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Il Personaggio Della Settimana – Jody Scheckter, la maturazione di un campione

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Aveva i motori nel sangue, fin da bambino. È stato l’ultimo Campione del Mondo con la Ferrari per ben 21 anni prima che si aprisse il dominio con Schumacher. Un pilota semplice ed estremamente veloce, che capiva anche molto bene il comportamento della macchina per riuscire a trovare la perfetta messa a punto e migliorarne lo sviluppo da stagione a stagione. La sua carriera in Formula 1 è stata quasi una toccata e fuga. Nove stagioni divise quasi equamente per ciascuna delle quattro scuderie per le quali ha corso: McLaren, Tyrrell, Wolf e Ferrari.

Una passione che scorreva nelle vene

Nato a East London in Sudafrica, fin da piccolo è cresciuto tra i motori e l’adrenalina delle gare. Suo padre aveva un’officina nella quale a lui piaceva andare per lavorare sulle macchine e imparare qualche nozione meccanica. Suo zio invece aveva partecipato ad alcune competizioni nel 1938. Non poteva che sviluppare una passione innata per la velocità e le corse automobilistiche nelle quali ha poi saputo dimostrare tutto il suo talento. Sognava di correre sui go-kart e vincere delle coppe. In cuor suo ha sempre saputo di voler diventare un pilota anche se all’inizio pensava di essere solo un buon meccanico. Di fatto agli esordi lui si preparava le auto con cui gareggiava per poi sfruttare in pista il suo stile di guida all’inizio molto irruento che gli valse anche qualche squalifica. Nel 1970 vince un campionato nazione Formula Ford in Sudafrica che gli vale il biglietto per l’Inghilterra dove gareggia nella Formula 3 britannica arrivando terzo alla fine del campionato. Purtroppo la sua guida spericolata non attirava molti osservatori, ma McLaren decise lo stesso di puntare sul giovane pilota sudafricano e dargli un’opportunità nel campionato di Formula 2. Conquistò un’unica vittoria, quella di Silverstone nel 1972, che a fine anno gli valse il passaggio nella classe regina delle corse automobilistiche come terzo pilota McLaren.

Scheckter con la McLaren M21 nel 1972 in Formula 2 (Copyright: MotoracingPhoto)

La prima grande occasione

Esordisce nel Gran Premio degli Stati Uniti a Watkins Glen dove riesce ad arrivare a ridosso di Denny Hulme, all’epoca primo pilota McLaren, salvo poi dover retrocedere in nona posizione a causa di un suo testacoda causato da un improvviso scroscio d’acqua. Durante la sua avventura in McLaren non ottenne grandi successi, ma collezionò buone prestazioni che alla fine gli regalarono una buona considerazione come pilota nel circus. Purtroppo però il suo stile di guida ancora troppo aggressivo e senza timori lo portarono ad avere qualche contatto in pista con ripercussioni fuori. Come quello con Emerson Fittipaldi, nel Gran Premio di Francia 1973, allora leader della classifica mondiale che gli costò un accesa discussione con il pilota brasiliano. Oppure l’incidente che causò al Gran Premio di Gran Bretagna nel quale il pilota Andrea De Adamich riportò diverse fratture alla caviglia destra dovendo interrompere la sua carriera e dopo il quale il team inglese decise di tenerlo fuori fino al Gran Premio del Canada. Gara nella quale si scontrò con la Tyrrell di Cévert, che furioso una volta sceso dalla macchina si scagliò contro il pilota sudafricano. Questo valse a Scheckter il termine anticipato del suo contratto con la McLaren. 

