Altri Sport
Il Semaforo Rosa – L’esempio di Luca Rangoni
Passione
Luca è una di quelle persone che fa bene al motorsport e al paddock in cui lavora. Un esempio per chi segue lo sport, soprattutto perché incarna quei valori di tenacia, forza, dedizione e rispetto che sono la base dello status di uno sportivo. Di carriera ne ha fatta da quando era giovane e correva per semplice divertimento e pura passione. Oggi corre nel TCR Italy con una Fiat Tipo costruita e lavorata completamente in casa. La casa è la Tecnodom, azienda veneta che supporta il progetto di Rangoni dall’inizio. Sono tre anni che stanno sviluppando la macchina e questa è la stagione del debutto vero e proprio in pista per la Tipo tutta arancione targata con il numero 6. La realtà del Team Tecnodom e di Luca è unica se andiamo a guardare i team avversari o anche allungando l’occhio su altri campionati. Costruirsi e svilupparsi una macchina in casa per competere in una competizione dove normalmente le case madri fornisco auto e supporto tecnico ai team che decidono di gareggiare con determinati marchi, brand e modelli, è qualcosa di straordinario. Non solo perché tutti i pezzi e le lavorazioni sul veicolo le fanno loro di propria mano al quartier generale che si trova a Padova, ma perché questo tipo di realtà sono fondate su un sentimento comune a tutti coloro che all’interno vivono giorno per giorno ogni weekend di gara: l’amore per il mondo delle corse. Un ambiente che a me ricorda molto quello che ho vissuto e attualmente vivo all’interno del mio team motoristico universitario, UniBo Motorsport. In questi contesti così simili tra loro non esiste ora da buttare se c’è da assemblare o fare le nottate lavorando sul veicolo perché sono quei momenti che fanno diventare un semplice progetto motoristico quasi come un figlio, lo senti tuo in ogni dettaglio. Così in Tecnodom si arrangiano da soli e si rimboccano le mani quando ci sono problemi o ostacoli da superare sia in officina che in gara. Chi fa parte della squadra si adatta a fare un po’ tutto dal telemetrista all’elettronico fino al meccanico, tutti sono utili nessuno mai fuori posto. Ognuno pronto a dare una mano in qualsiasi area e qualsiasi momento perché fondamentalmente sono tutti mossi dalla pura passione per il motorsport che fin da piccolo ti fa sognare e vivere emozioni uniche. Ovviamente questo porta ad avere qualche svantaggio in più rispetto agli avversari e qualche grattacapo anche difficile da risolvere di tanto in tanto. Basti pensare che l’auto con cui loro corrono è ormai un modello che ha tre anni e nel mondo di oggi in cui ogni due anni esce una macchina nuova o il modello più recente non è facile riuscire a mantenere un veicolo di ormai tre anni al passo con le nuove versioni con cui gareggiano i diretti concorrenti. Oggi è molto facile e veloce definire un macchina obsoleta, molto spesso già quella della stagione precedente viene considerata vecchia figuriamoci una che di anni ne ha due di più. Eppure Luca e il suo team così come Domiziano, il capo dell’azienda e primo fan del progetto, non si sono mai abbattuti ma al contrario arricciandosi le maniche e con la giusta determinazione sono riusciti a togliersi delle soddisfazioni che in una competizione combattuta come il TCR Italy non sono mai scontate.
