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Il Personaggio della settimana – Alberto Ascari
L’unico pilota italiano a laurearsi campione del mondo con la Ferrari. Il primo di una lunga dinastia che verrà dopo di lui nel segno del Cavallino. Un nome inciso anche tra le curve del suo circuito di casa, Monza. In quella curva dove perse la vita sfidando il destino che poco prima lo aveva solo sfiorato
Un vocabolario da corsa
Alberto Ascari è uno di quei nomi che permangono nella storia delle corse automobilistiche, soprattutto se si parla della classe regina delle competizioni. Non solo perché è un campione del mondo, ma perché si è guadagnato lo status di mito che a pochi è concesso.
Nasce il 13 luglio 1918 a Milano. Il padre, anche lui pilota di auto da corsa, muore pochi anni dopo il 26 luglio del 1925 mentre gareggiava. Da quel momento il piccolo Alberto, che sempre aveva ammirato suo padre, decide di seguirne le orme ad ogni costo. Inizia a gareggiare con le moto, pagandosi le iscrizioni alle competizioni vendendo il vocabolario di greco che la madre ogni volta gli ricomprava perché pensava glielo rubassero a scuola. Una volta scoperta la verità, si arrese e decise di non ostacolare più la passione del figlio.
Comincia a correre con le auto nel 1940 e si dimostra subito un pilota talentuoso e molto veloce. Era riuscito a seguire le orme del padre, ma con una promessa. Non avrebbe mai guidato il giorno 26, per scaramanzia. Lui che era rimasto scosso dalla scomparsa del padre e che voleva stare ben lontano da quel destino funesto.
Il primo non si scorda mai
Si mette in mostra agli occhi di Enzo Ferrari nel 1947 quando vince una gara a Modena. L’imprenditore emiliano rimasto colpito dal talento del giovane milanese decide di ingaggiarlo per correre con la rossa della Motor Valley. Pochi anni dopo prenderà parte al neonato Campionato Mondiale di Formula 1, creato nel 1950. Ascari sarà uno dei primi alfieri a correre per la Ferrari nella categoria regina. Le sue doti sono ineccepibili tanto che due anni più tardi nel 1952 si prende la corona iridata e regala il primo titolo al Cavallino. Quello inaugurale di una lunga serie. Vince sei gare su otto in Argentina, Olanda, Belgio, Francia, Inghilterra e in Italia. L’anno successivo si ripete nuovamente nella vittoria del titolo con cinque vittorie su nove appuntamenti. Il primo torico campione del mondo della Ferrari è un italiano e questo pone Ascari di diritto nella storia non solo della Scuderia di Maranello ma anche delle corse in generale.
Nel 1954 si alterna tra Ferrari, Lancia e Maserati in un trio di squadre tutto italiano. Nel 1955 la prima volta in cui sfida il destino. Il volo di Monaco che tutti gli appassionati ricordano. Alberto correva con la Lancia D50 e sul tracciato del Principato era impegnato nella rincorsa alle due Mercedes con Fangio e Moss. I due si ritirarono per problemi meccanici ma lui non accorgendosene continuò a spingere non accorgendosi di una chiazza d’olio lasciata proprio da una delle due frecce d’argento che gli ha fatto perdere il controllo portandolo a sfondare le barriere e finendo nelle acque del porto di Montecarlo. Da quel brutto incidente ne esce illeso, solo con il naso rotto. Aveva aggirato il destino che però si ripresenterà alla sua porta pochi giorni dopo.
Una chiamata dal destino
Mentre era nella sua casa a Milano riceve una chiamata da due amici e colleghi Villoresi e Castellotti i quali erano a Monza a provare una Ferrari 750. È un giovedì sull’ora di pranzo circa quando Ascari arriva in circuito. Per salire in macchina lascia da parte tutte le sue scaramanzie, è in giacca e cravatta e non ha niente con sé che utilizza di solito durante le gare. Sfida la sorte e sale in macchina. Solo tre giri voleva compiere ma al terzo quando arriva alla curva del platano si sente un botto, esce di pista e si cappotta. Rimane schiacciato dal peso della macchina e muore sul colpo. Vani furono i tentativi di salvarlo all’ospedale. Da quel giorno il suo segno indelebile rimarrà per sempre nel tempio della velocità, perché quella curva sarà intitolata alla sua leggenda e ancora oggi conosciuta con il suo nome.
Quel giorno forse era meglio fosse rimasto in casa con la moglie o forse bastava che non rompesse una delle sue scaramanzie più importanti: non prendere in mano un volante il 26, giorno in cui morì il padre. Ma il destino ha voluto che il talentuoso pilota italiano seguisse le orme di suo padre anche nella terribile fine della sua vita. Alberto Ascari è infatti scomparso esattamente trent’anni dopo Antonio Ascari esattamente lo stesso giorno di un mese diverso. La maledizione del 26.
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