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Gianni, che la Terra Ti sia lieve

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Luglio 2010, Mende, Lozère, Francia del centro Sud.

La tappa era finita da poco con la vittoria di “Purito” Rodriguez in cima alla “Cote de la Croix Neuve” e si tornava a piedi verso l’albergo. Nel centro della cittadina si era creata un’infinita fila di macchine al semaforo come sempre accade quando in un qualunque posto arriva una tappa del Tour. Gente che si sposta chissà verso dove: molti tornano alle rispettive case dopo aver vissuto una grande giornata di sport e di sublimi emozioni, alcuni (più fortunati) proseguono lungo la strada dei “suiveur” per vedere ulteriori tappe.
Ad un certo punto scorgo un’auto scura, mi pare una Lancia, incolonnata in quel traffico apparentemente senza limiti e senza speranza. Sulla fiancata riportava a chiare letetre bianche il nome della testata per cui scrivi (pardon, non riesco ancora ad utilizzare il tempo passato). 
Preso da una forza sovrumana e senza controllo che vinse qualsiasi timidezza mi avvicinai all’auto, vidi che il finestrino era abbassato, e che lì c’eri tu. Un attimo di esitazione – maledetta timidezza atavica! -, mi bloccai per qualche istante, ma poi ripresi la mia marcia verso quell’auto.
Buongiorno, Signor Mura!” così mi rivolsi a te (a lei, ti davo del lei, boh).
“Buongiorno a Lei!” rispose l’uomo con la sua voce pastosa e lo sguardo di chi tante ne ha viste, e ora anche quella di un corpulento, barbuto e sconosciuto italiano in maglia gialla che sbucava non si sa da dove e chissà che ci faceva lì, a mille chilometri dalle nostre case.
Complimenti per quello che scrive! La leggo sempre e…” nulla di più originale da dire, Panero? Sembri uno di quelli che telefonano alle radio private per fare la dedica a qualche amico e per complimentarsi per la trasmissione.
“Grazie mille!” fece in tempo a dire lui.
Poi, molto probabilmente, il verde di un semaforo lontano scattò, l’autista accelerò, feci giusto in tempo per salutarti (salutarla, boh) con la mano, con l’idea che forse, dopo quel fugace, strano, a ben vedere un po’ imbarazzante incontro, non ci saremmo visti più.
E tornammo a seguire i rispettivi Tour. Il suo fatto prevalentemente di sale stampa e alberghi, ma anche di luoghi, di persone, di cibi. Il mio fatto prevalentemente di popoli e di strada. Ma entrambi fatti di emozioni indimenticabili. 

Al contrario di quel che pensavo ci saremmo incontrati ancora qualche anno dopo, alla presentazione di uno spettacolo su Pantani. Ovviamente lei non ricordava quel primo incontro sulla strada, ma io nuovamente mi avvicinai, e cominciammo a parlare, quella volta avemmo maggiore tempo, di Pantadattilo e di Tour. 
Presi il coraggio di farmi dare la tua mail, e prendemmo a scriverci ogni tanto.
Ti mandai alcune mie cose sul Tour, e mi rispondesti unendo complimentia suggerimenti. 
Mancherai troppo, e davvero mi riesce difficile immaginare un Tour senza di te.
E forse non è un caso che proprio quest’anno non lo si riuscirà a correre. 
E’ stato bello incontrarti anche solo per qualche breve attimo.
E’ stato sublime leggerti, sempre. E ammirarti tanto. E magari prendere, umilmente, spunto da te. 

 

Che la terra ti sia lieve, Gianni” avresti scritto tu ora, alla fine di tutto. 
Eccosì, che la terra le sia lieve, Maestro. 
Non posso e non voglio aggiungere altro.
E adesso musica di Georges Brassens come se non ci fosse domani.

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