Vittoria
Luca è un vincitore ed anche un campione. Nel 1995 ha vinto il campionato italiano di Formula 3. Una stagione fantastica nella quale contro tutti prese una decisione che gli permise poi di trionfare in quel campionato. Cambiò squadra e decise di correre per il Team in cui lavorava Massimo Pollini, ingegnere di grande valore e con il quale Luca si trovò molto bene già in altre occasioni. Riuscirono così insieme a raggiungere risultati straordinari. La squadra era relativamente giovane, tanto che l’anno prima era arrivata ultima in campionato. Nel 1994 Rangoni correva con Ghinzani, una realtà con più esperienza che sicuramente poteva assicurargli un supporto più solido. Di sua spontanea volontà Luca decise di firmare per la squadra di Franco Fraquelli discutendo anche con suo padre il quale voleva rimanesse nel suo attuale team, ma alla fine ebbe ragione lui. Dopo quell’esperienza ci fu anche l’idea di salire tra i grandi in Formula 1 e non andò così lontano dall’ arrivarci. Anche perché in Formula 3000 senza nessun test precedente alla prima gara a Pau fece sesto e arrivò a punti. Inoltre Luca era un pilota moderno già a quei tempi, si allenava molto non sgarrava mai nell’alimentazione era totalmente concentrato sulla sua carriera verso la classe regina delle corse automobilistiche. Purtroppo dopo la scomparsa prematura del padre, con il quale aveva un ottimo rapporto e che non si perdeva un’occasione per supportarlo, di fatto lasciò le corse per rimettersi in gioco qualche anno dopo nel 1999 quando vide su Autosprint una Renault Clio 3000 V6 della quale si innamorò e decise di gareggiare nel campionato International Trophy. Campionato letteralmente dominato con il quale Luca ha scritto la sua storia. Vince la gara al debutto assoluto della competizione a Jarama e finisce quarto in classifica generale a causa della poca costanza dimostrata. Come dice lui, l’animo da ragazzino che vuole strafare era ancora molto presente nel suo essere pilota. Dall’anno successivo invece non ci fu più storia per nessuno e tornato a essere quello del 1995 vincerà quattro campionati di fila dal 2000 al 2003.
Famiglia
Oggi Luca è anche un papà di due figli. Una bimba di dieci anni e un ragazzo che vive su a Padova con lui e lavora anche lui in Tecnodom. Quando gli chiedo se la distanza da casa dove vivono la moglie e la piccola a Bologna è un peso, non nasconde che gli piacerebbe essere più presente e vivere di più tutta la famiglia unita, eppure la passione che mette nelle competizioni e in ciò che è ancora la sua vita dopo tantissimi anni nelle gare, gli da una spinta in più per continuare a portare avanti il progetto anche lontano da una parte della sua famiglia. Quando parliamo in lui noto una pacatezza e una tranquillità che lo rendono sereno. Questo gli permette di analizzare con lucidità ogni contesto in cui si trova sia mentre lavora sulla macchina sia quando è in gara e magari deve rimontare da oltre metà griglia e sa che non sarà semplice. Ma lui si diverte, è un passista, ama la gara e i sorpassi e questo lo facilita nelle rimonte che in questa stagione ha dovuto affrontare. Una lucidità unica anche dettata dall’esperienza che non gli fa puntare a risultati inarrivabili ma a qualcosa di reale e raggiungibile considerata la performance che può sprigionare la sua Fiat Tipo. Uno dei suoi desideri sarebbe quello di rendere orgoglioso il proprietario del team, con il quale sono amici da molti anni e il semplice arrivo nei punti sarebbe quel traguardo tanto sperato. Prima di salutarlo mi ha lasciato un messaggio per i giovani che penso sia la sintesi di come lui abbia vissuto la sua vita all’interno delle corse dall’inizio fino ad oggi e che penso possa essere di grande aiuto per tutti coloro che vogliono diventare dei piloti. “Se i giovani vogliono correre devono avere veramente avere la voglia, non deve essere un gioco. La macchina non deve essere uguale al cellulare o ad un videogioco o come andare in discoteca la sera. Devi avercela dentro, che ti scorre nel sangue non per farsi vedere in giro”.
Io sono sicura che prima o poi questa soddisfazione Luca riuscirà a togliersela e a vivere momenti in cui la soddisfazione di portare in pista una macchina completamente lavorata di mano proprio supererà lo sconforto delle difficoltà che si sono trovati ad affrontare. “Non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta”. Mai. E io sono sicura che Luca sia un combattente nato così come tutta la squadra e chi ha creduto fin dall’inizio in un progetto unico nel suo genere.
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