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I racconti del commissario – Apollon F1, passione senza limite
Gallina vecchia fa buon brodo
C’era una volta un piccolo paese dove le corse in circuito erano bandite ma la passione resisteva più forte dei divieti. Nel 1976 Loris Kessel era un ventiseienne pilota svizzero con buone doti e un unico obiettivo: seguire le orme del suo conterraneo Clay Regazzoni. Dopo cinque gare al volante di una Brabham privata (due mancate qualifiche, un ritiro e un dodicesimo posto come miglior risultato), Loris bussò alla porta della Williams. Patron Frank non aveva sedili liberi ma grande necessità di far cassa, così propose al pilota ticinese di acquistare una FW03 vecchia di tre anni. L’intraprendente Kessel decise di mettersi in gioco e con l’appoggio del Jolly Club of Switzerland rilevò la vetusta monoposto modificandola radicalmente. Stava per nascere la Apollon Formula 1.
La cura di Jack
Delle modifiche da applicare sulla vettura si sarebbe occupato l’ingengere Giacomo “Jack” Caliri. Appena uscito dalla Ferrari, l’ingegnere catanese trapiantato nella Motor Valley aveva dato vita in quel di Modena allo Studio FLY, una struttura di consulenza tecnica che successivamente si sarebbe legata al team di Gian Carlo Minardi in Formula 2. La “cura Caliri” mutò completamente l’aspetto della FW03 soprattutto all’anteriore, dove facevano bella mostra un “naso” allungato e radiatori collocati davanti alle sospensioni. La livrea assunse una luminosa colorazione bianco-gialla in onore del principale finanziatore, a farmaceutica “Apollon” che diede anche il nome alla squadra. Il neonato team si iscrisse infatti al Mondiale di Formula 1 1977 con il nome di Apollon-Fly e licenza svizzera.
Chi tardi arriva male alloggia
Le basi tecniche non mancavano, ma l’evoluzione fu più lenta del previsto e la Williams trasformatasi in Apollon fu ultimata solo per la settima gara di campionato, in Belgio. Peccato che l’esordio venne rimandato ancora per problemi di trasporto del materiale, scena ripetutasi anche in occasione del Gran Premio di Francia. Dopo altri due infruttuosi tentativi in Austria e Olanda, la squadra scese finalmente in pista a Monza. Con decine di vetture in pista e box gremiti al limite della capienza, l’ultima arrivata nel “Circus” fu costretta ad accamparsi all’aria aperta. Ma non era questo un problema. I guai veri iniziarono quando fu il momento di mettere le ruote a terra e la monoposto elvetica si mostrò totalmente impreparata a ottenere una prestazione onorevole. Nell’ultima sessione di qualifica Kessel mise a referto il tempo di 1’46″68, trentatreesimo su trentaquattro iscritti in lotta per un posto tra i ventiquattro ammessi al via. Per la cronaca la migliore prestazione fu quella della McLaren di James Hunt in 1’38″08.
Alfa e omega
L’esordio monzese non si allontanò dalle attese per una realtà come la Apollon, ma purtroppo coincise anche con la sua fine. La coraggiosa avventura di Kessel si chiuse infatti quel giorno e la sgargiante vettura rossocrociata non sarebbe mai più riapparsa in pista. La storia di Loris nel mondo dell’auto invece continuò con molta più fortuna. Negli anni a venire avrebbe aperto nella sua Lugano una concessionaria per supersportive di marchi come Ferrari, Maserati e Pagani. Parallelamente avrebbe dato vita al “Loris Kessel Racing Team”, squadra di successo tra le Gran Turismo degli anni duemila. Con essa Kessel si sarebbe agonisticamente legato al cavallino rampante portando in gara le berlinette sportive Ferrari fino al 2010, quando una leucemia lo avrebbe strappato alla vita lasciando il figlio Ronnie a proseguire l’attività. Della sua impresa più audace rimarranno per sempre le poche immagini di una strana monoposto bianca e gialla che tenta una disperata qualificazione a Monza, in un giorno di settembre degli anni Settanta. Perché spesso i sogni non realizzati hanno più sapore delle favole a lieto fine.
Un breve servizio dedicato al Gran Premio d’Italia 1977: l’unica gara a cui venne iscritta la Apollon F1 (peterwindsor su YouTube)
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