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Un circuito al mese – Nivelles, la F1 in Vallonia

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Un po’ per uno

All’inizio degli anni settanta dello scorso secolo il RACB (Royal Automobile Club de Belgique) si trovò davanti a due problemi di non facile soluzione che minacciavano la sopravvivenza del prestigioso gran premio nazionale. Il primo era di carattere puramente sportivo. Infatti, nonostante la grande tradizione organizzativa iniziata addirittura negli anni venti, le esigenze sempre più pressanti della sicurezza nelle corse avevano reso il mitico circuito di Spa-Francorchamps del tutto anacronistico per una Formula 1 lanciata verso l’era moderna. Il secondo era invece semplicemente politico. In un paese spaccato in due per lingua e tradizioni come il Belgio si voleva garantire sia ai fiamminghi che ai valloni la possibilità di ospitare un evento di risonanza mondiale. Se il circuito di Zolder garantiva all’ovest della nazione una pista funzionale allo scopo, Spa non poteva più bastare alla parte francofona del paese . Nel 1971 nacque una struttura che sembrò dare una risposta convincente ad entrambe le richieste: il circuito di Nivelles (o se preferite in fiammingo Nijvel). E quella che vi apprestate a leggere è la sua storia…

Tra entusiasmo ed errori

Costruito nei pressi del paesino di Baulers, il nuovo autodromo venne disegnato da Johannes (Hans) Hugenholtz e progettato da Roger Caignie con alla base un principio cardine: la sicurezza. Nacque così un circuito dove i rettilinei si alternavano a lunghe pieghe in appoggio con enormi vie di fuga esterne. Il tutto si sviluppava in un’area senza grandi dislivelli o ostacoli in modo da tenere il pubblico lontano dal nastro d’asfalto garantendo allo stesso tempo la visione globale dell’impianto. Il piano iniziale prevedeva una pista di 5,6 chilometri e spiccioli, ma i costruttori si scontrarono con il primo guaio: i fondi non erano sufficienti all’acquisto di tutto il terreno richiesto per la realizzazione del tracciato completo. Si scelse così una soluzione di compromesso completando una prima porzione di pista da 3,7 chilometri in cui la sezione finale composta da curvoni di percorrenza venne sostituita da un tornantino di ritorno. Si sarebbe proceduto in una seconda fase all’acquisto dei terreni per terminare il progetto nella sua interezza. Ma fu solo il primo errore di valutazione. I proprietari delle terre circostanti attesero infatti che il circuito venisse costruito per innalzare esponenzialmente il prezzo di vendita rendendo di fatto impossibile il completamento dell’impianto. Mossa prevedibile, ma colpevolmente sottovalutata…

Arriva la Formula 1

Seppur mutilato, il “Complex Européen de Nivelles – Baulers” (questo il nome completo della pista) fu reso utilizzabile a partire dal 1972 e divenne subito celebre per la sua forma che curiosamente ricordava quella di un revolver. Ovviamente senza che i costruttori avessero preventivato minimamente l’ eventualità di tale somiglianza. La storia agonistica di Nivelles iniziò subito dal palcoscenico più prestigioso. Dopo l’assenza dal calendario mondiale 1971, il Gran Premio del Belgio tornò nel 1972 venendo ospitato proprio sulla pista vallone fresca di completamento ed a “battezzarla” fu la Lotus di Emerson Fittipaldi, poi campione quello stesso anno. Lo stesso giorno fu protagonista anche un’esordiente attesissima come la Tecno, bolognese come l’ATS che nove anni prima aveva tentato la stessa avventura. Un altro marchio della Motor Valley iniziò così proprio da Nivelles la sua breve e travagliata esperienza in Formula 1 dopo i tanti successi nelle categorie propedeutiche. Ma questa è un’altra storia. (A seguire una breve sintesi della gara)

