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I racconti del Commissario – L’Hungaroring è nato a Imola!

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Domenica 10 agosto 1986 è una data che ha lasciato una traccia indelebile nella storia dell’automobilismo. Quel giorno la Formula 1 varcò per la prima volta la “cortina di ferro” per correre in un paese del blocco comunista. A trent’anni dalla rivolta soffocata nel sangue dalle truppe sovietiche l’Ungheria ospitava la prima gara mondiale sul suo territorio. Una corsa che si riallacciava alla tradizione iniziata cinque decenni prima, quando Tazio Nuvolari vinse la prima edizione del Gran Premio di Ungheria su un circuito cittadino al parco Nepliget di Budapest. Mezzo secolo dopo fu Nelson Piquet a trionfare con un sorpasso da antologia sul connazionale (e rivale) Ayrton Senna in un teatro del tutto nuovo: l’Hungaroring. Ma pochi sanno che quel circuito è stato concepito nella Motor Valley, per la precisione a Imola. Quindi mettetevi comodi e gustate una storia iniziata diverso tempo prima.

L’ingresso dell’Hungaroring: cosa lega il circuito centro europeo e Imola? (Ferrari.com)

Pietra miliare

La 1000 Chilometri del 1974 è un momento fondamentale nella storia dell’Enzo e Dino Ferrari. Il 2 giugno di quell’anno il Campionato Mondiale Sportprototipi tornò in Italia dopo la classica monzese portando per la prima volta una rassegna iridata a quattro ruote in riva al Santerno. L’evento, passato alla storia per la sfida al vertice tra Matra-Simca ed Alfa Romeo con la Ferrari grande assente, fu l’occasione per mostrare al mondo un circuito all’avanguardia. Imola, entrata nel terzo decennio di vita, era diventata grande rinnovandosi nel tracciato e nelle infrastrutture. Era giunto il momento di trasformarsi dalla pista “campagnola” degli anni Cinquanta e Sessanta per entrare nella fase moderna del motorismo. Nuove barriere e vie di fuga, un attrezzato centro medico, la Variante Bassa in configurazione permanente ed un avanzato sistema di telecamere a circuito chiuso rafforzavano le ambizioni di un A.C. Bologna che iniziava a sognare il bersaglio grosso: il mondiale di Formula 1. C’era elettricità nell’aria quel fine settimana e in un clima del genere un altro fatto, destinato a cambiare la storia delle corse, passò poco più che inosservato.

Un attento studio

Per riscoprirlo bisogna tuffarsi a sfogliare una copia di Autosprint dedicata alla corsa, per la precisione il numero 23 del 4 giugno. A pagina 31 l’inviato a Imola, l’indimenticato Giancarlo Cevenini, dedica poche righe ad una visita inattesa dal pubblico. Nel corso del fine settimana di gara il signor Wilhelm Wessely, membro dell’Automobile Club magiaro, e l’ingegner Laszlo Valyi erano giunti in Romagna non solo per assistere alla 1000 Chilometri, ma anche e soprattutto per incontrare gli organizzatori dell’A.C. Bologna. Lo scopo del viaggio era un attento esame dell’autodromo imolese, sia nel tracciato vero e proprio che nelle strutture ausiliarie, per capire cosa sarebbe servito per realizzare un impianto simile in Ungheria. L’obiettivo era chiaro: si voleva dotare il paese di un circuito con i più altri standard richiesti all’epoca installandolo nel raggio di cinquanta chilometri da Budapest. Imola era vista come un punto di riferimento e ispirazione. La “gita d’istruzione” fu particolarmente apprezzata dai delegati ungheresi, ai quali i dirigenti italiani mostrarono nei particolari tutti i servizi sanitari e di sicurezza riscuotendo interesse e ammirazione. La costruzione del primo autodromo dell’est Europa sembrava imminente ed il clima di collaborazione instauratosi con Imola pareva aprire nuovi orizzonti per lo sport automobilistico, un simbolo del capitalismo che faceva breccia in un paese legato al Patto di Varsavia. Ci si augurava che la nuova pista sarebbe nata in tempi brevi, ma invece la realtà fu ben diversa.

Tsunoda precede Leclerc a Imola in un’immagine che racchiude la Motor Valley in Formula 1. In Ungheria in comune con l’Enzo e Dino Ferrari troviamo solo le pendenze (Red Bull Content Pool – copyright to the owners)

Una gestazione pluridecennale

Passarono ben dodici anni prima che si disputasse il “Magyar Nagydíj“, per gli amici Gran Premio di Ungheria, e quando il Mondiale di Formula 1 sbarcò in terra magiara trovò ad attenderlo un circuito moderno ma stretto e tormentato per una lunghezza di nemmeno quattro chilometri. Non era dato sapere quanto gli ungheresi si fossero effettivamente ispirati all’autodromo di Imola, sicuramente del misto-veloce adagiato ai piedi delle colline di Romagna restavano solo le variazioni altimetriche. Il resto è storia. Il Muro di Berlino cadde pochi anni dopo quella prima corsa all’Hungaroring e Budapest è diventata una tappa fissa del Mondiale, una classica estiva che non ha mai visto in discussione il suo posto il calendario. Il tracciato è stato ritoccato due volte per diventare meno tortuoso e più sfidante ma senza perdere le sue caratteristiche, mentre Imola ha dovuto fare a meno di Tamburello e Villeneuve dopo le tragedie del 1994 ed uscire per quasi tre lustri dal “giro” della Formula 1. Ma ora che la massima formula è tornata nella Motor Valley è bello ricordare come il circuito intitolato a Ferrari ed al suo amato Dino abbia dato l’ispirazione per un autodromo che ha fatto la storia del motorismo a cavallo tra due millenni.

Yuki Tsunoda affronta la variante dell’Hungarorong con la sua AlphaTauri. La gara ungherese è titolare inamovibile nel calendario della Formula 1 (Red Bull Content Pool – copyright to the owners)

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