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I racconti del Commissario – L’anello di Pedro

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Tra realtà e superstizione

Se pensate che le corse automobilistiche siano sublimazione di tecnica e razionalità, questo racconto non fa per voi. Vi narriamo una storia a metà tra realtà e superstizione, un’ espressione di “realismo magico” degna di un romanzo di Garcia Márquez. E come un racconto dello scrittore colombiano nasce in quell’ America Latina dove passione, sangue ed irrazionalità si fondono. Per una storia del genere il mondo dei motori è un teatro unico così come lo sono i protagonisti, i leggendari fratelli Rodriguez. Questa è la storia dell’anello di Pedro.

Ogni maledetta domenica

A metà stagione 1971 Pedro Rodriguez stava vivendo uno dei momenti più felici della sua carriera. Veniva da un biennio da dominatore con la Porsche 917 ufficiale della JW Automotive, prima in coppia con il finlandese Kinnunen poi con il britannico Oliver. In Formula 1 era al vertice con la BRM, squadra a cui nel 1970 aveva portato una splendida vittoria in quel di Spa, tracciato dove la sua innata velocità poteva esaltarsi. Pedro era quello che oggi si definisce un “top driver”, sempre sotto i riflettori da Le Mans ai Gran Premi. Sorridente, amato dal pubblico ed idolo per i messicani, era un pilota esperto e temuto dagli avversari. Dentro di lui viveva sempre il ricordo del fratello Ricardo, morto davanti ai suoi occhi nove anni prima nelle prove della gara di casa. Ma non solo dentro di lui, perché l’ “hermanito” lo accompagnava in ogni istante anche materialmente.

Sempre con lui

Dal giorno in cui i fratelli si separarono tragicamente, al mignolo della mano sinistra di Pedro c’era sempre in bella vista un anello. Si trattava di un oggetto molto prezioso, sia per il suo valore monetario che per il significato simbolico. Quell’anello infatti apparteneva a Ricardo ed il fratello maggiore lo indossava in ogni istante convinto che lo avrebbe protetto, che nulla di brutto sarebbe potuto accadergli. Molti erano perplessi, ma Pedro rafforzava le sue convinzioni con i risultati ottenuti. Fino al giorno in cui, su un volo intercontinentale, una banale distrazione fece svanire le sue certezze.

Non è la stessa cosa

Accadde infatti che Pedro, dopo essersi lavato le mani in uno dei servizi dell’aereo, dimenticò l’anello sul lavandino. Accortosi della disattenzione ritornò a cercarlo senza riuscire a ritrovarlo. Aveva perso per sempre il ricordo del fratello ed iniziò a tormentarsi per l’accaduto. Arrivò a spendere una cifra considerevole per far realizzare una copia dell’oggetto, presentandosi al Gran Premio di Francia con il nuovo anello. Con i giornalisti si aprì sinceramente e disse: «Non è però lo stesso anello, non sarà mai lo stesso. Non è il ricordo di mio fratello Ricardo. E non so adesso se mi porterà la stessa “buena suerte”». Superstizione o premonizione? La domenica successiva Pedro accettò di partecipare come ospite di richiamo alla gara di Norimberga valida per il campionato Interserie al volante di una Ferrari privata. Per farlo pare avesse declinato l’invito a passare un fine settimana di relax a casa del suo team manager John Wyer, che si dispiacque per il rifiuto. Bastava il lauto ingaggio a giustificare la scelta di Pedro di scendere in pista “una tantum” in un campionato di secondo piano?

Un incidente senza perché

Il resto è storia. L’11 luglio 1971 al Norisring Pedro stava dominando con la 512M della scuderia di Herbert Müller quando un tremendo schianto non gli lasciò scampo. Le cause non vennero mai chiarite completamente. Si parlò di una rottura sulla vettura (ricostruita dopo aver partecipato alle riprese per il film “Le Mans” di Steve McQueen), del cedimento di uno pneumatico, di un’ incomprensione con un avversario o semplicemente di un errore per sopravanzare vetture più potenti. Di sicuro c’è solo che quel giorno Pedro non indossava l’anello che era appartenuto a Ricardo e la sua “buena suerte” venne a mancare. Come in un romanzo tutto sudamericano.

Pedro Rodriguez: un mito ricordato in questo breve e spettacolare filmato (Pete DaSilva su YouTube)

 

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