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GP di Spagna 1975, la fine del terribile Montjuic

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Si dice che la storia sia ciclica, e in queste ore lo stiamo forse toccando con mano. Spesso, a distanza di anni, si fanno esattamente le stesse, solite discussioni, sugli stessi, soliti, temi. Nelle gare di Formula 1 è stato così nel 2021, dopo l’infausto GP del Belgio, come fu nel 1991 per la breve gara disputata ad Adelaide. Oggi ripercorriamo ciò che successe nella terza gara più breve della storia del Circus, il Gran Premio di Spagna del 1975.

Il circuito del Montjuic, tragicamente d’incanto

Nel 2006, alla mia prima volta in visita a Barcellona, rimasi rapito da un luogo che mai mi sarei aspettato di trovare in una grande città. Era la collina dei Montjuic, un promontorio vicino al porto industriale del capoluogo catalano. Lì vidi alcuni luoghi iconici che mi fecero innamorare di quell’area, ma ancora non sapevo una cosa che imparai anni dopo: lì ci aveva corso la Formula 1. Appena lo scoprii mi sembrò impensabile. Le strade erano strette, le vie di fuga inesistenti, le variazioni altimetriche imprevedibili. Tutto questo nel 2006. Figurarsi negli anni ’70, quando effettivamente i bolidi sfrecciavano in quello scenario tragicamente d’incanto. All’epoca la percezione della sicurezza era differente da oggi, ma anche i piloti, in quegli anni, non erano felici di correre al Montjuic. Era troppo anche per quegli eroi. Su quelle strade si correva, ad anni alterni con Jarama, il GP di Spagna. Già nel 1971 ci furono dei brutti incidenti e, alcuni mesi prima della gara, il pilota francese Jean-Pierre Beltoise si recò sul circuito insieme ad alcuni membri della CSI, la commissione sportiva della FIA dell’epoca, per valutare le dotazioni di sicurezza dell’impianto. Fece aggiungere alcuni guardrail e si notò che altri erano installati male o non fissati. Gli organizzatori avrebbero dovuto porre rimedio.

Accordi e disaccordi

Già dal mercoledì precedente alla gara, il 23 aprile 1975 i piloti fecero qualche giro a piedi. I guardrail erano montati male. La situazione non migliorò al giovedì e nemmeno nella mattinata del venerdì, giorno delle prime prove libere. Tanti piloti si rifiutarono di scendere in pista e le prove delle 14 vennero cancellate, mentre rimase la sessione delle 16. Nelle tante riunioni svolte nel camion della Texaco, sponsor della McLaren, i piloti ribadirono la loro volontà di non scendere in pista. Alle 16:20 però Jacky Ickx percorse alcuni giri con la sua Lotus. Le prove erano iniziate. In realtà il belga fu seguito solo da Vittorio Brambilla mezzora più tardi. Nel mentre i costruttori attendevano le decisioni dei propri piloti. Alle 17 Ickx e Brambilla dichiararono che il circuito, per loro, era ok. La Gran Prix Driver Association, in sigla GPDA, era già presente e attiva ma, come spesso accade, le posizioni dei piloti erano tutt’altro che convergenti. Alle 18 del venerdì Hill annunciò che ogni decisione sarebbe stata rimandata al sabato. Solo Ickx era in disaccordo, mentre Brambilla “non sapeva…”.

All’indomani mattina la situazione non migliorò, con il segretario della CSI Le Guezec che disse che la corsa non si sarebbe disputata per motivi di sicurezza. Fittipaldi annunciò la sua non partecipazione senza lo svolgimento dei lavori richiesti. Lauda: “Non si può correre. E’ in questa occasione che dobbiamo dimostrare se la GPDA è una organizzazione forte o no”. Scheckter: “No racing”. Alla CSI fu richiesto dai piloti di dichiarare la pista inagibile. La risposta fu: “la pista è terribile”. Nessuno volle decidere per tutti, mentre Ickx sostenne che, a quel punto, si sarebbe dovuto contestare anche Montecarlo. Andretti dichiarò di essere favorevole alla corsa ma che si sarebbe allineato alla maggioranza. I piloti erano tutti nel camion Texaco e Chapman richiamò Peterson, dicendogli di andare in pista. Al rifiuto dello svedese, il costruttore inglese gli ricordò che era sotto contratto con la Lotus. Anche Max Mosley richiamò all’ordine Brambilla e Lella Lombardi, venendo brutalmente cacciato da Wilson Fittipaldi, fratello del campione del mondo in carica Emerson. Il risultato fu che i costruttori cominciarono a chiamare altri piloti sotto contratto con loro. Alle 15:30 ci fu la votazione finale dei piloti. Brise, Peterson, Lombardi, Andretti, Brambilla, Jones, Donohue, Icks, Evans e Wunderlink erano d’accordo per correre, gli altri per tornarsene a casa. Vinse questa posizione.

Quindici minuti più tardi arrivò la notizia che gli organizzatori erano intenzionati a far sequestrare le auto e il materiale dei team presenti nello stadio del Montjuic. I piloti accettarono il ricatto, con l’accordo di percorrere i sei giri di qualificazione minimi a bassa velocità, per non infrangere il regolamento. Lella Lombardi fece il segno delle manette, ad indicare che se non avessero corso li avrebbero arrestati.

Alle 16:55 Emerson Fittipaldi si mostrò coerente e percorse i suoi sei giri ad andatura lenta, sommerso dai fischi del pubblico. Nel frattempo Lauda fece segnare un tutt’altro che lento 1’24”2. Le qualifiche erano ufficialmente iniziate, mandando all’aria tutti i buoni propositi.

