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CLAY REGAZZONI – ANATOMIA DI UN UOMO GIUSTO

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Clay Regazzoni è stato un pilota veloce. Un pilota talentuoso, ma soprattutto è stato un pilota con il suo stile: unico e inimitabile. Il suo essere così legato alla vita mondana gli ha impedito di conquistare il Mondiale F1, ma per capire meglio chi era “Clay”, scopriamo insieme la storia del pilota-playboy svizzero.

CUORE: MOTORI. Clay Regazzoni (vero nome Gianclaudio Giuseppe Regazzoni) nasce il 5 settembre 1939 a Lugano (Svizzera). Nonostante sia un appassionato di motori e di corse entra tardi nel mondo del motorsport, una pratica molto comune all’epoca.  

Nell’aprile del 1963, a ben 24 anni, partecipa al suo primo corso di guida sportiva organizzato dall’Automobile Club elvetico sul circuito francese di Monthléry. Ecco, non proprio il migliore degli inizi se si punta a guidare una Formula 1. Tuttavia, Clay si fa prendere acquista una Austin-Healey Sprite 950 e debutta in gara il 1° settembre nella corsa in salita del Marchairuz. Solo l’inizio dell’avventura

TESTA: UNA VITA AL MASSIMO. “Viveur, danseur, calciatore, tennista e, a tempo perso, pilota: così ho definito Clay Regazzoni, il brillante, intramontabile Clay…”, Enzo Ferrari.

Gianclaudio Regazzoni, eterno ragazzo ticinese, della vita è innamorato per la sua propensione verso l’adrenalina. Parliamoci chiaro: la vita dei piloti degli anni settanta era vita(ccia), sta solamente a voi leggerla come volete. Clay nella fase di crescita, grazie al suo talento, arriva fino in Ferrari, e bla bla bla. Ma non è questo il succo della storia di oggi.  

Oggi si parla di un uomo che ha vissuto con un sorriso guascone, spesso utilizzato per stemperare qualsiasi tensione agonistica; uomo da corsa ancora più che da gara, nella sua sfumatura più profonda non solo linguistica, ma filosofica, diremmo.  

Per uno che ancora appartiene e sarà sempre appartenuto alla specie e non “generazione” come si dice dei “corridori”, anche se quando correva lui era già iniziata la Formula Uno dei piloti. La Formula 1 dei programmatori di ogni particolare, nell’accezione più scientifica e Newtoniana del termine. Clay lo sapeva bene avendo avuto accanto l’Albert Einstein dei piloti: Niki Lauda, nel 1974.

Fermiamoci un istante. Vi ricordate Rush? Bene. Si parla sempre della lotta eterna tra Lauda e Hunt in quel 1976, ma non si parla mai di quel personaggio, che forse, più di tutti assomiglia ad un vero corridore per la sua natura animale ancor prima che umana. Semplicemente Clay. Poi se il personaggio nel film lo interpreta Pierfrancesco Favino le cose possono solo andare che bene.

PIEDI E GAMBE: ORDINE E CAOS. Long Beach, 1980, 30 marzo. Ecco che torniamo alla storia e lo facciamo in un circuito che oggi sarebbe, a mio modo di vedere, impensabile persino per la circolazione normale dei bus. Figuriamoci per un GP di Formula 1.

Si gira il 51° giro di una gara normale. Tutto sembra andare come ogni domenica o quasi. Infatti non è una domenica normale perché a duecentosettanta chilometri orari, la Ensign di Regazzoni perde il controllo della pista verso una – cosiddetta – via di fuga, che di fuga più non è. Perche? La causa è semplice, la Brabham di Ricardo Zunino ha abbandonato la gara e i commissari decidono per dilettantismo e disorganizzazione di non rimuoverla. Nella vettura di Clay si rompe il pedale del freno della monoposto e la vettura si schianta a 250 km/h. Clay viene immediatamente ricoverato. Si salva per miracolo, ma nonostante numerosi interventi chirurgici perde l’uso delle gambe. Incredibile come il destino sia così beffardo.

Nella spirale delle lamiere accartocciate della vettura di Zunino, anche la spina dorsale di Clay Regazzoni cede e di conseguenza le sue gambe inerti, i suoi piedi non avrebbero più schiacciato alcun pedale. Un errore tecnico e di dilettantismo che fece diventare la vita del ticinese in un attimo dall’ordine al caos.

ANIMA: ARRENDERSI MAI. “Abbattimento e depressione”. Ditemi se dopo tutto questo non siano inevitabili da attraversare per ritrovare il senso della vita. Chi dice il contrario potrebbe non aver capito allora il dramma della situazione. Clay, però, non ci sta: non molla. Non lo può fare e sicuramente non lo vuole fare.

Dopo essersi reso conto di non poter più camminare, Clay si mette in contatto con la Guidosimplex, azienda romana attiva dal 1956 e leader nel settore dei sistemi di guida per disabili. In pochi anni riesce nel suo nuovo sogno e nel 1984 Clay Regazzoni apre un corso di guida sportiva per portatori di handicap a Vallelunga. Nel 1992 crea la FISAPS (Federazione Italiana Sportiva Patenti Speciali) e l’anno seguente arriva dal Ministero della Sanità l’autorizzazione per i disabili a prendere parte a gare automobilistiche. Ce l’ha fatta. Ha vinto la sua gara più bella, quella della vita e della redenzione.

MORTE: NEMMENO QUELLA VOLTA SI ARRESE. 2006. Clay saluta il mondo e la vita senza un minimo cenno di preavviso, perché sono sempre i giusti a fare che salutano così. Gianclaudio Regazzoni, ticinese con la faccia che sarebbe potuta appartenere a un napoletano o siciliano, se ne va nel posto forse più adatto per uno della stirpe. La sua vettura.

La morte, lo sorprende in un raccordo tra la A1 e la A15 a Fontevivo (Parma). Forse un malore, forse un errore di guida, oppure forse, non ha importanza. In realtà uno come lui non poteva fare altro, anche involontariamente, che di salutare la vita facendo ciò che nella vita stessa aveva più amato e più odiato. La velocità. La sua dama, tra le tante che seppe amare.

Gran Premio d’Italia 1970: la prima vittoria di Clay (Clay Regazzoni Memorial Room su YouTube)

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