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Una gara da mito – La “Mototemporada”, un sogno romagnolo
Pochi soldi, tanta passione
La Romagna, si sa, è la terra “d’é mutor”, laddove con motore si intende non semplicemente il propulsore bensì la motocicletta nella sua interezza. Questa sineddoche materializza un amore viscerale per un mezzo meccanico che per sognatori concreti e di poche risorse come i romagnoli divenne ben presto un modo per volare tenendo i piedi, pardon le ruote, ben saldi a terra. Nel dopoguerra la moto assunse anche il nuovo connotato di simbolo della rinascita oltre a quello di un mezzo di locomozione popolare. Fu allora che diversi motoclub, riprendendo una tradizione iniziata nei decenni precedenti, si impegnarono nell’organizzazione di gare su circuiti cittadini. Viste le scarse finanze ci si poteva basare solo sulla partecipazione di volontari e sull’utilizzo di mezzi di fortuna, ma la passione e la voglia di tornare a vivere fecero il miracolo. In breve vennero organizzati eventi a Lugo, Imola (sui viali cittadini prima della nascita dell’impianto permanente) e Faenza, con la città manfreda che nel 1948 giunse addirittura ad organizzare la massima competizione su suolo nazionale, il Gran Premio delle Nazioni. Il pubblico ed i partecipanti aumentarono velocemente, di pari passo alla passione dei più giovani che crescevano a pane e motori. Ma la vera “Mototemporada” sarebbe nata qualche anno dopo.
Una grande opportunità
Alla fine degli anni Cinquanta la Romagna si era messa alle spalle gli orrori del conflitto e stava scoprendo un nuovo settore dalle infinite potenzialità: il turismo sulle spiagge della Riviera. Gli intraprendenti soci del Moto Club “Alano Montanari” di Cesenatico ebbero quindi una lungimirante intuizione: organizzare un evento su un nuovo circuito cittadino che si snodava tra i viali ed il lungomare della località nel periodo primaverile. L’idea era decisamente acuta per due motivi. Uno di carattere prettamente economico: si potevano attirare potenziali turisti attirati dall’evento sportivo prima dell’avvio della stagione balneare. L’altro era puramente sportivo. Con un campionato del mondo che prevedeva ancora poche prove in calendario e la totale assenza di prove invernali, una corsa che precedeva il via della stagione mondiale poteva attirare squadre e piloti di altissimo livello in preparazione alle gare titolate. In breve anche l’Azienda di Soggiorno ed il Comune di Cesenatico favorirono l’iniziativa e tra il 25 ed il 26 aprile 1959 si tennero le prime gare su un percorso di 2,750 chilometri con partenza proprio davanti al Grand Hotel. Era iniziata una nuova storia.
“Boom” di moto e piloti
Il sabato fu riservato alle auto di Formula Junior ed alle piccole sport della classe 750 cc, ma il vero successo arrivò la domenica con le prove dedicate alle due ruote che videro triplicato il pubblico rispetto alla prima giornata. Il dado era tratto: la Romagna del motore aveva trovato una nuova culla accanto al neonato Autodromo di Imola. L’iniziativa di Cesenatico dimostrò la validità dell’operazione ed in breve nacquero i cittadini di Riccione (1962), Milano Marittima (1964) e Rimini (1967). Il successo crebbe di anno in anno con programmi che si ampliavano a tutte le classi di cilindrata, dalle “zanzare” della 50 cc alle 500, che si sommavano alle gare riservate agli “Juniores”. Anche la partecipazione di squadre e piloti stranieri fu sempre più massiccia anno dopo anno. Benelli, Gilera, Aermacchi, Ducati, Yamaha, Honda e la sempre attesissima MV Agusta giungevano nella primavera romagnola per mettere a punto i mezzi. Le squadre trovavano ospitalità in paddock estemporanei, come la piazza Andrea Costa di Cesenatico o la canonica della Chiesa Stella Maris di Milano Marittima, dove il profano era venerato quasi quanto il sacro. Centauri italiani come Provini, Pagani, Bergamonti, Buscherini, Francesco e Walter Villa incrociavano le traiettorie con campioni stranieri di nome Hailwood, Ivy, Read, Bryans, Taveri, Nieto ed Herrero in un vero antipasto di Motomondiale.
