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Carspillar – Maserati Tipo V5: Tridente contro il Biscione

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Nel corso della stagione 1931 l’Alfa Romeo aveva messo in mostra una sempre più dilagante superiorità. In casa Maserati era forte la volontà di porre un freno alla supremazia delle vetture milanesi “adottate” a Modena (eranogestite dalla Scuderia Ferrari) ma doveva scontrarsi con le forze umane ed economiche dei fratelli fondatori. La 8C 2800 era stata allestita come arma di emergenza ma poco poteva contro le vetture del Biscione: serviva un Tridente dalle punte più affilate. Con queste premesse nacque la poderosa Maserati Tipo V5.

Cuore maggiorato

In vista della stagione 1932, Alfieri Maserati decise di evolvere la Tipo V4, consegnata al mito grazie alla storica vittoria di Borzacchini a Cremona nella gara dei dieci chilometri lanciati con annesso record mondiale, con un’idea semplice: risolverne le criticità aumentandone la potenza. Il suo lavoro cominciò dal motore. Il noto sedici cilindri con disposizione a V di 25° venne sottoposto ad una cura “anabolizzante”. Mantenendo invariata la corsa di 82 millimetri ma aumentando l’alesaggio a 69, valore limite per la resistenza del monoblocco, la cilindrata aumentò fino a 4.905,93 c.c. portando alla scelta del nome per la vettura (V5 richiamava la cilindrata prossima ai cinque litri). La modifica portava anche qualcosa di più concreto della denominazione: un aumento della potenza a 330-360 CV a 5200 giri/minuto con un rapporto di compressione di 5:1. Tali valori erano possibili grazie alla raffinata distribuzione bialbero a camme in testa per bancata, all’alimentazione assicurata da una coppia di carburatori Weber DO abbinata a due compressori Roots ed alla lubrificazione a carter secco.

Il motore V16 della Maserati Tipo V5 (Foto AutoMotorFargio)

Potenza senza peso

Il propulsore, in posizione longitudinale anteriore, era ospitato in un telaio a longheroni e traverse al quale erano collegate le sospensioni a balestre ed ammortizzatori a frizione con assale rigido anteriore e ponte rigido posteriore. Il cambio a quattro marce più retro era collegato al motore con una frizione multidisco a secco ed un lungo albero trasferiva il movimento alle ruote motrici posteriori attraversando l’abitacolo. I problemi ai freni evidenziati sulla V4 vennero affrontati da Alfieri potenziando l’impianto, costituto da tamburi sulle quattro ruote comandati prima meccanicamente, quindi idraulicamente. L’altra debolezza della progenitrice, ovvero l’eccessiva usura degli pneumatici, venne affrontata maggiorando il diametro dei cerchi. Nonostante gli interventi, la V5 mantenne invariata la massa di 1.050 chilogrammi rispetto alla V4 e con la contemporanea iniezione di cavalli ne risultò un rapporto peso/potenza estremamente favorevole: 3,18-2,91 kg/CV. Valore decisamente più valido rispetto al 3,25 dell’ Alfa Romeo P3, che tuttavia era estremamente più agile sui tracciati misti grazie al peso di soli 700 chilogrammi. La V5 con la sua grande potenza poteva essere un’avversaria tostissima sui circuiti più veloci, dove poteva esprimere una velocità massima di 270 km/h.

L’abitacolo della Maserati Tipo V5 con in vista il cambio e l’albero di trasmissione (Foto AutoMotorFargio)

Poche soddisfazioni

Il 3 marzo 1932 lo sviluppo subì un importante rallentamento. Alfieri Maserati, a nemmeno 45 anni, morì per le complicazioni di un intervento chirurgico al quale si era sottoposto per le conseguenze di un incidente in corsa. Il suo posto venne preso dal fratello Ernesto, più giovane ma non meno dotato, che decise di proseguire il lavoro programmato incaricandosi anche di condurre la vettura in alcune competizioni. L’esordio della V5 avvenne il 24 aprile al Premio Reale di Roma e fu subito trionfo. Luigi Fagioli colse una sonante vittoria che sembrava essere solo la prima di una lunga serie, nessuno poteva immaginare che le cose sarebbero andate molto diversamente. Nei mesi successivi la casa bolognese non riuscì a tornare nuovamente a salire sul gradino più alto del podio. La V5 venne fermata da diversi ritiri per banali problemi tecnici ed errori ai box, caso non infrequente anche nelle gare dello scorso secolo. L’affermazione romana sarebbe stata così l’unica per la poderosa V16 di casa Maserati che venne utilizzata per provare a cogliere nuovi primati di velocità preziosissimi all’immagine del marchio. Venne quindi predisposto un programma di tentativi di record che subì un nuovo tragico stop con la morte dell’ex centauro bolognese Amedeo Ruggeri proprio al volante della V5 sull’anello di Montlhéry. Un destino infausto per il pilota e la vettura che doveva riportare la Maserati a dominare sulle piste, ma che dopo decenni è ricordata come simbolo delle capacità tecniche di una casa che ha fatto la storia della Motor Valley.

In pista con la Maserati Tipo V5 (AutoDigest TV su YouTube)

 

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