Una maturazione vincente

Nonostante il suo stile di guida irruento e spericolato Ken Tyrrell decise di puntare su di lui per sostituire Jackie Stewart, ritiratosi alla fine della stagione 1973. Jody sarebbe dovuto approdare in Tyrrell come secondo pilota a fianco proprio di Cévert, ma il francese perse purtroppo la vita in un incidente nel Gran Premio degli Stati Uniti e quindi il sudafricano si ritrovò a gareggiare come primo pilota per la scuderia inglese nella stagione 1974. Grazie all’aiuto di Ken Tyrrel e dopo aver realizzato che correre in Formula 1 era davvero pericoloso e si rischiava la vita, lo stile di guida di Scheckter maturò. Il pilota capì che per vincere le gare bisognava portarle a termine e non rischiare ad ogni singola curva di ogni singolo giro. Dopo un avvio in salita, Jody ottenne i suoi primi punti, il suo primo podio a Spa e le sue prime vittorie in Svezia e in Gran Bretagna. Con questi risultati riuscì a raggiungere il terzo posto nella classifica finale, giocandosi il mondiale fino all’ultima gara di Watkins Glen con Fittipaldi e Regazzoni. Gli anni successivi a causa anche della scarsa competitività della scuderia inglese, Scheckter otterrà solo due vittorie, una nel 1975 nel suo gran premio di casa e una nel 1976 in Svezia con la famosa Tyrrell P34 a sei ruote, la quale aveva un feeling particolare con il circuito nordico.

Jody Scheckter a bordo della Tyrrell p34 a sei ruote (Copyright: Icon Wheels)

L’avventura alla Wolf

Nel 1977 passa alla canadese Wolf, che esordiva quell’anno in Formula 1. Chiese di avere con sé meccanici e persone di fiducia per comporre un team di circa 20 persone che sarebbero diventati la sua squadra, con a capo Peter Warr che aveva già avuto esperienze vincente come quella in Lotus. Nella sua stagione di esordio lottò con Lauda per il titolo mondiale ottenendo tre vittorie, ma terminò l’anno secondo in campionato. Nel 1978 doveva arrivare la consacrazione con il titolo per il pilota sudafricano ma la Wolf non era più competitiva come l’anno precedente. Ottennero solo un settimo posto finale con 4 podi stagionali.

Campione in rosso

Dopo un lungo corteggiamento da parte di Mister Ferrari, come Jody stesso lo chiamava, arrivò nella Motor Valley alla corte del Cavallino. Con la rossa corse le stagioni 1979 e 1980. La Scuderia di Maranello gli regala il sogno che ogni pilota vorrebbe esaudire: diventare Campione del Mondo. Ci riesce nel 1979 con la 312T4, una monoposto dominante che si adattava perfettamente allo stile di guida di Scheckter e del suo compagno di squadra, il giovane Gilles Villeneuve, che fu anche il suo principale contendente al titolo. La corona arriva, dopo tre vittorie stagionali, a Monza con una doppietta che la rossa non conseguiva sul circuito di casa dal lontano 1966. Il rapporto tra Jody e Gilles era fatto di enorme stima e rispetto reciproco che non andò mai ad intaccare i loro duelli in pista sempre corretti e nel limite. Il loro fu un sodalizio umano importante soprattutto per la Ferrari che poteva contare su una grande collaborazione dei due piloti. L’anno successivo purtroppo la monoposto del Cavallino non risulterà competitiva come la stagione precedente. La Ferrari 312T5 mostrava poca aderenza al terreno che non permetteva ai piloti di spingere al limite senza commettere errori. A metà anno dopo la mancata qualificazione al Gran Premio del Canada, Scheckter, decide di ritirarsi definitivamente dal mondo delle corse dedicandosi ad altre attività commerciali in America. Lasciò così la sua eredità al giovane canadese Villeneuve che nel suo stile di guida grintoso e aggressivo ricordava molto Jody da giovane.

Jody Scheckter e Gilles Villeneuve in pista con la Ferrari 312T4 (Copyright: F1world)

Il pilota sudafricano era trasparente e diretto, non aveva paura di parlare o dire qualcosa fuori posto. Un uomo molto deciso e sicuro di ciò che voleva fuori e dentro la pista. Aggressivo e veloce anche oltre i limiti poi maturato nel comprendere il rischio del suo sport e di quello che faceva. Una maturazione messa a servizio del suo talento per arrivare a vincere, e scrivere la sua storia. Quella dell’ultimo campione rosso prima dell’arrivo del Kaiser di Hürth.

Jody Scheckter raccontato nel programma di RaiTre “Sfide” (Copyright: YouTube – Ford  Cosworth 1973)

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