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Il personaggio della settimana – Gerhard Berger, molto più di un “secondo”
Gerhard Berger è austriaco, ma, a differenza del suo connazionale Niki Lauda, non è ricordato tra i piloti più iconici della storia dell’automobilismo. Ha corso in Ferrari, ma non ha avuto la possibilità di guidare vetture vincenti come la 312 T o la F2004. È invece passato dalla McLaren durante l’età dell’oro della scuderia inglese, ma non ha ottenuto gli stessi successi del suo compagno di squadra Ayrton Senna. Giungere però alla conclusione che la sua carriera sia stata mediocre sarebbe riduttivo. Ha portato a casa la vittoria in 10 Gran Premi di Formula 1, e ognuna di queste ha un peso specifico importante. Le sue doti di pilota non sono mai state messe in discussione, e i tifosi lo ricordano anche per la sua simpatia.
Il debutto in Formula 1
Classe 1959, suo padre era il proprietario di un’azienda di trasporti, dove Gerhard lavorava come autista. A partire dal 1979 iniziò a partecipare ad alcune gare automobilistiche; nel 1982 si iscrisse al campionato Formula 3 tedesco, e l’anno successivo passò a quello europeo, durante quale archiviò tre piazzamenti sul podio. Un risultato importante arrivo al Gran Premio di Macao, vinto da Ayrton Senna, che fu chiuso al terzo posto da Berger. Nel 1984 ottenne due vittorie nella Formula 3 continentale, che gli consentirono di arrivare al terzo posto nella classifica finale e di ricevere le attenzioni da parte della scuderia tedesca di Formula 1 ATS. Debuttò a stagione in corso, disputando quattro gare con un sesto posto a Monza come miglior risultato. Purtroppo quel piazzamento non gli valse il punto in classifica che gli sarebbe spettato in base al regolamento dell’epoca, in quanto l’ATS aveva iscritto al campionato all’inizio della stagione solo la vettura del suo compagno di squadra. Per togliere lo zero dalla casella dei punti conquistati dovette attendere un anno, quando con la Arrows arrivò quinto nella penultima gara della stagione 1985 in Sudafrica.
Benetton, Ferrari, McLaren
Nel 1986 Berger approdò alla Benetton, scuderia all’esordio nel mondiale di Formula 1. Nel corso dell’anno l’austriaco ebbe la meglio sul compagno di squadra Teo Fabi e conquistò la prima vittoria, sia per lui che per la Benetton, in Messico, dopo varie occasioni mancate per problemi di affidabilità. A partire dal 1987, e per i successivi due anni, Berger fu un pilota della Ferrari. Anche qui i risultati non furono immediati, fu necessario aspettare le ultime due gare per vedere Berger sul gradino più alto del podio, ma le attese furono ricompensate. Grazie alla vittoria in Giappone Berger interruppe la serie di 37 gare senza primi posti per la Ferrari, allora la più lunga mai vissuta a Maranello, e con il successo ad Adelaide due settimane dopo, la Rossa tornò di nuovo a vincere due gare consecutive, cosa che non accadeva da sei anni. Nel 1988 la Ferrari ottenne un’unica vittoria, ma dal valore infinito. Poche settimane dopo la scomparsa di Enzo Ferrari, avvenuta il 14 agosto, il Circus, come di consueto, fece tappa a Monza, pista italiana e importante per la Rossa, ai primi di settembre. Al traguardo Berger fu primo, davanti al compagno di squadra Alboreto. Non poteva esserci modo migliore per onorare il fondatore del Cavallino. Questo risultato, insieme ad altri quattro podi, valsero a Berger il terzo posto nel mondiale. Nel 1989 la Ferrari stentò molto di più ad ottenere risultati, anche se arrivò comunque una vittoria in Portogallo. Quell’anno viene ricordato soprattutto per lo spaventoso incidente che occorse a Berger durante il Gran Premio di San Marino a Imola. Il pilota andò a schiantarsi ad altissima velocità contro il muro all’altezza della curva Tamburello e la sua auto venne avvolta dalle fiamme. Il