Baseball
I ruoli del baseball – Il terza base
Baseball, lo sport dei romantici.
Ricordate? Ne abbiamo parlato giusto qualche puntata fa. Quello che però mi sono dimenticato di dire è che, per apprezzare al meglio questo gioco, il sentimentalismo non basta: bisogna essere dei matematici. Esatto, avete capito bene. Nel baseball si conta tutto, ogni singola statistica viene registrata e studiata dagli analisti delle squadre (le società hanno esperti che si occupano proprio di questo) per prevedere e anticipare le mosse del nemico. Una dimensione parallela in cui le formazioni scendono in campo calcolatrici alla mano e combattono a suon di percentuali, invece che di battute e di strike.
Ma perché parlare di matematica per presentare il ruolo di uno sport? Perché questo è baseball: romanticismo mixato a radici quadrate, roba da pazzi.
0,57 secondi. Poco più di un battito di ciglia. È questo il tempo che ha mediamente un terza base della Major League per rendersi conto di dove sia la pallina e agire di conseguenza. Catturare il missile terra-aria diretto verso di lui (o ancora peggio spostato di alcuni metri), per poi passarlo il più velocemente possibile ai propri compagni con l’obiettivo di eliminare i corridori sulle basi.
“Ma è proprio necessario?” vi chiederete. Ebbene sì, e non è un caso che, tra le numerose caratteristiche che un terza base deve possedere, ce ne sia una che spicca sulle altre: l’incoscienza. La paura non fa parte del repertorio di chi gioca in questa posizione, visto che è quella in cui il difensore è più vicino al battitore (e per questo motivo chiamata angolo caldo). A differenza del prima base che si colloca al confine tra terra rossa ed erba, infatti, il terza deve necessariamente stare più in linea possibile con il cuscino di competenza. Questo per mantenere una distanza di tiro più corta verso la prima base, principale destinazione dei suoi assist difensivi e lontana circa 40 metri.
Gli amici caraibici lo chiamano antesalista: termine che deriva dallo spagnolo “antesala” (anticamera), per indicare qualcuno che anticipa l’ingresso in un luogo.
La fanteria d’assalto della squadra, insomma, che deve farsi largo tra proiettili duri come sassi che viaggiano a 180 km/h. Un ruolo inadatto ai deboli di cuore quindi, e in cui la rapidità di esecuzione è di vitale importanza per difendere l’area di competenza e sentenziare gli avversari. “Hot corner” che in realtà non è molto ampio: il terza base deve agire nel fazzoletto di terra rossa che divide la linea di foul dal raggio d’azione dell’interbase, indubbiamente più coinvolto nel gioco e quindi “mobile”. In questa parte di campo è la velocità di arrivo delle battute ad essere diversa: infatti, oltre all’enorme dose di imprudenza, il terza base deve avere grande esplosività, sia di gambe che di braccio, in modo da fulminare sul tempo gli attaccanti. Non a caso, i giocatori che ricoprono questo ruolo sono quelli che lanciano più forte tra tutti gli interni, andando spesso a competere (in termini di velocità) con i lanciatori.
Potenza e avventatezza, una carta d’identità che è tutto un programma. Ma se il baseball ci insegna qualcosa, è che dagli accostamenti più improbabili nascono i giocatori che rimangono nella storia.
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