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F1 – Gp Singapore 2017: Uno dei più grandi fratricidi Ferrari

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AAA cercasi (cerca sì)

Storie dal gran finale
Sperasi (spera sì)
Comunque vada panta rei
And singing in the rain

 
Così cantava Francesco Gabbani, allora fresco vincitore di San Remo proprio con quel brano – Occidentali’s Karma – ad oggi divenuto il video musicale italiano più visualizzato di sempre su YouTube. Questa breve strofa potrebbe però riassumere in poche parole anche la stagione di quell’anno della Ferrari il cui amaro epilogo oggi sarà stato ormai digerito filosoficamente da box e tifosi, ma in quel 17 settembre 2017 lo sconforto e la delusione presero il sopravvento perché a cantare sotto la pioggia ci fu un solo uomo, Lewis Hamilton.
 
Verso il Gp di Singapore 2017. A metà settembre, in vista del Gp di Singapore, le sorti del mondiale costruttori erano ormai decise irrimediabilmente a favore della Mercedes dopo la determinante doppietta che la Scuderia di Stoccarda riuscì a conquistare a domicilio della Ferrari nel Gp d’Italia, mentre per la testa di quello piloti era ancora tutto in gioco, un po’ come in questo combattutissimo mondiale 2021. E se oggi ci troviamo con Hamilton a condurre con soli due punti di distacco su Verstappen, allora le lunghezze a separare i primi due erano tre, con Vettel su Ferrari a rincorrere Hamilton
 
Vettel, che fino al Gp d’Italia era riuscito a difendere la testa della classifica grazie ad una costanza nei risultati superiore a quella di Hamilton, ebbe in mano le chiavi del controsorpasso: a Singapore la RedBull pareva la macchina da battere ma la Ferrari e la determinazione del tedesco ossessionato dal voler vincere un titolo con la rossa diedero i loro risultati in qualifica mentre la Mercedes sembrarono arrivate qui con più di qualche problemino.
 
Le Qualifiche. Il 2017 è stato l’anno della progettazione dell’halo, e proprio nelle prove del venerdì di quel Gp di Singapore furono fatte alcune delle prime prove sulle macchine di Raikkonen e Vandoorne mentre Daniel Ricciardo si dimostrava ispirato dalla pista asiatica tanto da siglarne il nuovo record. Ma si sa, le qualifiche fanno storia a se e quel sabato portarono ad una risultato quasi inaspettato. La RedBull volò ancora ma questa volta fu Verstappen il mattatore aggiudicandosi le prime due sessioni, con le scuderie in fremito nel mandare in pista i piloti: da un momento all’altro il tempo avrebbe potuto guastarsi. La Q3 cominciò ancora sotto il segno di Max ma questa volta Vettel sembrò avere qualcosa di più, già nel primo giro riuscì a stare molto vicino ai tempi dell’avversario, dietro Raikkonen sbagliò il giro finale aggiudicandosi comunque il quarto posto sulla griglia, Hamilton si confermò in grosse difficoltà, quinto, mentre al giro definitivo Vettel riuscì in un giro a dir poco mostruoso abbattendo il record della pista, siglato da Verstappen 20 minuti prima, di quasi un secondo.
 
La Gara. Il cielo di Marina Bay era scuro e non solo perché era notte, la pista si presentò ai piloti pesantemente bagnata ma la direzione di gara decise di far partire comunque le vetture dalla griglia di partenza piuttosto che a seguito della Safety Car. I semafori si spensero, le monoposto presero il via e Verstappen partì benissimo ma incredibilmente Raikkonen partì ancora meglio; i due si affiancano, o meglio, i tre si affiancano, perché Vettel ebbe a disposizione la migliore traiettoria per entrare in curva e cominciò a stringere sugli avversari per sfruttarla al meglio e soprattutto difendere la prima posizione. Nessuno cedette, Verstappen chiuso in un sandwich tutto rosso staccò il piede dall’acceleratore quando era però ormai troppo tardi finendo per colpire con la propria anteriore sinistra il posteriore di Raikkonen: scintille. Il finlandese della Rossa riuscì miracolosamente a tenere dritta la propria monoposto in pista nonostante questa volesse girare su se stessa, all’imbocco della prima curva però la Ferrari di Raikkonen si trasformò in un proiettile senza freni che andando per la tangente finì per travolgere nuovamente Verstappen che a sua volta finì addosso alla McLaren di Alonso che f sue du sbalzata su due ruote prima di finire a margine della pista.
 
Ma non fu tutto. Poche curve più avanti Vettel, la cui monoposto sembrava essere stata risparmiata dall’impatto al via, finì per scivolare sul proprio olio – evidente lo squarcio sulla carrozzeria in un secondo momento –  mandando la macchina prima a muro e quindi in testa coda, con le altre vetture che lo finirono per sorpassare una dopo l’altra. Il tedesco ancora incredulo per l’accaduto provò a riaccodarsi agli altri nel tentativo di portare la propria Ferrari almeno ai box per decidere sul da farsi, ma purtroppo la sua gara finirà qui. 
 
 
Si dice spesso, a sproposito, che Hamilton sia un pilota fortunato, quella sera però all’inglese andò veramente bene perché nonostante coinvolto nelle battaglie della partenza uscì indenne da questa serie di eventi accaparrandosi così la testa della gara. Da li in avanti diversi altri piloti finirono nelle vie di fuga o a muro a cuasa di un asfalto bagnato accompagnato da una pista ricca di punti in cui poter azzardare il sorpasso ma la testa della corsa non cambiò di lì alla fine del Gran Premio certificando Hamilton come vincitore in Singapore per la terza volta in 10 anni. Alle spalle del britannico un meritatissimo secondo posto per Ricciardo, quindi Bottas ed incridibilmente Carlos Sainz alla miglior prestazione di sempre sulla sua Toro Rosso nel weekend dell’annuncio del suo futuro passaggio in Renault.
 
La gara di Marina bay si rivelerà lo spartiacque annunciato nella corsa al titolo piloti di quell’anno anche se dal risultato opposto e inaspettato: Hamilton e la Mercedes danno qui lo strappo decisivo nel giorno in cui Vettel poteva e doveva riprendersi la testa della classifica, provocando nel tedesco quella crisi motivazionale che lo costrinse ad un solo podio nelle quattro gare successive consegnando ad Hamilton la certezza matematica del titolo mondiale.

 

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