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Carspillar – BMW M1, bavarese da Motor Valley
Supercar olimpica
Monaco di Baviera, 1972. In occasione dei Giochi Olimpici, la BMW colse l’occasione per rilanciare immagine e ambizioni realizzando la E25 Turbo, sbalorditiva “concept car” da 250 km/h spinta da un quattro cilindri turbo da 280 cavalli installato in posizione posteriore centrale. Il positivo riscontro spinse la dirigenza a mettere in cantiere una gran turismo stradale da cui ricavare un “mostro” per le gare di gruppo 5. Nonostante l’elevatissimo livello tecnologico raggiunto, a Monaco non si sentivano ancora pronti per l’avventura e cercarono un collaboratore d’eccellenza che, per le automobili sportive, non poteva che venire dalla Motor Valley. Da questa idea nacque la BMW M1.
Da Monaco a Sant’Agata
Nel 1976 la casa tedesca stipulò un contratto con la Lamborghini. La casa del Toro si sarebbe occupata di progettare telaio e sospensioni della nuova supercar con l’ingegner Gian Paolo Dallara a capo dei tecnici. In breve tempo vide la luce un traliccio di tubi con rinforzi in lamiera che ospitava un doppio serbatoio carburante per un totale di 58 litri. Si trattava dello “scheletro” per una berlinetta a motore posteriore centrale orientato longitudinalmente. Le sospensioni, interamente progettate da Dallara, erano a quattro ruote indipendenti con quadrilateri deformabili sia anteriori che posteriori. L’impianto frenante era a dischi autoventilanti ATE (diametro 300 mm all’anteriore e 297 mm al posteriore) comandati da un doppio circuito idraulico con servofreno. Avveniristica per l’epoca era l’applicazione del sistema ABS, realizzato da BMW in collaborazione con Bosch. Interamente tedesco era invece il 6 cilindri in linea S32B35 con nuova testata bialbero a 24 valvole che la BMW Motorsport aveva ricavato dal motore della 635 CSi. Con una cilindrata di 3453 cc, lubrificazione a carter secco ed alimentazione a iniezione meccanica indiretta multipoint della Kugelfischer-Bosch, era capace di 277 CV a 6500 giri/min per una coppia di 330 Nm a 5000 giri/min. Il gruppo trasmissione era costituito da un cambio manuale ZF DS25 a 5 marce e da un differenziale autobloccante tarato al 40%. Le sole ruote posteriori erano motrici.
Il progetto della BMW M1 nacque in una delle case più prestigiose della Motor Valley (Foto AutoMotorFargio)
Stile italiano
Eccellenza italiana anche per la carrozzeria, firmata da un fuoriclasse del design come Giorgetto Giugiaro con la sua Italdesign. Le linee tese che definivano un corpo vettura basso e sfuggente da gran turismo anni Settanta erano reinterpretate in una forma a cuneo sportiva ma allo stesso tempo sobria ed elegante con volumi perfettamente equilibrati. Al muso appuntito con il tipico doppio rene BMW incastonato al centro, faceva da contraltare un posteriore più imponente con grandi fari rettangolari e un ampio cofano che facilitava l’accesso all’intero vano motore. Novità per la casa erano i fari anteriori a scomparsa, mentre i cerchi in lega carenati della Campagnolo erano esclusivi per la M1 ed calzavano pneumatici 205/55 VR16 anteriori e 225/55 VR16 posteriori.
Sull’affilato anteriore della BMW M1 faceva bella mostra il tipico “doppio rene” della casa bavarese (Foto AutoMotorFargio)
Occasione persa
Il rapporto con Lamborghini sembrava destinato a proseguire con il montaggio delle 400 vetture richieste per l’omologazione sportiva e nello stabilimento di Sant’Agata che aveva visto nascere il primo prototipo la linea di montaggio era pronta. La situazione finanziaria della casa del Toro era però sempre più precaria e a Monaco decisero di cambiare i programmi. Le parti di carrozzeria in fibra di vetro nascevano sempre in Emilia presso ditte specializzate di Modena e Reggio, mentre gli assemblaggi al telaio avvenivano a Torino presso l’Italdesign. I montaggi finali con le meccaniche fornite da BMW Motorsport erano invece effettuati presso la Carrozzeria Baur di Stoccarda, che si occupava anche degli interni. Per Lamborghini fu una grave occasione mancata, a cui seguì poco dopo il periodo di amministrazione controllata.
L’equilibrio dei volumi della BMW M1 donava alla berlinetta una sobria eleganza anche in versione ProCar (Foto AutoMotorFargio)
Al top su strada e in pista
Presentata a Parigi nel 1979, la BMW M1 stradale con una velocità massima di 262 km/h e un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,6” divenne immediatamente un riferimento tra le supercar. Venne omologata una versione biturbo Gruppo 5 con potenza elevata fino a 950 CV. Il peso venne ridotto con largo impiego di allumino e kevlar per il telaio e fibra di carbonio per la carrozzeria, arricchita da generose appendici aerodinamiche. Nel 1979 la casa organizzò il campionato ProCar, un monomarca che vedeva impegnati piloti di Formula 1 a fianco di specialisti delle ruote coperte nei sabati dei gran premi, tutti al volante di identiche M1 da 470 CV. Il successo fu immediato anche se l’esperienza si limitò a due sole annate che videro vittoriosi due campioni come Niki Lauda e Nelson Piquet. Anche la storia della M1 si chiuse rapidamente: venne prodotta fino al 1981 in soli 400 esemplari stradali e 56 da corsa per restare nell’Olimpo delle super sportive senza tempo. Tedesca, ma con geni da Motor Valley.
James May per Top Gear prova la BMW M1 stradale (DrumB325 su YouTube)
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