nientedimeno che Kenny Roberts, il quale da qual momento lo prese sotto la sua ala, aiutandolo ad iscriversi ai primi campionati.
Il suo esordio nel motomondiale avvenne nel 1988 in 250cc in sella ad una Yamaha. Ottenne subito un quinto posto in Belgio, migliorato nella sua seconda gara assoluta con un quarto posto nel GP di casa. L’anno successivo gareggiò anche in 500cc; mentre nella classe intermedia ottenne due vittorie in due apparizioni, nella classe regina esordì nuovamente a Spa ottenendo un altro splendido quinto posto. Nel 1990 la 250cc non ebbe più segreti per Kocinski e con sette vittorie si laureò campione del mondo per la prima volta nella sua carriera. La stagione successiva Yamaha gli propone il salto di categoria definitivo, mentre nella intermedia continuò a gareggiare con Suzuki. Gli bastò poco per diventare protagonista anche in mezzo ai grandi nomi del motociclismo dell’epoca. Podio in Australia, alla seconda gara, in Spagna e poi Italia, con la vittoria che arrivò nell’ultimo Gran Premio in Malesia.
Nelle stagioni successive ottenne altri risultati con grande costanza, arrivando a classificarsi terzo nella classifica mondiale per due volte nel 1992 con la Yamaha e nel 1994 con la Cagiva. John divenne un simbolo in sella alla moto di Varese, ma la delusione che provò nel non raggiungere quel tanto agognato titolo, a causa di problemi di competitività della moto lo portarono a lasciare il motomondiale per buttarsi a capofitto in un’altra avventura con le derivate di serie. In 500cc tornò nel 1998 per gli ultimi due anni con Honda, nei team privati di Pons e Kanemoto.
L’uomo oltre il pilota
L’approdo in SBK lo fece con la Rossa della Motor Valley: Ducati. In sella alla 916 del team ufficiale fu subito competitivo vincendo le prime due gare. Doppietta che ripeté in Indonesia, con un ulteriore vittoria in America. Purtroppo questo più altri podi nel corso della stagione non bastarono a fargli vincere il titolo; infatti Kocinski si classificò ancora una volta terzo. L’anno successivo arrivò però in Honda con la RC45 del team Castrol e convinto delle sue qualità e del suo talento lottò fino alla fine per diventare campione del mondo, stavolta riuscendoci.
Kocinski sarà sempre ricordato per il suo stile di guida spettacolare e per la sua aggressività in pista. Un pilota unico da quel punto di vista che ha saputo prendersi il suo spazio in una generazione di giganti. Forse a volte molto sicuro, quasi troppo, di stesso, come quando dichiarò:
«Posso fare quello che voglio, non ci sono limiti. Se decido di fare qualcosa, la faccio. Nessuno mi può fermare. Il mio desiderio di vincere e di avere successo, è proprio ciò che mi motiva»
Ma quello fu l’approccio che gli consentì di vincere un titolo e di lottare per molti altri. Eppure dietro tanta sicurezza si nascondeva altro: la paura di non essere abbastanza e non riuscire a raggiungere i suoi sogni, che molto spesso si è visto sfumare tra le mani.
«Non mi sono mai sentito abbastanza bravo, a volte fatico a credere di aver fatto quello che ho fatto»
La stessa incredulità che ha lasciato negli occhi dei tifosi, quando in pista compieva gesta incredibili.
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