La tragedia annunciata

In questa mera cronaca si può notare quanto i problemi odierni siano gli stessi di un tempo. I diversi interessi delle varie parti in causa generano giocoforza confusione e mancati accordi. Alla domenica mattina Le Guezec dichiarò la pista agibile perché tutti i lavori erano stati fatti. Lauda, in un sopralluogo con i giornalisti italiani, svitò alcuni bulloni dei guardrail a mano per dimostrare che le cose non erano esattamente così. Alle 12 Emerson Fittipaldi prese l’aereo e se ne tornò a Ginevra mentre alle 12:55 Vilapadierna, il direttore di corsa, diede il via alle ostilità. Lauda scattò dalla pole position, affiancato dal compagno di squadra Regazzoni, ma la gara dei due terminò dopo 700 metri per un contatto innescato da Mario Andretti, che proseguì. Regazzoni in realtà rientrò ai box per le riparazioni al musetto, ripartendo dopo due giri senza più nulla da pretendere.

Andretti prese il comando del plotone e al settimo giro staccò il tempo di 1’25”10 che gli varrà il giro più veloce della gara, l’unico fatto segnare nella storia dal suo team, la Parnelli. Wilson Fittipaldi e Arturo Merzario si ritirarono dopo un giro, mentre alcuni guasti fermarono Watson, secondo, Donohue e Scheckter. Passò secondo Rolf Stommelen, seguito da Pace, Peterson, Mass, Ickx, Brise e Price. Al sedicesimo giro Andretti si ritira in seguito alla rottura della sospensione posteriore, forse una conseguenza del contatto del primo giro. Stommelen si issò quindi in testa, inseguito ferocemente da Pace, mentre Hunt e Peterson si ritirarono per incidente.

Al venticinquesimo giro, sui 75 previsti, l’alettone anteriore della vettura di Stommelen si staccò sul rettilineo dei box, schiantandosi violentemente contro il guardrail di sinistra e carambolando poi in pista per decine di metri, toccando la Brabham di Pace. La Lola di Stommelen si alzò, attraversò il tracciato e volò oltre le protezioni, sulla folla di spettatori. Si consumò una tragedia annunciata. Morirono quattro persone. Stommelen si fratturò le gambe. La corsa continuò per altri due giri prima della sospensione, segnalata con la bandiera a scacchi in luogo della bandiera rossa.

Gli highlights del GP di Spagna 1975 (Source: YouTube – Formula 1 Amarcord, copyright to the owners) 

Tutto cambia perché nulla cambi

Gli organizzatori in realtà pensarono di far riprendere addirittura la gara, come dichiarato in diretta alla TV Svizzera da Luca Cordero di Montezemolo, annunciando comunque il ritiro delle vetture Ferrari. Le parole del dopo gara furono sempre all’insegna della divisione, allora come abbiamo potuto vivere nei giorni nostri.

Andretti: “Mi spiace per quello che è successo, molto probabilmente non si correrà più qui al Montjuic. E’ la fine delle vere corse su strada, che mi piacciono tanto e che mi spiace finiscano. Da oggi tutti in facili circuiti permanenti…”

Regazzoni: “Aveva ragione la GPDA, forse se eravamo più uniti si sarebbe potuta evitare la tragedia di oggi. Ma la CSI non ha avuto il coraggio di dire no, ha addirittura avallato questo circuito. Che cosa ci potevamo fare?”

Brambilla: “Non vedo che cosa ci sia da ridire, è tutto giusto, se capitava in una pista più veloce come Monza a 300 Km/h invece che a 260 la macchina poteva andare a finire in tribuna e poteva essere un disastro ancora maggiore. Va bene così…”

Lauda: “La CSI ha detto prima della corsa che era tutto ok, non c’erano problemi per piloti e spettatori. Ammiro molto Fittipaldi e quello che ha fatto: sono sempre stato al suo fianco in questa battaglia. Lui è campione del mondo e forse può permettersi certe cose come andarsene, forse alla fine dell’anno vuole ritirarsi, non so. Io voglio correre ancora per molti anni. Perché sono sceso in pista? Facile: dal primo momento che c’erano gli altri ho dovuto andarci anche io. A casa ci sono mille persone che lavorano per me, il commendator Ferrari corre per vincere, per vincere il mondiale, se gli altri corrono devo farlo anche io, altrimenti quando mi presento a casa dal commendatore che cosa gli dico?”

Wilson Fittipaldi: “Ho fatto un solo giro per evitare che mi bloccassero le macchine in dogana con la polizia, sono contento d’averlo fatto perché purtroppo si è dimostrato che quanto detto era vero. Mancano le misure di sicurezza”.

Merzario: “Le nostre ragioni erano valide, solo che non siamo riusciti ad andare fino in fondo”.

Queste parole sono tratte dall’Autosprint N. 18, anno XV, uscito il 29 aprile 1975 e titolato, laconicamente, “LA CORRIDA”. Jochen Mass vinse la sua prima gara in 44’53”7 su McLaren Texaco Marlboro, seguito da Ickx e Reutemann con la Brabham Martini, staccato di un giro. Quarto Jarier con la Shadow, quinto Brambilla con la March Beta e sesta Lella Lombardi con la March Lavazza. Vennero assegnati punti dimezzati, non essendo stato percorso il 75% della distanza di gara. Questa corsa divenne storica, oltre che per quanto accaduto, anche per il risultato ottenuto dalla Lombardi, tutt’oggi la prima ed unica donna a conquistare un punto, o per meglio dire mezzo punto, iridato in Formula 1. E’ piacevole ricordare che a Imola, a pochi metri dal rettilineo dell’autodromo, sorge un’area verde intitolata a suo nome.

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