Un autodromo troppo moderno

L’intento degli ideatori fu senza dubbio raggiunto: la pista si mostrò da subito all’avanguardia per le misure di sicurezza, tuttavia ciò si rivelò un pericoloso “boomerang”. Con i suoi enormi spazi all’esterno delle curve e le scarse variazioni altimetriche, il nuovo circuito venne considerato piatto e senza personalità da molti piloti cresciuti tra la vecchia Spa, la Nordschleife o Charade. Iniziarono così a circolare recensioni di conduttori che parlavano di Nivelles come di una pista insipida e sterile, mentre anche molti spettatori paganti rimasero delusi per l’eccessiva distanza a cui si ritrovarono confinati rispetto alla pista. Gli organizzatori avevano ragionato con concetti che sarebbero tornati buoni sui “Tilkodromi” del terzo millennio dove il rischio non è nemmeno accettato, ma negli anni settanta l’eccesso di “salutismo” era vista come un anestetico inaccettabile per chi aveva la passione dei motori. Anche in questo caso l’errore di valutazione fu grave. poiché da una pista che doveva sostituire la leggendaria Spa ci si sarebbe attesi molto di più. Se a ciò si aggiunge il fatto che la “mutilazione” del progetto portò ad un tracciato dai tempi di percorrenza di un minuto e undici, si può intuire come i piloti avessero considerato Nivelles alla stregua di un kartodromo. Fu così che la pista iniziò a combattere contro problemi economici fin da subito, tanto da portare al fallimento la società di gestione già dopo due anni. Prima della dichiarazione di fallimento si riuscì comunque a trovare sponsor forti per coprire l’organizzazione del Gran Premio del 1974, in ossequio all’alternanza con Zolder. si trattò una gara caratterizzata dal dominio McLaren, con Fittipaldi ancora una volta vincitore ed Hulme autore del giro più veloce in 1’11 “31. Un tempo sul giro davvero troppo ridotto da ripetersi per ottantacinque volte.

 

La F1 non basta

Il gran premio mondiale non risollevò la disperata situazione finanziaria dell’impianto belga. Nel 1976 sarebbe toccata nuovamente a Nivelles l’organizzazione del Gran Premio del Belgio, ma lo stato della pista non venne considerato accettabile per la Formula 1 a causa delle condizioni dell’asfalto, per la cui manutenzione mancavano ovviamente i fondi. La situazione continuò ad aggravarsi sempre più fino a quando, quattro anni dopo, il circuito venne definitivamente abbandonato dalle corse automobilistiche per le quali risultava ormai inutilizzabile, mentre gli eventi delle due ruote continuarono fino al 1981 utilizzando la pista in entrambi i sensi di marcia alternativamente. Vi fu un ultimo, meraviglioso canto del cigno, con l’organizzazione del mondiale di Kart 1980 sul kartodromo ricavato all’interno dell’area tra le curve 4 e 5 del circuito principale. In quella memorabile giornata un talentuoso brasiliano di nome Ayrton perse per poco il titolo davanti agli occhi ammirati di un giovanissimo spettatore tedesco di nome Michael. Una pagina da storia della corse, ma il destino dell’impianto di Nivelles era ormai segnato.

Cosa resterà di quegli anni Settanta?

Il 30 giugno 1981, alla scadenza della licenza, il tracciato venne definitivamente chiuso. Gli aiuti del governo vallone finirono tutti a Spa per la realizzazione del nuovo circuito accorciato e reso semi-permanente mentre per Nivelles nessun piano di recupero poté essere reso operativo. Fino alla fine degli anni ’90 dello scorso secolo gli edifici dei box ed il nastro d’asfalto furono abbandonati al loro destino e vandalizzati. Il tracciato finì in pasto a chi voleva correre illegalmente con vetture e moto stradali, con frequenti interventi della polizia locale. Il tutto continuò fino allo sboccio del terzo millennio, quando venne realizzato un progetto di trasformazione dell’intera area in una zona industriale, spazzando via i resti di ciò che erano stati i box di un circuito mondiale. Curiosamente restarono i tratti di pista ad eccezione della curva quattro e della prima chicane, con i tratti rettilinei trasformati nelle strade interne del complesso industriale. Anche se in pochi oggi ricorderanno che su quell’asfalto tanti anni fa correvano le monoposto di Formula 1…

 

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