Una festa popolare
Ma sul finire degli anni Sessanta il pubblico era diviso tra i sostenitori del “cannibale” Giacomo Agostini ed i caldissimi tifosi di Renzo Pasolini. Quest’ultimo, riminese verace, era l’idolo di tanti appassionati che da tutta la Romagna giungevano a decine di migliaia sui circuiti cittadini delle località marittime. Perché queste gare divennero prima di tutto una grande festa dove piadina e sangiovese erano ingredienti fondamentali insieme all’entusiasmo della gente che lungo i tracciati si assiepata su transenne protette da semplici balle di paglia, sui rami degli alberi, sui balconi e sui tetti. In breve le gare romagnole diventarono prove valide per il Campionato Italiano, trasmesse in diretta televisiva e ben finanziate dagli sponsor. Un grande del giornalismo sportivo come l’imolese Ezio Pirazzini arrivò a definirle come “Mototemporada”, utilizzando lo stesso termine con cui venivano definite le gare automobilistiche disputate in Sudamerica nel periodo invernale. Ma quella romagnola era una vera festa del motore che ogni primavera riscuoteva un successo maggiore, in una crescita che sembrava non dovesse mai finire. Ma ogni bella storia non può durare per sempre.
Riccione 1969: le gare sul Circuito Perla Verde in un breve filmato d’epoca (Secondo Serafina – YouTube)
Il giorno del Giudizio
Accanto al successo infatti erano emerse anche critiche nei confronti dei circuiti cittadini, ritenuti pericolosi ed inadatti a moto sempre più prestazionali in confronto agli impianti permanenti, anche se in oltre un decennio non si erano mai verificati incidenti di elevata gravità nelle competizioni romagnole. Fino al 4 aprile del 1971. Quel giorno erano in programma le gare sul “Circuito Perla Verde dell’Adriatico” di Riccione e, sfortunatamente per gli organizzatori, l’inverno sembrava non volere dare spazio alla primavera. Le gare di 50, 125 e 250 si disputarono sotto una pioggia battente che aumentò di intensità alla partenza della classe 350. La corsa era particolarmente attesa per la sfida, alimentata dalla stampa, tra le MV tre cilindri di Giacomo Agostini ed Angelo Bergamonti. Sul tracciato allagato dal diluvio il campione bresciano si installò in testa, ma alle sue spalle il compagno di squadra non mollava stabilendo il giro più veloce al sesto passaggio. Quello che per lui sarebbe stato anche l’ultimo. Al settimo giro infatti Bergamonti perse il controllo della moto sul rettilineo del lungomare, cadendo violentemente a terra e colpendo con la testa il bordo del marciapiede. Sarebbe morto quella stessa notte all’ Ospedale Bellaria di Bologna, senza avere mai ripreso conoscenza. Due settimane dopo, con le gare sul circuito di Cesenatico, la Mototemporada avrebbe vissuto l’ultimo atto di una storia meravigliosa proprio dove tutto era iniziato dodici anni prima. I viali e le rotonde delle località balneari della riviera sarebbero state dedicate solo alle passeggiate dei turisti. Gli appassionati romagnoli avrebbero dato sfogo alla passione sul nuovo Autodromo permanente di Misano, mentre il vuoto lasciato nel calendario primaverile sarebbe stato colmato dalla 200 Miglia di Imola, entrambi datati 1972. Ma il sapore di quelle gare sulle rive dell’Adriatico sarebbe rimasto per sempre come una pagina di passione irripetibile nella storia della Motor Valley.
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