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I Racconti del Commissario – Indianapolis chiama Ferrari

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Il sogno americano

Enzo Ferrari non lo aveva mai nascosto. Anche se non apparteneva ai programmi della Scuderia, l’America delle corse popolava i suoi sogni sino dalla tenera età. Amava ricordare come la vittoria a Indianapolis di Ralph De Palma nel 1912 lo avesse ispirato e l’idea del 12 cilindri fosse nata interessandosi al motore Packard visto sempre a Indy due anni dopo. Tacendo sulla doppia vittoria Maserati nella 500 Miglia a fine anni Trenta che, c’è da scommetterci, non poteva non averlo punto nell’orgoglio. Più prosaicamente la Ferrari dei primi anni Cinquanta doveva fare i conti con la realtà di un’azienda artigianale che doveva farsi conoscere grazie alle vittorie ma contando su risorse economiche limitate. L’ America era il mercato più importante per il Cavallino e le pressioni dell’importatore Luigi Chinetti si facevano ogni giorno più forti. Enzo sapeva che una partecipazione alla 500 Miglia di Indianapolis sarebbe stata una vetrina unica per il suo marchio, ma allo stesso tempo il gravoso impegno economico sarebbe ed il possibile effetto boomerang nel caso i risultati fossero stati al di sotto delle attese frenavano le sue aspirazioni. Eppure nei primi mesi del 1952 si crearono le condizioni per una clamorosa svolta.

La Ferrari 375 Indy di Ascari con in vista i loghi dei finanziatori. All’epoca il concetto di sponsorizzazione era sconosciuto in Europa (Ferrari.com)

Una giovane pensionata

Il cambio di regolamento previsto nel mondiale di Formula 1, riservato alle monoposto della precedente Formula 2, rese la Ferrari 375 non più utilizzabile per la massima formula ma ancora valida per la gara nel catino dell’Indiana. La classicissima americana, seppur inserita in campionato, godeva di totale indipendenza regolamentare risultando un evento isolato dai gran premi europei ma molto appetibile per la visibilità in Nordamerica. Convinto dalle insistenze di Chinetti e Ascari, ma ancor più dal supporto economico di Champion Italia, Mobil e Grant Piston Ring, Ferrari diede semaforo verde alla partecipazione con uno storico annuncio datato 18 marzo 1952. La 375 venne dotata di un telaio rinforzato e sottoposta ad un allungamento del passo, mentre le sospensioni furono irrigidite in vista dell’utilizzo sullo Speedway con pneumatici Firestone di diametro maggiorato. Anche il propulsore ricevette un aumento di cilindrata per giungere ad una potenza di 400 CV a 7500 giri/min ed alimentazione garantita da tre carburatori doppio corpo Weber, sostituiti poi da più generosi quadricorpo. L’abilissimo Chinetti riuscì a piazzare tre monoposto ad altrettanti clienti americani e a Maranello vennero così preparate cinque esemplari di 375 Indy, con quella di Ascari rinominata “Ferrari Special” in vista della corsa.

Da Torino all’Indiana

Il primo collaudo delle vetture avvenne al Parco del Valentino di Torino, in una gara extra campionato in avvio di stagione. Delle tre monoposto iscritte una venne incidentata da Farina, quella di Ascari si ritirò per causa tecnica mentre la restante, affidata a Villoresi, vinse la corsa. Per la spedizione americana fu quindi disponibile una sola 375 Indy ufficiale per il campione milanese, destinato alla trasferta insieme all’ingegner Lampredi, al direttore sportivo Ugolini e soli tre meccanici. Chinetti si sarebbe occupato sul posto di reperire il materiale necessario all’assistenza di quella rossa monoposto col numero 12 dipinto in bianco. Le altre Ferrari 375 erano la bianco-rossa numero 6 iscritta dalla Grant Piston Ring per Johnnie Parsons, la “Kennedy Tank Special” di Johnny Mauro (bianca con il numero 35 rossoblu), ed infine la numero 38 dipinta in azzurro con finiture rosse iscritta da Howard Keck per Bobby Ball. Peccato che i tre “Cavallini americani” non solo non avrebbero preso il via, ma non avrebbero nemmeno tentato la qualificazione. Le vetture vennero infatti giudicate non all’altezza dell’impegno dopo pochi collaudi e i concorrenti americani preferirono non metterle nemmeno alla prova. Ascari sarebbe stato solo nell’arena a sfidare i beniamini del pubblico “yankee”.

La monoposto iscritta alla 500 Miglia di Indianapolis 1952 per Johnnie Parsons dalla Grant Piston Ring esposta al Museo Enzo Ferrari (Wikipedia – pubblico dominio)

Il Cavallino nascosto

Dopo aver superato il “rookie test”, ovvero i sei giri imposti ai debuttanti per guadagnarsi l’ammissione alle qualifiche, Ascari si gettò in pista sabato 17 maggio ottenendo la diciannovesima posizione in griglia sui trentatré ammessi al via al termine delle prove ufficiali. Una prestazione onorevole, ottenuta ad una velocità media di 134,308 miglia all’ora ed un minimo scarto tra i quattro giri svolti per qualificarsi. Una volta saputo del risultato, da Maranello arrivò il via libera a mostrare il Cavallino sulla carrozzeria in vista della gara. Fino a quel momento il logo della Scuderia accanto alla scritta “Ferrari Special” era stato coperto con del nastro adesivo, quasi a voler celare l’ufficialità della partecipazione davanti a possibili brutte figure. La monoposto finalmente completa nella grafica si schierò al via della corsa il 30 maggio con un Ascari subito capace di recuperare ben undici posizioni. Al quarantesimo passaggio, stabilmente ottavo, ci si mise un cedimento del mozzo ruota in curva 4 a spedire fuori pista il pilota italiano, abile nel controllare la sbandata e a spingere in sicurezza la vettura dopo essere stato evitato dagli altri concorrenti. La sua corsa era durata solo un centinaio di miglia ma sembrava promettere molto bene. Appurato che il cedimento era dovuto alla notevole forza centrifuga generata sulle sopraelevate dello Speedway e che la “375 Indy” poteva essere ulteriormente alleggerita e potenziata, la sfida alle mastodontiche monoposto a stelle e strisce sembrava solo rimandata. Ma non sarebbe stato così.

Una Ferrari 375 Indy ad un evento dedicato alle auto storiche (Ferrari.com)

Quaranta giri di speranza

Ascari tornò in Europa per vincere tutte le gare valide per il Mondiale di Formula 1 (aveva lasciato il solo Gran Premio di Svizzera a Taruffi essendo impegnato a Indianapolis) iniziando un dominio che si sarebbe prolungato anche nel 1953. Nel frattempo Ferrari sembrò disinteressarsi a ripetere l’esperienza americana: le monoposto non vennero preparate in tempo per iscriversi nuovamente e le 375 già vendute rimasero ai clienti di Chinetti. Vi sarebbero stati alcuni tentativi isolati di qualificazione negli anni successivi per monoposto nate a Maranello o spinte da motori del Cavallino, ma la Scuderia non avrebbe mai più partecipato alla 500 Miglia. Anche se a metà anni Ottanta un’interessante monoposto realizzata per la massima formula a stelle e strisce si sarebbe vista a Fiorano, nell’ambito di una lotta tra il “Drake” ed i poteri politici della Formula 1. Ma la storia vera tra Ferrari e Indianapolis si chiuse in un pomeriggio del maggio 1952. A meno di incredibili e romantiche sorprese che, talvolta, partono dalla Motor Valley.

Un raro filmato a colori dell’uscita di Ascari a Indianapolis 1952 (sagitt76 su YouTube)

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