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MARCO SIMONCELLI – 10 ANNI DOPO
23 ottobre 2011. Avevo 12 anni ed ero un ragazzino tutto pane e sport, uno di quelli che se gli parli di calcio o gli parli di motori ti sa rispondere. In quel giorno, però, come se fosse casualità, mi ero completamente dimenticato che la MotoGP correva al mattino (dato che la gara sarebbe stata corsa a Sepang). Scopro del Gran Premio grazie a Yahoo, che nel riquadro centrale lasciava spazio alle notizie in tendenza. Vedo la foto del Sic in prima pagina e senza leggere il titolo penso: “Grande, finalmente sta maledetta vittoria è arrivata”. Poi, però, apro l’articolo e leggo quello che non avrei mai voluto leggere. Marco Simoncelli è morto. Mi si ferma il cuore per qualche secondo. Impietrito dalla notizia non riesco a comunicarla a mio padre e vado dritto su Italia 1 dove scorgo dalle immagini il viso affranto di Paolo Beltramo, che nel comunicare la morte di Marco scoppia in lacrime.
Probabilmente c’è un’era pre Marco Simoncelli e post Marco Simoncelli. Sicuramente non per le vittorie nella classe regina, ma per quel suo modo di stare in pista. Un mix ai limiti dell’ordinario, dove si mescolavano: classe, spensieratezza, una sana dose di provincialismo romagnolo e un gusto old school nel correre con la moto; e sono sicuro che in ogni categoria riuscirete ad immaginare Marco, perché Marco è come il prezzemolo, lo trovi sempre dappertutto.
QUELLA MALEDETTA DOMENICA. Il Sic parte un po’ dietro. Un problema storico del Sic era quello delle piste dove si deve rilanciare in accelerazione la moto, e inoltre storicamente pativa il caldo afoso tipica della zona. Marco, però, non è solito cercare scuse. Si schiera sulla griglia. Elegante nella sua sfrontatezza con l’immancabile bacio sul casco da parte della sua fidanzata Kate e pronti a partire. Un rito romantico il loro, che si ripeteva a ogni gara. Un bacio istantaneo che diventava eterno. Un saluto che serviva anche ad allentare la tensione nel modo migliore possibile, quello più desiderato per il Sic. Poi, Marco si abbassa la visiera, parte il giro di ricognizione ed è pronto a partire. Lo scatto non è dei migliori, inizia la bagarre per la quarta posizione con Bautista, bagarre feroce, di quelle che non si vedevano ai tempi della 250cc. Sembra essere una gara in salita, ma che può diventare un’altra gara a podio come a Brno e Phillip Island. Magari sognando la vittoria nella masterclass.
LA TRAGEDIA. All’improvviso accade l’irreparabile. In una maledetta curva del terzo settore del circuito di Sepang, Simoncelli perde il controllo della sua moto targata San Carlo, rimane aggrappato con tutte le sue forze per continuare la corsa ma la manovra lo porta in piena traiettoria verso un crudele destino. Arrivano Colin Edwards e Valentino Rossi e complice l’alta velocità rimangono inermi davanti all’ impatto. Da Guido Meda in cabina fino ai telespettatori a casa, permane un totale stato di shock. Si intuisce fin da subito che non è il normale incidente. Marco è disteso a terra senza casco, come se fosse paralizzato. Le drammatiche immagini corrono veloci, l’urlo straziante della fidanzata di Marco, la corsa in motorino del papà verso il luogo dell’incidente. Seguono attimi di speranza e forse di illusione. Nessuno in giro per il mondo vuole pensare all’estrema conseguenza di quell’incidente. Poi arriva la notizia che lascia tutti attoniti. Ecco che ritorna presente la voce commossa di Paolo Beltramo, che trattiene a stento le lacrime per aver perso un vero amico. Un amico di quelli sinceri, da partita a briscola e digestivo per accompagnare. L’annuncio è di quelli che nessun inviato vorrebbe mai dare, Marco Simoncelli a 24 anni ha perso la vita a causa del terribile incidente con Edwards e il suo caro amico Valentino Rossi.
VUOTO. I ricordi sono confusi di quei miei giorni a scuola, ma rimane impresso quel numero 58 disegnato sul muro della scuola. Questo era il valore di Marco, aver lasciato qualcosa di indelebile anche a dei bambini di 11 anni. Il dispiacere di aver perso il Sic lascia spazio a rabbia e vuoto. I funerali diventano un addio solenne, e nonostante la trasmissione live della celebrazione funebre, mantiene la sua rigorosa umiltà. Il via vai dei colleghi piloti per l’ultimo saluto e quel “Siamo solo noi” di Vasco Rossi -canzone preferita di Marco- cantata da amici e parenti a squarcia gola. Poi il rombo dei motori delle moto in griglia durante l’ultimo appuntamento a Valencia, con tutti i presenti con la parrucca a ricordare la folta chioma di Marco. Perché tutti noi siamo stati un po’ Marco nella nostra vita. La moto numero 58 ferma in garage ed un clima surreale che stenta ad abbandonare l’intero mondo dei motori e l’ultimo saluto di Marco che con il sorriso dice al mondo intero “Ciao”.
Io Marco me lo immagino felice, nonostante tutto. Felice di aver vissuto una vita al massimo come ha sempre sognato, lontano dalle ingiustizie del mondo e con una passione nel cuore, condivisa con il babbo. Forse, anche per questo motivo, è diventato un eroe per tutti noi. Grazie di tutto Marco. Ci manchi tanto.
La nostra intervista a Kate Fretti che ricorda Marco ed i progetti della fondazione 10 anni dopo Sepang (1000 Cuori Rossoblu su YouTube)
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