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Chiacchiere da Bar…bieri – Quando il ricordo del passato offusca il brillante presente

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“Nostalgia, nostalgia canaglia

Che ti prende proprio quando non vuoi

Ti ritrovi con un cuore di paglia

E un incendio che non spegni mai”

 

Per la Motor Valley questo è un periodo denso di eventi dal sapore storico: a titolo non esaustivo, abbiamo visto nell’ordine il quinto Historic Minardi Day, 200 Miglia di Imola Revival e Gran Premio Nuvolari. Tutte manifestazioni con un altissimo valore storico e anche culturale, che rievocano ai più dolci ricordi, accompagnati spesso da frasi del tipo: “a quei tempi sì che erano macchine, che erano gare, mica come adesso!”, eccetera, eccetera.

Le corse del passato sono belle e fanno tornare alla memoria tempi “migliori”, vuoi perché si era più giovani, vuoi perché si è vissuto quei periodi con maggiore spensieratezza. E’ qui che “storico” diventa addirittura un sinonimo di “più bello”, di “accidenti perchè non è ancora così?”.

 

Giacomo Agostini impegnato nel celebre Tourist Trophy (source: gazzetta.it, copyright: unknown)

 

Nostalgia, nostalgia canaglia

L’effetto nostalgia è stato studiato da molti esperti, sia dal punto di vista psicologico che come una possibile leva per il marketing e per il business. Per tanti studiosi la nostalgia del passato è considerata una modalità di rifiuto verso il carattere asfissiante del presente, a volte anche più del desiderio di riappropriarsi dello stile di vita florido del passato.

Io non so perché, ma con quasi tutti coloro con i quali parlo del motorsport presente, salta sistematicamente in ballo la frase “sì, ma una volta…”. E allora ascolto, prima di interrompere, cercando di capire qual è il passato al quale si fa riferimento. A volte vengono chiamate in causa epoche che non ho vissuto di persona, quindi non posso essermi fatto un’idea precisa degli anni presi in esame. Altre volte, invece, vengono nominate ere motoristiche che ho vissuto e sulle quali ho un’opinione precisa e circostanziata. Ad esempio, quando viene citata la celeberrima era del dominio Schumacher, beh… Non mi limiterò, in queste righe, non mi censurerò. Semplicemente, mi vengono i conati di vomito. Forse è un bel passato perchè la Ferrari vinceva, mica per altro.

Ricordo bene i commenti dell’epoca, tutti sull’aria del “guardo la partenza poi cambio canale, tanto si capisce subito chi vince”. E tutto sommato non era un concetto così errato. Tra il 2000 e il 2004 solo i campionati 2000 e 2003 sono stati davvero in bilico regalando duelli degni di qualche ricordo, il resto è tutto ampiamente dimenticabile. I titoli si vincevano in estate, le gare erano trenini infiniti con pochi duelli, dove la strategia delle soste era l’unica vera opportunità di sorpasso. Poi in quegli anni c’era l’oscenità degli pneumatici da asciutto scanalati, studiati al fine di ridurre la superficie di contatto a terra e quindi la velocità in curva, rendendo anche più complicata la guida ai piloti. Nelle ultime settimane ho avuto la sfortuna di sentire chi rimpiangeva questi “ritrovati tecnologici”, così come chi invoca la “superpole”, introdotta e bistrattata nel passato.

Le gomme scanalate introdotte nel 1998, utilizzate fino al 2008 (source: formulapassion.it, copyright: unknown)

 

Per quanto riguarda la Formula 1, stiamo osservando uno dei campionati più combattuti degli ultimi vent’anni, forse secondo solo al 2007 e al 2009, con ben tre piloti in lizza per il titolo all’ultima gara. Ma la suspence non c’è solo per la vittoria. Otto scuderie su dieci sono finite sul podio almeno una volta. Cinque piloti differenti hanno conquistato il primo posto in gara, di quattro team distinti. Con otto gare ancora da disputare e quattordici già corse, i primi due nella classifica piloti sono distanti solo cinque punti, in un’epoca dove si possono totalizzare fino a ventisei punti ogni fine settimana. E questi due contendenti sono garanzia di scintille ad ogni singolo giro e non solo.

Passando alla MotoGP, dopo dodici appuntamenti sono otto i centauri diversi che hanno vinto almeno una gara, più altri cinque saliti almeno una volta sul podio. Cinque rappresentanti di cinque diversi team (a loro volta con moto di quattro marchi diversi tra loro) hanno ritirato il trofeo dedicato alle scuderie. E’ pur vero che la distanza tra il capoclassifica e il secondo è di quasi cinquanta punti, ma è altrettanto vero che la storia di questo campionato ci ha insegnato che il vincitore di ogni tappa è spesso difficile da prevedere.

Mentre il Mondiale Superbike? Ecco, questo è l’unico caso in cui il “era meglio prima” è scontato. Lo considero personalmente un campionato morto che tormenta i vivi, ucciso per mano del suo stesso proprietario che ha cercato, riuscendoci, di eliminare il proprio diretto concorrente.

