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Il Semaforo Rosa – Simply the BEZ

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Oggi voglio dare voce e forma ad una mia riflessione partita da tempo, ma rimasta latente fino allo scorso Gran Premio di Argentina della MotoGP. Marco Bezzecchi è ormai, e sembra facile dirlo dopo una vittoria stupenda come quella di Termas, un personaggio consolidato all’interno del paddock del motomondiale e pilota sempre più affermato tra i grandi della classe regina. Il Bez è nel motomondiale dal 2015 e dal 2018 ha fatto vedere a tutti di che pasta è fatto. Ha lottato fino all’ultimo in Moto3 contro Martin per il mondiale, le vittorie in Moto2 con il Team VR46, quel 12 trasformatosi in un 72 e poi l’ascesa fino al gradino più alto del podio in MotoGp con la squadra del suo idolo, maestro e dell’Academy che lo ha accolto quando ancora era un poco più che un bambino. Eppure in Bezzecchi c’è qualcosa di più che ti trasmette da quel viso pulito, sereno, pronto a scaturire un sorriso contagioso a 32 denti. Battuta sempre pronta e risposta sempre sincera.

Quando si è presentato al ring delle interviste dopo la gara si è lasciato andare ad un’esclamazione che per i più affezionati delle due ruote non può che riportare alla mente qualcuno che al mondo della MotoGP manca terribilmente tanto. In quel “Diobò” pronunciato ancor prima di iniziare a parlare della sua gara magistrale, mi sono illuminata, come se un fulmine mi avesse colpito in pieno, un flash rapido e veloce ma che si è tramutato in un immagine molto chiara: quella del Sic. Eh sì, perché Bezzecchi gli assomiglia e non poco. Ma non è solo una questione fisica e fisionomica, i riccioli, il sorriso, la faccia e le espressioni. È il modo di fare, di parlare (e non solo per appartenenza di territorio); quella naturalezza che apparteneva all’altro Marco nell’essere diretto davanti e dietro alle telecamere. Due ragazzi senza filtri che sono esattamente gli stessi con o senza il casco. Anche nel nome c’è quella strana coincidenza che ti fa pensare. Negli occhi quella passione smisurata per il loro lavoro. 

Marco Bezzecchi festeggia la sua prima vittoria in MotoGP con un abbraccio nel parco chiuso – credits to motogp.com

Come mi ha detto una mia cara amica e omonima e così come ha scritto (andare a leggere il post di atuttopaddock su IG) anche lo stesso soprannome ha similitudini importanti. Una parola e tre lettere: il Sic e il Bez. Il primo era il futuro, sembrava poter essere l’erede di Vale, anche solo come personaggio, il sole in persona. Il secondo è un allievo di quell’Academy istituita dal Dottore e iniziata proprio con Simoncelli e i primi allenamenti alla cava. Anche Bez il sole se lo porta dentro e con quella luce illumina il suo cammino sempre più in alto verso il cielo. La scomparsa del Sic ha tolto, secondo me, molto alla MotoGP in primis a livello umano, perché Marco era unico. Quel tragico incidente in Malesia ha anche negato ad un talento di crescere e prosperare scrivendo la sua storia personale nel tempo. Il nome di Simoncelli rivive nelle gesta di papà Paolo, nel Team Sic 58 Squadra Corse, nel nome dell’autodromo di Misano e nella memoria di tutti coloro che gli hanno voluto bene. Le magliette con il 58 non sono sparite e mai spariranno perché l’anima di Marco continua a vivere lì dove si respira amore e passione. Sono passati quasi dodici anni da quando il Sic ci ha lasciato e sarebbe forse troppo scomodare idee come quella della reincarnazione, però quando per la prima volta vidi Bez vincere a Termas De Rio Hondo in Moto3 nel 2018 con quel sorriso e quei riccioli il pensiero mi è venuto spontaneo. Tale visione è poi rimasta lì, ma ancora una volta tra le curve Argentine, Marco è tornato al trionfo e quel pensiero è tornato vivo e forte, difficile da nascondere. Sarà forse anche per il bellissimo rapporto che Bez ha con suo babbo, che lo segue sempre e con occhi pieni di orgoglio lo accompagna nei passi della sua carriera così come Paolo fece a suo tempo e fa tutt’oggi con i suoi pilotini del Team.

Due anime troppo belle per passare inosservate. Chissà se anche Vale ha rivisto la stessa cosa in Bezzecchi quando lo seguiva dal box o da casa con i suoi colori addosso mentre esultava sulla sua Ducati con il numero 72 in bella vista. Chissà se in tutti gli allenamenti fatti insieme al Ranch non ci abbia mai pensato Valentino alle tante somiglianze con quel ragazzo a cui lui per primo aveva aperto le porte di casa sua e della sua routine. La somiglianza si tramuta in quello strano brivido che ho percepito la prima volta che l’ho visto, in quella sensazione che provoca un sorriso. L’idea che Marco non se ne sia ma andato dopo quell’incidente a Sepang è sempre rimasta forte, una persona così speciale è troppo per restare umano, ma è anche troppo per sparire del tutto. Chissà che l’anima del Sic non aleggi intorno al Bez e non lo accompagni tra un circuito e l’altro, una curva dopo l’altra fino al traguardo. Due ragazzi accomunati da un sole unico e raro, due ragazzi che ti fanno saltare in piedi sul divano. E forse anche per me che dopo il ritiro del 46 il cuore aveva rallentato è arrivato il momento di farlo tornare a ballare al ritmo di una passione che solo un pilota come il Bez può risvegliare.

“Diobò Bez vai che il Sic ti guarda e ti ammira dall’alto”

Marco Simoncelli nel suo box con il sorriso che lo ha sempre contraddistinto – credits to motogp.com

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