tempestivo intervento degli uomini della Squadra Corse CEA, addetti alla sicurezza antincendio, permise il salvataggio dell’austriaco, che se la cavò con qualche ustione e una frattura a una costola. Non fu per Berger il primo incidente che avrebbe potuto costargli caro: il precedente risale al termine della sua prima stagione in Formula 1, quando si trovava a bordo della sua auto privata sulle colline sopra Salisburgo. Venne speronato, la sua auto si capottò varie volte e finì in un dirupo, e ciò gli provocò la frattura di due vertebre. La sua fortuna fu che le prime persone a sopraggiungere sul luogo furono due dottori specialisti in fratture al collo, di ritorno da un convegno, che si occuparono di immobilizzarlo. Grazie a loro e alle cure in ospedale poté riprendersi completamente in vista della stagione successiva. Nel 1990 fu scelto per affiancare Senna in McLaren al posto di Prost, che invece seguì il percorso inverso e si insediò a Maranello. Il brasiliano conquistò il titolo mondiale, ripetendosi l’anno successivo, e Berger contribuì a portare a Woking i due campionati costruttori. Nel 1991, in Giappone, quando i giochi per il titolo mondiale erano ormai chiusi, Senna regalò la vittoria al compagno di squadra, per ringraziarlo dell’aiuto nel corso della stagione. Questo episodio racconta anche dell’amicizia che nacque tra i due, costellata da molteplici scherzi che Berger faceva a Senna e ai quali il brasiliano rispondeva. Berger chiuse la sua esperienza in McLaren nel 1992, con due vittorie, ma quell’anno lui e il pilota di San Paolo si dovettero inchinare alla Williams. Da quel momento Berger iniziò a ripercorrere all’inverso le tappe della sua carriera, tornando in Ferrari nel 1993.
Il percorso inverso
Tornato in Ferrari, la situazione che trovò non fu delle migliori: non si vinceva una gara dal Gran Premio di Spagna 1990. Lui e Jean Alesi, con il quale divideva il garage, dovettero fronteggiare grossi problemi con le loro auto, dovuti in modo particolare alle sospensioni attive e chiusero il 1993 senza successi. Intanto la striscia di gare consecutive non vinte dalla Ferrari si allungava, fino a superare quella che era stata chiusa nel 1987. E ci pensò un’altra volta Berger a interrompere il digiuno che si viveva a Maranello, dove, dopo 58 gare senza che un ferrarista salisse sul gradino più alto del podio, record attualmente imbattuto, le campane ripresero a suonare al termine del Gran Premio di Germania 1994. Quello fu l’unico primo posto della sua seconda esperienza in Ferrari, dato che non ne arrivarono altri nel 1995. Il cerchio della carriera di Berger si chiuse con il suo nuovo passaggio alla Benetton per il 1996 e 1997. Da quando se ne era andato, la scuderia era diventata grande, e aveva ottenuto, dopo il suo primo successo, altre 25 vittorie, due mondiali piloti con Michael Schumacher ed era campione del mondo in carica tra i costruttori. Con a fianco ancora Alesi, ci si aspettava che potesse arrivare il suo primo alloro mondiale. In realtà tutto questo non avvenne, e la vettura non si dimostrò all’altezza della concorrenza della Williams. Ma Berger non disse addio alla Formula 1 prima di aver ottenuto un’ultima, significativa vittoria, forse la più emozionante di tutte. Nel 1997 Berger tagliò per primo il traguardo a Hockenheim, regalando alla Benetton l’ultimo Gran Premio della sua storia, dopo che sempre lui aveva conquistato il primo. Ma non è tutto. Berger aveva appena perso il padre, ed era al rientro dopo aver saltato tre gare per il lutto e per dei problemi fisici. L’uomo le cui vittorie non furono mai banali mise così il sigillo su una carriera emblematica per la Formula 1 a cavallo degli anni ’90.
Lo storico trionfo di Gerhard al Gran Premio d’Italia 1988 (Brizio Giampaolo su YouTube)
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