Pierfrancesco Chili, Carl Fogarty, Noriyuki Haga. Sfido a non commuovervi (copyright: unknown)

 

Nelle altre categorie del motorsport, come il Gran Turismo e il Mondiale Endurance, gli organizzatori stanno ideando piattaforme in grado di coinvolgere più costruttori possibili, abbassando al massimo i costi per l’acquisto/costruzione dell’auto e per affrontare la stagione. In queste due categorie si sta cercando di permettere alle squadre private di partecipare con auto competitive, eliminando il concetto delle vetture clienti e permettendo anche a loro di competere per il titolo assoluto, anche grazie alla complicità di un sistema di livellamento delle prestazioni. Questo fa sì che, parlando della 24 ore di le Mans, nel 2023 avremo dieci marchi diversi a darsi battaglia per la vittoria assoluta, un vero record storico!

 

Prestazioni vicine, emozioni lontane?

C’è da dire che le corse, con l’avanzare degli anni, sono cambiate notevolmente. Le prestazioni di mezzi meccanici e conduttori sono aumentate a vista d’occhio. La tecnologia fa passi da gigante, così come lo sviluppo della performance dei piloti. Tante soluzioni una volta innovative sono diventate ora lo standard e questo ha fatto sì che le performance siano simili. Sin dalle categorie minori abbiamo piloti preparatissimi e anche molto appassionati e anche dove non esiste un regime di monomarca, i mezzi hanno tempi sul giro molto simili. Sono solamente lontani ricordi i distacchi abissali di anni fa, così come i tanti ritiri.

Questo avvicinamento delle prestazioni ha fatto sì che, in alcuni campionati, i sorpassi siano difficili e quindi minori. Ma tanti sorpassi vuol dire tanto spettacolo? Non sono d’accordo. Lo spettacolo è vedere i piloti dare il 100% di loro stessi in ogni singolo momento della competizione. Come a Zandvoort a inizio settembre. Un trenino per molti, ma quanto è stato bello vedere i piloti cercare di interpretare al massimo ogni singolo metro di questo tracciato, parente stretto di una montagna russa? Quanto è bello vedere i piloti che si divertono quando guidano, scendendo dal loro abitacolo stanchi e sudati ma con il sorriso sulle labbra, consapevoli di non aver più una briciola di energia?

Lewis Hamilton stravolto al termine del GP di Toscana 2020 (source: planetf1.com, copyright: unknown)

 

Anche questo è lo spettacolo. Lo spettacolo è anche cercare di capire le dinamiche di gara, le strategie adottate dai team. E’ facile dire che una volta era più bello, ma cosa ci è rimasto delle gare del passato? I sorpassi al limite, i gestacci ad alta velocità, gli incidenti spettacolari. Tutto quello che è presente negli highlights, nei filmati celebrativi montati ad arte e fatti vedere nelle trasmissioni celebrative di questo o quel pilota. Insieme all’amico Claudio Fargione ho montato diversi video di tante gare svolte ad Imola. Sono video emozionanti, spettacolari, con immagini provenienti dal passato. In alcune di quelle noi eravamo lì, e siamo ben consapevoli che non tutte le gare siano state memorabili. Così come il G.P. di Francia del 1979 corso a Digione. Di quella gara sfido i “veri appassionati” a dirmi il nome del vincitore. Si ricordano solo gli ultimi tre giri, di ottanta, segnati dalla lotta tra Arnoux e Villeneuve, in crisi con i freni. A detta di molti è stato il duello più bello della storia della Formula 1, ma durante la gara non accadde tanto altro. Tra le altre cose, riporto anche una dichiarazione di Carlo Chiti, ingegnere dell’Alfa Romeo: “Non ho visto la televisione, ma mi hanno raccontato con dovizia di particolari quanto è successo. A mio avviso non si è trattato di uno spettacolo edificante. Urti, sportellate ed ogni tipo di scorrettezza. Questi piloti sono abituati male perché nessuno fa mai rispettare i regolamenti e non ci sono punizioni. È chiaro che correndo in automobile a certe velocità i rischi ci sono. Ma andarli a cercare è pura follia. Il fatto più grave è che non sono soltanto i giovani a comportarsi in questa maniera ma anche gli anziani, quei piloti che dovrebbero dare l’esempio. Poi quando succedono gli incidenti gravi si cercano le responsabilità.”  Discorsi non dissimili a ciò che si sente oggi.

Ad aumentare questo sentimento di nostalgia della spettacolarità c’è forse anche la consapevolezza che a ogni curva qualcuno potesse morire. Componente che, per fortuna, non c’è quasi più. Mi è bastato piangere per una settimana dopo la morte di Marco Simoncelli, per citarne uno. Non ho intenzione di versare altre lacrime. Il rischio non è spettacolare. Il rischio può essere mortale. Come diceva Esopo: “è facile essere coraggiosi a distanza di sicurezza”. Ai giorni nostri si dice diversamente, ma ci siamo capiti.

E’ ora di smetterla di guardare al passato. Il nostro tempo ha una sua personalità, unica e irripetibile. Il motto non scritto di 1000Cuori – Motor Valley è “conoscere e anche celebrare il passato per capire il presente e prevedere il futuro”. Ecco, ricordiamocelo. Che a guardare solo indietro finiremo per non accorgerci del palo che stiamo per centrare.

 

Romain Grosjean racconta il suo incidente in Bahrain. Se per voi è spettacolo questo… (copyright: Sky Sports F1)

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