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Carspillar – Ferrari Dino 206 S Berlinetta Competizione: meravigliosa creatura
Togliere il fiato
Che cos’è una “Concept Car”? Un semplice esercizio di stile, un mezzo nato per far cadere le mascelle degli appassionati, attirare l’attenzione su un marchio o sondare le reazioni del pubblico davanti a nuove scelte estetiche. Solitamente è solo un modello statico, una specie di scultura, o se preferite soprammobile, privo anche del motore. Ma esistono splendide eccezioni. Una di queste nacque sull’asse Motor Valley – Torino come ennesimo frutto della collaborazione tra Ferrari e Pininfarina. Obiettivo? Stupire il mondo al Salone di Francoforte del 1967. Si chiama 206 S Dino Berlinetta Competizione.
La linea leziosa ma sportiva della “Competizione” nasceva per colpire alla prima occhiata (carstyling.ru – Sconosciuto)
Telaio da corsa
L’embrione della vettura ha un codice: 10523. Ovvero il numero di telaio di una Dino 206 S che la Ferrari stessa inviò alla Pininfarina per realizzare l’opera da svelare alla rassegna tedesca. Si trattava di un tubolare in acciaio sul quale erano installate sospensioni indipendenti con quadrilateri trasversali, molle elicoidali, ammortizzatori telescopici e barra stabilizzatrice. Freni a disco sulle quattro ruote, sterzo a pignone e cremagliera, trazione posteriore, frizione bidisco e cambio a cinque rapporti più retromarcia completavano una scheda tecnica da tipica sportprototipo anni Sessanta. Caratteristica peculiare della 206 era il propulsore: 6 cilindri a V di 65° tipo 231/B da 1986,60 cc (alesaggio 86 mm – corsa 57 mm) con distribuzione a doppio albero a camme in testa a comandare due valvole per cilindro. Grazie all’alimentazione garantita da un sistema di iniezione indiretta Lucas e ad un rapporto di compressione di 11:1, questo “cuore” marcato Ferrari era capace di una potenza massima pari a 220 CV a 9000 giri al minuto. L’accensione era singola e l’impianto prevedeva l’applicazione di un singolo spinterogeno.
Sogno giovanile
La 206 S nasceva come biposto carrozzata berlinetta o spider, ma il lavoro della Pininfarina consisteva proprio nel ridarle un aspetto del tutto nuovo in soli quattro mesi. Ad occuparsi del disegno fu uno stilista al debutto con il prestigioso carrozziere torinese. Un impegno da far tremare le gambe a chiunque ma non a Paolo Martin, che a soli 23 anni si gettò con entusiasmo ed emozione nell’impresa. La nuova veste era caratterizzata da un avantreno molto spiovente ed affilato come una lama, con l’applicazione di un’ala per aumentare il carico sull’anteriore. La coda era invece troncata bruscamente ed anch’essa sovrastata da un’ala a tutta larghezza sostenuta da due supporti: si voleva dare risalto alle innovative appendici aerodinamiche che si stavano trovando le loro prime applicazioni sulle vetture da corsa del tempo.
Le ampie porte ad ala di gabbiano consentono l’accesso ad un abitacolo essenziale come su un prototipo da corsa (Estudio 7 Valencia – Sconosciuto)
Un’estetica sconvolgente
A legare le due estremità in antitesi estetica, Martin modellò un corpo vettura sinuoso, una vera scultura in movimento che con le morbide curve dei parafanghi donava dinamismo all’insieme. Il padiglione sembrava incastonarsi al centro come una capsula trasparente. Il parabrezza arrotondato ed avvolgente ed i cristalli laterali incurvati fino ad estendersi sul tetto rendevano luminosissimo l’abitacolo, ricordando da vicino altre sportive di quegli anni. I tocchi finali erano le scenografiche porte ad ali di gabbiano che rendevano l’accesso rapido come in un prototipo da corsa ed il colore scelto: un vistoso giallo che colpiva l’osservatore al primo sguardo. Il risultato complessivo fu così personale ed unico da lasciare a bocca aperta tutti i visitatori della rassegna di Francoforte, compreso l’inviato del francese Auto-Journal che si limitò a definire la biposto carrozzata dalla Pininfarina «uno degli oggetti più belli creati dall’uomo». Sicuramente l’immagine contemporaneamente sensuale e sportiva della 206 S Competizione si cristallizzò rapidamente nell’immaginario collettivo. L’obiettivo era raggiunto.
Dal carrozziere alla collezione
Come una vera “concept car” la Dino 206 S Berlinetta Competizione rimase un esemplare unico senza seguito produttivo, ma fu capace con l’equilibrio delle sue proporzioni e l’originalità delle soluzioni estetiche di influenzare il disegno della Dino 206 GT prodotta dall’anno successivo. La vettura che strabiliò il mondo a Francoforte divenne un pezzo pregiato della collezione Pininfarina, accudita amorevolmente per quasi cinquant’anni prima di venire ceduta ad un appassionato. Ma non uno qualunque, bensì uno dei più grandi cultori al mondo del marchio Ferrari: James Glickenhaus. Proprietario di alcune tra le più significative fuoriserie del Cavallino (una per tutte la Ferrari Modulo), il collezionista americano ha messo le mani sulla 206 S Berlinetta Competizione garantendone la visibilità nei maggiori concorsi di eleganza mondiali dedicati alle auto storiche, concedendosi anche lo sfizio di utilizzarle di tanto in tanto su strada. Prima della cessione infatti la Pinifarina ha effettuato un “tagliando” completo con annessa verifica delle ali in galleria del vento, come per una qualunque automobile di seconda mano da usare quotidianamente. Perché a volte i sogni sono molto più concreti di quanto si creda. Per chiarimenti, citofonare Glickenhaus.
James Glickenhaus è di parola: ecco la sua “Dino Competizione” al concorso di Pebble Beach nel 2014 (Rad Rides su YouTube – Sconosciuto)
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